Coronavirus, il rebus dei test. Come è difficile scegliere quello più adatto
di Elvira Naselli
Tamponi antigenici o molecolari, test sierologici e sulla saliva. Corsa agli esami autoprescritti. contro ansia e preoccupazione. Ma non sono tutti uguali, e non hanno tutti la stessa sensibilità. Come distinguerli ed evitare quelli che non danno le risposte che si cercano
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C'è chi vuole testare il figlio, protagonista di troppi aperitivi con gli amici. Chi deve farlo perché ha necessità di andare all'estero e il paese di destinazione chiede a chi arriva dall'Italia la negatività al virus. Chi esce dai dieci giorni di quarantena e deve capire se è ancora positivo e se il tempo è bastato per sconfiggere il virus. E poi medici, infermieri, persone che lavorano a contatto con persone fragili o in ambienti comunque affollati. E anche medici di medicina generale che vogliono essere sicuri di non rappresentare un rischio per gli anziani che stanno cominciando a vaccinare contro l'influenza. Man mano che i numeri delle infezioni salgono, aumenta anche la frenesia di ricorrere ai test. Anche senza sapere quale sia quello giusto per le proprie esigenze.
E se i test sierologici già da tempo sono offerti dai privati, i tamponifino a qualche giorno fa bisognava farli ai drive in, con file di ore, oppure nei punti ospedalieri indicati dalla propria regione e in qualche centro privato autorizzato (ma non in tutte le Regioni) ad un prezzo concordato. Adesso chiedono di farli anche le farmacie e medici di famiglia e pediatri di libera scelta hanno appena firmato un accordo per effettuarli nei loro studi o in altri luoghi adatti. Ma il punto fondamentale è: quale esame dà la certezza di non essere contagiati, visto che almeno il 40% di chi lo è (ma alcuni credono che la percentuale possa superare il 50%) non manifesta sintomi ma continua a diffondere però il virus? E, soprattutto, come fare ad evitare un fai-da-te pericoloso che nulla aggiungerebbe alla gestione complessiva della nuova ondata di Sars-Cov-2?
Ma andiamo con ordine. Distinguendo due diverse prospettive: quella dei privati ansiosi o timorosi perché hanno avuto contatti con positivi, asintomatici o malati, e una prospettiva di salute pubblica più generale. Test rapidi a tappeto - si chiede sulla rivista scientifica Jama Michael Mina, epidemiologo alla Harvard Chan School of Public Health – possono contenere la diffusione del virus? La sua conclusione è ovviamente sì, visto che ha anche messo in piedi una organizzazione di volontari che si chiama Rapid Tests. Perché questo – secondo Mina – è il punto della questione: i test devono essere rapidi, non si può aspettare giorni per una risposta e intanto convincere chi si sente bene perché non ha sintomi a stare in casa ad aspettare. I test a tappeto consentirebbero comunque una minore circolazione del virus, e quindi meno contagi.
Un test per ogni situazione
E allora veniamo ai test, quelli già approvati e quelli ancora utilizzati in progetti pilota che però hanno già dato risultati più che promettenti. Al di là delle caratteristiche dei singoli test, però, Ministero della Salute e Istituto superiore di Sanità hanno sentito l'esigenza di chiarire con linee guida in arrivo in che circostanze vada utilizzato un test e per quali casi particolari. Linee guida riservate ad operatori sanitari che però indicano la logica da seguire, a seconda se l'obiettivo sia effettuare screening di comunità, testare un contatto stretto di un caso confermato o un sospetto sintomatico o un asintomatico che debba essere ricoverato per un intervento programmato. Insomma, per mettere un po' ordine in una situazione in cui spesso vengono offerti test poco efficaci per dare le risposte richieste ad esigenze che possono essere non soltanto di controllo della trasmissione del virus ma di monitoraggio dell'incidenza e dell'andamento, di rilevamento di focolai in alcuni contesti, di prevenzione della reintroduzione del virus in aree che sono riuscite a raggiungere un controllo. Insieme tante diverse situazioni, ognuna delle quali richiede un intervento diverso.
I tamponi
Cominciamo quindi dai test utilizzabili per individuare l'infezione da Sars-Cov-2. I più utilizzati sono i tamponi, che possono essere di diverse tipologie.
Il test molecolare rileva attraverso una indagine molecolare PCR il genoma (RNA) del virus nel campione prelevato con uno stick da nasofaringe oppure dall'orofaringe. E' il gold standard, ovvero l'esame di elezione per la diagnosi di Covid-19, sia per la sensibilità che per la specificità ed è anche in grado di rilevare il virus quando la carica virale è bassa e in soggetti asintomatici e presintomatici. Insomma, è il test che dà una sicurezza molto elevata ma il risultato non si ottiene ragionevolmente prima di un paio di giorni poiché i laboratori autorizzati ad effettuarli – che sono quelli che hanno superato una valutazione di efficienza da parte dei laboratori di riferimento nazionale - sono sottoposti a molte richieste.
tampone molecolare
“Questo esame è in grado di identificare le persone sicuramente esposte anche ai primi stadi della malattia – spiega Paolo D'Ancona, medico epidemiologo specialista in Malattie infettive all'Istituto superiore di Sanità – perché il test amplifica il materiale genico del virus e rende evidente la sua traccia. Quindi bastano poche tracce di RNA. Se si vuole la massima certezza e sensibilità è il test giusto, ma è riservato a chi ha sintomi tipici, come quelli respiratori, o se si vogliono proteggere soggetti fragili perché magari si è a contatto con pazienti oncologici, anziani, o si lavora in ospedale. In questi casi serve il test molecolare”
Il tampone con test antigenico rapido
Detto anche “tampone rapido” si effettua su materiale prelevato da tampone nasale o naso-oro-faringeo. Come funziona: questo esame – che può essere utilizzato anche per indagini di screening – ha diversi pro e anche qualche contro. Intanto essendo un test antigenico non rileva – come quello molecolare – l'RNA del virus, ma le sue proteine (gli antigeni). I pro è che è un test che dà risposte rapide, bastano circa 20 minuti, ed è infatti quello che si usa nei porti e negli aeroporti
Il contro è che ha una sensibilità minore rispetto al test molecolare e questo vuol dire che possono “scappare” alcuni casi di positività. “E' possibile che qualcuno con bassa carica virale non sia individuato da questo test – continua D'Ancona – oppure che sfugga chi è in fase iniziale o finale di malattia, fase in cui le tracce del virus sono minori”. Ovviamente è il test giusto lì dove occorra una risposta veloce: a scuola è logico utilizzare il test rapido per capire se il virus circola e prendere misure di controllo il più rapidamente possibile. "Al momento i positivi ai test antigenici rapidi sono spesso chiamati ad effettuare il molecole per conferma", precisa l'esperto.
tampone rapido
Il tampone su saliva
E' un test meno invasivo nel prelievo e che può rendere più facile l'esame nei bambini o nei soggetti meno collaboranti. E ha anche il vantaggio di esporre meno il personale sanitario che effettua i prelievi. L'esame si effettua prelevando un campione di saliva con una pipetta, un cotton fioc o un tampone chiamato salivette che viene fatto masticare per qualche minuto e poi analizzato. L'idea è che il campione potrebbe essere prelevato in autonomia e poi consegnato ad un laboratorio per l'esame. Viene utilizzato ancora in progetti pilota, ma qualche giorno fa l'Istituto nazionale Malattie infettive Spallanzani di Roma ha pubblicato i risultati di una ricerca che in sostanza sovrappone i risultati del tampone molecolare a quelli forniti invece da esame molecolare su campione salivare.
“Nella UE ci sono già alcuni test in commercio – precisa D'Ancona – ma non abbiamo ancora risultati su migliaia di persone, come dovrebbe essere, ma su qualche centinaio. Quindi bisogna avere pazienza”. Ma si corre veloci verso l'utilizzo di questo tipo di test, semplice, rapido ed economico: il New England Journal of Medicine ha pubblicato una lettera firmata da Anna L. Wyllie e i colleghi dell'università americana di Yale, sul protocollo SalivaDirect, che ha ricevuto dalla Fda americana la designazione per uso d'emergenza. Tanto che per ora è disponibile, soltanto negli Usa.
salivare
Test sierologico
Questo test non è in grado di confermare se una persona è infetta al momento del prelievo di sangue ma soltanto se ha avuto contatti precedenti con il virus e magari non se ne è accorta perché asintomatica. Ecco il motivo per cui se il risultato è positivo, richiede necessariamente anche un tampone per stabilire se c'è una infezione in atto. In pratica il test è in grado di rivelare soltanto se si è avuto un contatto con il virus, attraverso gli anticorpi che abbiamo sviluppato contro di lui, ma non se c'è un'infezione in atto.
“In caso di anticorpi IgG positivi sappiamo che l'infezione è di vecchia data – continua D'Ancona – nel caso siano positivi gli anticorpi IgM invece ragioniamo su una infezione recente, che però potrebbe essere di un mese o di dieci giorni prima”. Il test sierologico si può effettuare utilizzando una goccia di sangue prelevata dal dito o viene effettuato un prelievo. Il risultato arriva dopo una ventina di minuti nel caso di prelievo capillare o in qualche giorno nel secondo caso. I due metodi non sono sovrapponibili: il metodo del prelievo da sangue su dito dà più falsi positivi e il risultato dovrebbe essere sempre confermato da test eseguito su prelievo di sangue.
sierologici
I bambini
Hanno paura, piangono, cercano di sottrarsi perché – non sarà doloroso – ma fastidioso il tampone lo è certamente. Lo sa bene Simone Gramaccioni, infermiere ventisettenne specializzato in Infettivologia dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù, che è anche Hub Covid pediatrico del Lazio. “A inizio pandemia sono stato coinvolto per primo dall'Inmi Spallanzani – racconta – per gestire al meglio i bambini positivi e tutto il percorso che li porta al test. Ma anche il percorso di noi operatori: tutto l'iter di vestizione, svestizione, un momento delicato e fonte di possibile contagio. Siamo sempre in due: uno dà gli ordini della procedura e l'altro esegue, seguendo ogni possibile precauzione per evitare possibile contagio da contatto, da droplet o aereo”.
E poi c'è il momento del tampone. Il bastoncino utilizzato per i più piccoli è più morbido, flessibile e sottile. Ma la durata dell'esame è maggiore. “La fase preparatoria è più lunga – spiega Gramaccioni – bisogna mettere in atto ogni strategia per evitare traumi ai bambini. Ed è fondamentale l'aiuto del genitore, per ridurre ansie e paura. Prima di tutto informazioni dettagliate, poi, in base all'età, ci sono delle tecniche per alleviare la paura: si cullano o si accarezzano i neonati, ai bambini più grandi si fa seguire una fantasia o un ricordo piacevole, agli adolescenti si pongono domande su di loro. Se per una sola volta il bambino associa il tampone a un trauma, riuscire a rifarne un secondo, se serve, è molto complicato”.
Coronavirus, i tamponi all'ospedale Bambino Gesù di Roma
Il percorso in ospedale pediatrico
E veniamo al percorso dei più piccoli in ospedale. “Ci sono ovviamente degli iter differenziati – spiega Marta Ciofi degli Atti, responsabile dei percorsi clinici ed Epidemiologia dell'ospedale pediatrico romano – se arriva un bambino con febbre, tosse o altri sintomi riconducibili a Sars-Cov-2 segue un percorso separato e fa subito tampone e valutazione clinica. Se serve, si ricovera a Palidoro, il centro Covid pediatrico, dove oggi abbiamo 30 posti letto, modulabili e incrementabili, tutti pieni. Diverso per chi arriva al pronto soccorso per altra patologia, per esempio un trauma: si fa tampone molecolare a bambino e antigenico al genitore, e si prestano le prime cure presumendo la positività fino all'esito del tampone, che arriva in 4-6 ore. Se è positivo viene ovviamente ricoverato lo stesso seguendo ogni possibile precauzione. Da questo percorso però di positivi ne abbiamo individuati pochi”.
Anche i ricoveri programmati sono preceduti da un tampone che si effettua in ospedale 72-48 ore prima dell'ingresso. “I nostri laboratori lavorano 7 giorni su sette, 24 ore su 24 – conclude Ciofi degli Atti – con uno sforzo organizzativo e quell'estrema flessibilità che è necessaria per affrontare l'emergenza. E ogni giorno riusciamo a processare 800 test tra bambini e accompagnatori”.
Le bufale
Come in ogni cosa che riguardi il Coronavirus, ovviamente non mancano le false notizie, tanto da aver spinto il sito della Fnomceo, la federazione degli ordini dei medici e degli odontoiatri, a dedicare un intero paragrafo della sezione “Dottore, ma è vero che?” per rispondere a una domanda che serpeggia online, ovvero che il tampone nasale danneggerebbe addirittura la barriera ematoencefalica del cervello durante il prelievo (ovviamente non è così, visto che il bastoncino per arrivarci dovrebbe perforare strati di tessuto e addirittura ossa). Tant'è, la notizia si rincorre, in un Paese diventato improvvisamente esperto di virologia, immunologia e anche anatomia umana.
Il futuro dietro l'angolo
I test ultrarapidi possono essere game changing, prima di arrivare ai vaccini. Ovvero possono cambiare le regole del gioco. Ne è convinta Rochelle Walensky, specialista in Malattie infettive al Massachusetts General Hospital e membro del gruppo “Rapid Tests”. Non è un caso che una ventina di aziende siano fortemente interessate a sviluppare test rapidi per Sars-Cov-2 da poter fare a casa con comodo, come un test di gravidanza. Ma correre troppo non fa bene, e molti hanno sottolineato come fossero stati sottoposti a test rapido i partecipanti del Rose Garden Event, compresi Trump e la first lady e i loro più stretti collaboratori e come è finita si sa: un cluster di positivi alla Casa Bianca. Eppure molti dei loro test erano risultati negativi. E se è vero che un test di questo tipo rischia di essere poco sensibile è altrettanto vero – come sottolinea Walensky su Jama – che esaminare con un test economico e rapido ogni due giorni gli studenti, per esempio, anche se con il 70% di sensibilità rispetto al 90 di uno tradizionale, consentirebbe di riaprire i college in serenità. E certamente non è poco.