Nonostante le sue pericolose dichiarazioni e prese di posizione ambigue, durante la pandemia Donald Trump ha fatto anche cose buone. Almeno una cosa buona, diciamo. Occorre infatti riconoscergli che la sua "Operation Warp Speed", basata su una collaborazione coordinata tra pubblico e privato, ha permesso di accelerare i tempi per avere vaccini e cure contro il nuovo virus emerso all'inizio del 2020. E oggi il suo successore, Joe Biden, non rinnega questa strada, ma rilancia, con un nuovo programma da 5 miliardi di dollari chiamato "Project Next Gen".

"Operation Warp Speed"
L'Operation Warp Speed di Trump non era un'agenzia dedicata, né un semplice, per quanto enorme, stanziamento: era piuttosto un'organizzazione che serviva a coordinare le attività di aziende private e varie entità pubbliche, come ministeri, Food and Drug Administration (FDA) e Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) di Atlanta, al fine di rimuovere ogni ostacolo, soprattutto di natura finanziaria, che potesse rallentare la messa a punto di farmaci e vaccini contro covid-19.


La scelta del nome
Oggi gli obiettivi sono altri, e il finanziamento di 5 miliardi di dollari deciso dalla nuova amministrazione dimostra che, a emergenza finita, resta la consapevolezza dell'importanza che d'ora in poi ricoprirà non solo covid-19, ma anche altre possibili minacce infettive.
Come si è detto, infatti, Project Next Gen punta allo sviluppo di nuovi vaccini e terapie non solo contro covid-19, ma anche in preparazione ad altre minacce future. Per questo è stato scelto questo nome (riecheggiante, ma solo nel titolo) il Piano di ripresa e resilienza Next Generation voluto dall'Unione Europea), e non quello di "Project Covid Shield" proposto inizialmente. Scartata anche l'idea di ribattezzare il nuovo programma Operation Warp Speed 2, come chiedevano alcuni repubblicani, in una visione bipartisan. Forse era troppo chiedere a Biden un simile riconoscimento.

L'emergenza è finita, l'infezione no
Gli obiettivi di Project Next Gen d'altra parte sono diversi da quelli della fase acuta delle pandemia e sono essenzialmente tre, due dei quali si sono resi necessari in seguito alla continua evoluzione di SARS-CoV-2: le nuove varianti che via via si selezionano nel mondo sono infatti ormai resistenti agli anticorpi monoclonali autorizzati inizialmente e sempre più abili a sfuggire a quelli prodotti dall'organismo in risposta alla vaccinazione. Occorre quindi trovare nuovi bersagli che non siano mutevoli come la proteina spike su cui si è finora più concentrata l'attenzione, ma che siano comunque in grado di indurre una valida risposta immunitaria capace di bloccare l'ingresso nelle cellule o la replicazione del virus. Questi o altri target potrebbero rendersi utili anche per sviluppare vaccini capaci di proteggere non solo da future nuove varianti ma anche da altri coronavirus. Infine, la ricerca finanziata dal programma dovrebbe portare avanti la realizzazione di nuovi vaccini capaci di stabilire una barriera efficace a livello delle mucose che rivestono le vie aeree: questi prodotti - per lo più pensati sotto forma di spray - dovrebbero essere in grado di bloccare anche l'infezione e di conseguenza la trasmissione del virus, non solo di evitare le forme gravi della malattia. Ciò permetterebbe di ridurre la circolazione dell'agente infettivo con un minor rischio di nuove mutazioni e di contagio per le persone fragili o non vaccinate. Faciliterebbe la distribuzione e somministrazione del vaccino. Supererebbe le paure di chi non è contrario alla pratica in sé, ma ha la fobia degli aghi.

Effetti collaterali desiderati
Come dall'impegno straordinario messo in campo per ottenere i vaccini anti covid-19 è derivata un'accelerazione della ricerca di trattamenti a mRNA contro alcuni tumori, per la rivascolarizzazione del cuore dopo un infarto o per la cura di alcune rare malattie ereditarie, il raggiungimento degli obiettivi di Project Next Gen potrebbe andare al di là di una sempre migliore gestione di covid-19 o della preparazione a una nuova pandemia: se si riuscissero a mettere a punto vaccini capaci di indurre una risposta immunitaria valida sulle mucose, per esempio, si potrebbe adattare la stessa tecnologia per migliorare l'efficacia dei vaccini antinfluenzali o nei confronti di altre malattie infettive. E chissà quali altre implicazioni potrebbero derivare da una migliore conoscenza del virus, delle reazioni immunitarie che stimola o dalle modalità che si metteranno a punto per studiare tutto questo.
Il paradosso di Trump
Nonostante l'enorme dispendio di denaro riversato in Operation Warp Speed, la rapidità e l'efficienza con cui sono stati disponibili i vaccini sul territorio americano, la comunicazione populista di Trump e dei suoi ha però paradossalmente sabotato il risultato, frenando il processo all'ultima tappa, quella in cui i prodotti dovevano essere somministrati ai cittadini, tanto più ostili all'iniezione quanto più seguaci del tycoon. Anche per questo, come abbiamo visto la scorsa settimana, gli Stati Uniti non escono bene da questi tre anni: hanno il maggior numero di vittime in assoluto al mondo e sono i primi tra i ricchi paesi occidentali, San Marino esclusa, per mortalità in rapporto alla popolazione.
Commissioni di inchiesta
La Commissione di inchiesta sulla gestione della pandemia, richiesta a Washington da alcuni parlamentari, non sembra decollare, forse per paura che diventi uno strumento di lotta politica, un po' come si annuncia quella proposta in Italia, concentrata sulle azioni del governo in carica al momento dell'emergenza e non anche sulle scelte delle regioni. Negli Stati uniti oggi tutta l'attenzione sembra rivolgersi piuttosto alle origini del virus, questione in cui è più facile riconoscere un nemico esterno, come accadde dopo gli attacchi dell'11 settembre, unico precedente in USA in cui sia stata istituita una commissione di inchiesta a livello parlamentare.
Noi? la testa nella sabbia
Analizzare gli elementi di criticità del sistema e gli errori decisionali compiuti a tutti i livelli sarebbe invece essenziale per migliorare il nostro livello di preparazione davanti a crisi simili. C'è da dire, in conclusione, che se anche non vogliono guardare indietro, gli americani almeno puntano e investono sul futuro. Noi, invece, avvoltolati nelle piccole dispute di bottega, anche quando non neghiamo quel che è stato, affondiamo con forza la testa nella sabbia: che si ripeta una minaccia pandemica è un'eventualità che non vogliamo nemmeno prendere in considerazione. Figuriamoci investire denaro per farci trovare meno impreparati.