Oltre 4 milioni di dollari in appena 24 ore: questi sono i soldi raccolti dall’ex presidente americano, Donald Trump, in donazioni fatte dopo che è stata confermata la sua incriminazione (qui tutte le news su questo).
La cifra è stata resa nota dallo staff che sta curando la campagna di Trump per la corsa alle Presidenziali 2024 negli USA, che ha spiegato anche che oltre il 25% delle donazioni proveniva da persone che mai avevano donato prima all’ex presidente e che circa 16mila persone si sono offerte di lavorare volontariamente alla campagna in appena un giorno.
Insomma: com’era ampiamente prevedibile, le noie legali dell’ex presidente stanno avendo una sorta di effetto boomerang sul suo elettorato e (molto probabilmente) finiranno per aiutarlo nella rincorsa alla Casa Bianca. Almeno economicamente.
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Donald Trump e l’uso dei dark pattern
Trump può contare su questo, sulla sua popolarità e su un’innegabile capacità di parlare alle folle, ma anche su qualche trucchetto ben noto a chi frequenta Internet e progetta siti, la cui esistenza il suo stesso staff non ha potuto negare già nella campagna elettorale del 2020.
Stiamo parlando dei dark pattern, che (semplificando) sono una combinazione di pessimo web-design e di trucchi pensati appositamente per spingere le persone a fare online quello che in realtà non volevano fare: nel caso di Trump, dargli soldi regolarmente, tutti i mesi o addirittura tutte le settimane, come se pagassero un abbonamento a qualcosa.
Tre anni fa, un’inchiesta del New York Times svelò queste pratiche scorrette e rivelò che nel solo 2020, la piattaforma WinRed (che era ed è ancora quella usata per donare soldi a Trump) aveva per questo dovuto rimborsare circa 122 milioni di dollari ai sostenitori dei Repubblicani, cioè più o meno il 10% di tutti quelli ricevuti dal partito durante quella campagna elettorale. Per avere un termine di paragone, la piattaforma ActBlue dei Democratici ha dovuto restituire poco più di 20 milioni di dollari.
Evidentemente la lezione ricevuta allora ha insegnato qualcosa allo staff dell’ex presidente: accedendo al sito attraverso cui è possibile donargli soldi (che è questo) si vede che qualche modifica è stata fatta: le caselle per fare una donazione ricorrente, mensile o settimanale, non sono più precompilate ed è più chiaro (anche se non chiarissimo) come vengono trattati i dati sensibili delle persone. E però, alcune cose che non vanno ancora ci sono, come il fatto che uno degli importi (quello da 47 dollari) lampeggia ed è più evidente degli altri e anche che quello stesso importo diventa quello preimpostato se si decide di fare una donazione mensile, con i soldi che verranno automaticamente prelevati a partire dalla fine di aprile.

Che cosa fece Trump nel 2020
Questo è comunque niente rispetto a quello che accadde 3 anni fa, e che si può chiaramente rivedere accedendo alla WayBack Machine dell’Internet Archive: collegandosi a WinRed, dopo avere scelto l’importo, la casella Dona questi soldi tutti i mesi era già barrata, con il consenso già concesso senza che a chi doveva concederlo venisse chiesto nulla. Per non donare soldi tutti i mesi era necessario intervenire e disattivare manualmente l’opzione, invece che (come sarebbe stato più corretto) doverla attivare manualmente per scegliere di donare soldi tutti i mesi.
Secondo l’accusa, l’uso di questo trucco sarebbe iniziato a marzo 2020 e sarebbe andato avanti sino al mese di novembre, anche con una sorta di escalation:
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in primavera, la casella precompilata diceva solo Dona questi soldi tutti i mesi;
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a giugno venne aggiunta la possibilità (anche questa pre-accettata) di Fare una donazione supplementare nel giorno del compleanno di Trump;
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a settembre venne aggiunta la possibilità (anche questa pre-accettata) di Donare automaticamente altri 100 dollari il giorno 29 e soprattutto il Dona questi soldi tutti i mesi fu trasformato in Dona questi soldi tutte le settimane;
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a ottobre furono creati due box, scritti con ampio uso di maiuscole e termini patriottici, che chiamavano i “veri americani” all’azione: entrambi già accettati, davano il via libera a una donazione settimanale sino al giorno delle elezioni e pure a una donazione supplementare di 100 dollari il giorno 9 del mese.
youtube: come funzionano i dark pattern

Che cosa sono i dark pattern
Questi sono tutti esempi di deceptive design e dark pattern, cioè (letteralmente) design fuorviante e percorsi oscuri e poco chiari che portano chi naviga online a fare cose che molto probabilmente non vorrebbe fare. Sono percorsi forzati e rappresentano una sorta di lato oscuro della Rete, come li ha chiamati già nel 2010 il programmatore Harry Brignull, che ha anche creato un sito per parlarne.
Qualche esempio fra i tanti:
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sono i siti in cui le opzioni Accetta e Rifiuta non sono presentate con pari importanza (di solito la prima è colorata e ben evidente e la seconda è più sfumata e nascosta);
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sono i banner che è praticamente impossibile chiudere se non cliccandoci sopra;
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è l’abbonamento al Wall Street Journal che è facilissimo attivare ma difficilissimo disattivare;
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sono i telefoni Xiaomi che in fase di configurazione cercano in tutti i modi di farti creare un account e dunque di raccogliere i tuoi dati;
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è Instagram che chiede se vuoi Annunci personalizzati e ti spinge ad accettarli, insieme accettando la possibilità di essere tracciato e profilato durante l’utilizzo dell’app;
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è LinkedIn che ti manda una mail per dirti che hai ricevuto un messaggio, ma ti costringe a cliccare per leggere il testo del messaggio;
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è il periodo di prova di qualcosa che si rinnova automaticamente e senza ricordatelo e inizia a farti pagare;
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sono le farmacie che negli Stati Uniti raccoglievano i dati delle persone vaccinate e poi li usavano per invaderli di pubblicità;
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sono i (finti) conti alla rovescia che spingono ad agire rapidamente e senza pensare per non perdere chissà quale opportunità imperdibile;
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sono i banner che dicono che “Questo sito vorrebbe inviarti notifiche” che appaiono subito dopo i pop-up sui cookie;
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e sono gli stessi pop-up sui cookie che spingono ad accettare tutto perché rifiutare tutto è troppo complesso.
La differenza con il phishing e gli altri tipi di truffe informatiche ormai note e conosciute è chiara: qui non si tratta di una mail che chiede i dati della carta di credito o di un sito che copia quello delle Poste o della banca per rubare qualcosa; qui si tratta di siti fatti di proposito male per fare sbagliare le persone e fare sì che spendano soldi o cedano qualcosa che non volevano cedere o che soprattutto non sanno di stare cedendo. È legale, ma appena appena. E anche lo staff di Trump lo sa bene.