Gestione dell’acqua, in Veneto indietro tutta… e in ordine sparso
A Venezia ha sede un gran numero di centri e organizzazioni anche internazionali che studiano gli effetti del cambiamento climatico ma non vengono consultati dai decisori e non esiste alcun coordinamento
Sergio Frigo
Impressiona anche chi conosce la storia di Venezia e del Veneto e il suo legame fondativo con la gestione delle acque di terra e di mare, l’elenco degli organismi che in regione si occupano a vario titolo dell’acqua; ma altrettanto impressionante è quanto poco questo grande patrimonio di conoscenze riesca a incidere - persino in presenza della peggiore siccità da 220 anni a questa parte, con precipitazioni quasi dimezzate rispetto alle medie – nella consapevolezza comune, nei comportamenti della gente e nella gestione pubblica di questo elemento.
Se molti cittadini infatti indulgono ancora in condotte ereditate da epoche caratterizzate da ben altra ricchezza idrica, i politici che dovrebbero affrontare l’emergenza sono assorbiti da tutt’altre priorità (infrastrutture viarie e sportive, per dire) e indifferenti alle acquisizioni degli studiosi, a loro volta incapaci di far uscire dall’ambito accademico i risultati delle loro ricerche.
Certo storicamente il Veneto di terraferma doveva proteggersi dall’invadenza dell’acqua (acquitrini, paludi, inondazioni) mentre oggi deve fare i conti con la sua inedita carenza, ma questo non giustifica l’incapacità di far tesoro delle competenze disponibili e di adottare misure all’altezza.
Quel potenziale non sfruttato
“C’è un grande potenziale non sfruttato - conviene Eriberto Eulisse, direttore della Rete mondiale Unesco dei Musei dell’acqua e del Centro internazionale Civiltà dell’Acqua di Scorze - Ognuno va per conto proprio, e mancano capacità di coordinamento e programmazione. La Rete - unica “iniziativa faro” dell’Unesco gestita e coordinata dall’Italia, con 40 paesi aderenti e 90 istituzioni e musei impegnati a promuovere il valore unico dei patrimoni acquatici - ha sede a Venezia, ma è stata creata grazie all’Olanda, e io mi trovo a operare soprattutto con istituzioni straniere. Questa assenza di visione fa sì che l’Italia da 10 anni abbia addirittura perso il diritto di voto nel Consiglio intergovernativo del programma idrologico dell’Unesco, riconosciuto ad esempio alla Slovenia”.
“La mano destra non sa cosa fa la sinistra – aggiunge Francesco Vallerani, docente della Cattedra Unesco su “Acqua, Patrimonio e Sviluppo Sostenibile” che promuove la cooperazione interuniversitaria e il dialogo tra mondo accademico, politica e società civile – L’impressione è che gli enti pubblici, dalla Regione in giù, nel decidere gli interventi in questo campo si limitino a consultare gli esperti di idraulica o gli ingegneri delle aziende private dei lavori pubblici, piuttosto che coinvolgere altre competenze scientifiche o umanistiche. E anche il Genio Civile dopo il passaggio alla Regione è stato via via sottofinanziato e depotenziato e non riesce più a svolgere i suoi compiti istituzionali”.
Carlo Giupponi, docente di Economia ambientale a Ca’ Foscari, coordinatore della sede veneziana della Fondazione Mattei e autore del libro “Venezia e i cambiamenti climatici” (Ed. Rizzoli) chiama in causa invece la “frammentazione di competenze fra i ministeri dell’ambiente e delle infrastrutture e le autorità di bacino, che ha reso problematica nell’ultimo ventennio l’applicazione della direttiva quadro europea sulle acque”.
Gli esempi portati dagli studiosi non si contano: “Si preleva l’acqua dalle risorgive del Brenta per portarla in Polesine – osserva Vallerani - impoverendo così l’Alta Padovana, già provata dall’inquinamento da cromo esavalente delle falde. A Battaglia Terme si restaura la centenaria conca di navigazione, ma a monte e a valle i corsi d’acqua dove dovrebbero transitare le imbarcazioni non sono più navigabili. Si consentono scavi massicci e impianti di nuovi vigneti nelle aree di estensione naturale del Piave durante le piene e si realizzano enormi casse di espansione, impegnando centinaia di ettari di territorio di grande valore ambientale”.
Quello del consumo di suolo, che vede il Veneto sistematicamente in testa nelle graduatorie nazionali redatte dall’Ispra, è secondo gli studiosi il problema dei problemi: a causa dell’impermeabilizzazione dei terreni l’acqua delle piogge, ormai sempre più torrenziali, non viene assorbita dalla terra per filtrare nelle falde ma precipita nei canali di scolo e finisce rapidamente in mare. E il consumo non accenna a fermarsi: è dei giorni scorsi la notizia del finanziamento di altri 120 poli logistici fra Lombardia e Veneto, per complessivi 4,6 milioni di mq di terreno ulteriormente cementificato.
Viene insomma sistematicamente ignorato il pregevole Manifesto di Treviso a difesa dell'acqua promosso nel 2021 dal Premio Mazzotti, dal Centro Civiltà dell’Acqua e dalla Rete dei musei, e firmato da vari studiosi, associazioni, enti locali, che sintetizza i princìpi basilari per una buona gestione delle risorse idriche.
Mentre di un altro manifesto approvato nel 2018 da ben 29 sindaci dell’Alta Marca Trevigiana per la creazione di un “Centro permanente per l’acqua” si sono perse le tracce. Speriamo che abbia maggior impatto la Conferenza internazionale promossa dal programma Horizon 2020 dell’Unione Europea a Ca' Foscari a Venezia il 13-15 settembre sul tema delle Culture dell’acqua in Europa e nel Mediterraneo. Ma i precedenti (compreso il convegno Aqua che a febbraio ha chiuso gli 800 anni dell’Università di Padova) non inducono all’ottimismo.
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Tutti insieme disordinatamente

Accanto agli enti operativi come il servizio idrico, l’Autorità portuale, il Provveditorato già Magistrato alle acque, i Consorzi di bonifica, Venezia ospita l’Istituto di scienze marine del Cnr, la Cattedra Unesco sull’Acqua, appoggiata a Ca’ Foscari, la Rete mondiale dei musei dell’acqua, sempre dell’Unesco, strettamente collegata al Centro Internazionale Civiltà dell'Acqua di Scorzè, la RETE (Associazione internazionale delle città portuali), la piattaforma virtuale Water Museum of Venice (assembla itinerari, siti, video), il centro globale Ocean Space (promuove mostre, attività, ricerche), il Museo dell'Acquedotto (presso la Veritas), una sede della Fondazione Mattei per l’adattamento climatico, il Centro italiano per la riqualificazione fluviale (a Mestre); l’Ateneo veneziano è attivo inoltre nel settore con diversi dipartimenti, e in particolare con il NICHE (THE NEW INSTITUTE Centre for Environmental Humanities), che promuove un approccio olistico al tema dell’acqua, anche in collaborazione con l’ECLT, Centro europeo per la tecnologia vivente.
Enti e istituzioni a Padova
A Padova invece la Scuola di Ingegneria Idraulica dell'Università è tra le più antiche in Italia, e non a caso è stata appena gratificata dal “premio Nobel dell’acqua”, lo Stockholm Water Prize, conferito al suo docente Andrea Rinaldo, che dirige anche il Laboratorio di ecoidrologia dell'Ecole Polytechnique di Losanna; in provincia si segnala l’interessante Museo della navigazione fluviale di Battaglia Terme, mentre Rovigo ospita, oltre al Parco del Delta con i suoi numerosi centri visita, le riserve e le oasi, lo scenografico Museo dei Grandi Fiumi (di taglio archeologico), e Treviso, definita “città d’acque” per le sue numerose fontane e il suoi corsi d’acqua che l’attraversano è lambita dal Parco del fiume Sile.
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