L'E3 2021, seppur in questa versione fatta solo di conferenze online, è arrivata più o meno al giro di boa: con la conferenza dedicata alla Xbox si è concretizzata sempre di più la differenza di approccio tra i 3 principali attori di tutto ciò che non riguarda il mondo gaming, cioè Microsoft, Sony e Nintendo.
In attesa di capire cosa farà quest'ultima, cioè se veramente presenterà una Switch Pro oppure no, se guardiamo Sony e Microsoft vediamo fronteggiarsi chi ha dominato il mercato (e continua a dominarlo quanto a console vendute) e chi invece ha scelto un campo da gioco completamente nuovo in cui la ricchezza principale sta nel liberare l'utente finale da ogni ansia di acquisto.
Sulla carta, la presentazione Xbox non ha stupito più di tanto: il tanto atteso Starfield si è mostrato solo con un breve filmato di gioco che non ha fornito indizi sulla natura del titolo; Halo Infinite si è fatto vedere con una scena di introduzione e alcune immagini del multiplayer; molti titoli usciranno nel 2022 o ancora più tardi. E allora perché è stato un momento importante? Perché, oltre a festeggiare ufficialmente l'ingresso di tutto il catalogo Bethesda all'interno del Game Pass, ogni annuncio era seguito da un messaggio molto semplice: "Potrai giocarlo all'uscita su Game Pass". Niente più decisioni su cosa comprare, niente più code o attese, per Microsoft il futuro non è tanto l'Xbox fisica, ma l'Xbox come concetto, uno spazio che può risiedere su una console dedicata come le Serie X e S o una piattaforma con cui scaricare su computer tutti i titoli del catalogo semplicemente con un abbonamento.

Per videogiocare in streaming
Il concetto ovviamente non è nuovo: l'idea di un "Netflix dei videogiochi" esiste da tempo, ma Game Pass al momento sembra essere il progetto con le spalle più solide, spalle che teoricamente dovrebbero anche gestire il peso della profittabilità di un videogioco, scaricandolo da quelle degli sviluppatori, non più costretti a vendere milioni di copie dal primo giorno per non chiudere subito bottega o venire assorbiti da un pesce più grosso, magari dopo mesi di sviluppo in condizioni di stress altissimo.
Il Game Pass ha debuttato nel 2017, inizialmente era un servizio che permetteva di scaricare (dopo il pagamento di un abbonamento) una serie di titoli Microsoft su Xbox; col tempo si è evoluto, è approdato su computer, ha aumentato di molto il catalogo e oggi include più di un centinaio di titoli che vanno da quelli indie riflessivi e intimisti a giochi come Doom. Inoltre, all'interno di Game Pass è incluso anche XCloud, ovvero il servizio di cloud gaming di Microsoft che permette di giocare su dispositivi Android, e presto anche su browser e iOS. Microsoft ha dichiarato circa 23 milioni di abbonati e, stando ai sondaggi interni, gli utilizzatori del servizio sono più inclini a scoprire titoli che altrimenti non avrebbero preso in considerazione, a giocare in multiplayer e, a sorpresa, spenderebbero anche di più per i videogiochi. Questo perché, scaricati dal peso dell'acquisto del singolo gioco, impiegano i soldi in servizi di monetizzazione, contenuti aggiuntivi e così via. Che poi la strategia del Game Pass è abbastanza semplice: con così tanti giochi ce n'è sempre qualcuno che non hai giocato e con un abbonamento non ti senti neppure in colpa se li compri e poi li ignori.

Che cosa sta facendo Sony
Dall'altra parte, Sony continua una strategia che sinora ha pagato, ma alcune cose stanno cambiando: col tempo, la PlayStation si è costruita un catalogo di esclusive blindatissime che ormai blindatissime non sono più. The last of Us, Uncharted, Horizon, God of War e il recente Returnal sono tutti titoli pensati per proseguire la strada di vendere la console con i giochi più interessanti, stando ben attenti a tenersi stretto il pubblico di fedelissimi. Non è un caso se Fortnite ha fatto particolarmente fatica a sbloccare la possibilità di fare giocare tra di loro gli utenti di tutte le piattaforme e ha convinto Sony solo pagando. Col tempo, l'azienda giapponese ha rivisto questo dogma, ma solo in parte.
Oggi è possibile giocare esclusive PlayStation anche su computer e la cosa sarà ancora più probabile in futuro, visto che le cifre sembrano confortanti: l'abbonamento a PlayStation Plus offre ogni mese titoli gratuiti e acquistando una PlayStation 5 (se la si trova, ovviamente) si parte già con una base di titoli che possono tenere impegnati a lungo. In una situazione priva di pandemia e con le console liberamente acquistabili, forse Sony potrebbe stare più tranquilla, ma proprio in queste settimane ha dovuto rivedere alcune affermazioni del passato, spostando all'anno successivo titoli già annunciati e portandone altri anche su PlayStation 4, per capitalizzare la base installata. Pare che presto correrà ai ripari con un "anti-Game Pass" ma per adesso è tutto ancora nel mondo delle indiscrezioni.
Ovviamente non esiste una via "giusta", perché l'ultima parola resta al mercato ed è assolutamente probabile che i due sistemi possano coesistere come coesistono con le piattaforme mobile: da una parte console con forti esclusive e alcuni prodotti multipiattaforma, dall'altra un sistema ibrido tra computer e console dedicate dove c'è un flusso continuo di giochi e sperimentazione.

Che cosa succederà in futuro
L'altra prospettiva interessante di questo sistema è come potrebbe cambiare il rapporto tra publisher, pubblico e stampa. Per capire come, è utile un confronto con quello che è già successo con musica e serie tv: da una parte la recensione, magari al giorno dell'uscita, diventerà sempre meno un consiglio per l'acquisto, visto che l'acquisto non ci sarà più, e più una curatela su come impiegare il proprio tempo. Forse anche il carosello di annunci, indiscrezioni e entusiasmo indiscriminato potrebbe scemare, visto che non ci sarebbe più bisogno di spingerci a un acquisto o a un preordine.
D'altronde se anche Netflix ha inserito un tasto per sgravarci anche dall'obbligo di decidere per farci continuare a consumare contenuti, è palese che questi cataloghi sconfinati hanno bisogno di consigli e di una indicizzazione che viaggi a metà tra il darci ciò che ci piace e proporci qualcosa che non sappiamo ancora di amare. Insomma, se il Game Pass diventerà la norma, saranno ancora più importanti, per non cadere nella cosiddetta Fomo (Fear of Missing out, la paura di perdersi qualcosa), tutte quelle relazioni interpersonali fatte di confronti tra amici o tra pubblico e critica, senza però la questione economica di mezzo.
Sulla carta sembra un futuro auspicabile, anche se all'ombra di Microsoft. Certo, queste piattaforme non ci tengono al sicuro dal perdere il gioco che ci piace a causa di un contratto che scade e che lo fa sparire dalle piattaforme, ma in quel caso per adesso ci sono ancora i giochi classici, che potrebbero presto diventare come i vinili acquistati dopo molti passaggi su Spotify. In attesa di capire che cosa farà Nintendo e da che parte andrà.