
Eccesso di diagnosi. Una delle cause di questo 'eccesso' di diagnosi, che gettano nel panico i pazienti e le loro famiglie, sta nel ricorso eccessivo e inappropriato all’esame del PSA. "Il PSA – afferma Procopio - va effettuato solo in presenza di disturbi urologici e di familiarità per tumore della prostata. In questo caso è bene andare dall’urologo, fare la visita e sottoporsi al dosaggio del PSA. Chi ha il PSA minore di 10 e una biopsia prostatica ‘tranquilla’ può entrare nei programmi di sorveglianza attiva; in questi soggetti infatti la mortalità a 15 anni resta uguale sia con, che senza trattamento".
La patologia. Quella della prostata è una patologia tumorale con un’elevata incidenza tra gli uomini, con numeri come visto tutt’altro che trascurabili. Gli studi clinici hanno dimostrato l’utilità di una serie di farmaci ma è anche importante verificare se i risultati degli studi clinici siano rappresentativi di quelli ottenuti nella popolazione reale, nel cosiddetto ‘uomo medio’ o ‘uomo reale’, che si contrappone all’uomo inserito negli studi clinici, super-selezionato in base ad una serie di caratteristiche e per questo potenzialmente distante dalla realtà dell’uomo comune. Gli studi servono per testare ipotesi, ma poi è il banco di prova della realtà dei risultati che scaturiscono dalla pratica clinica a fare la differenza. “Non sempre i risultati degli studi clinici sono riproducibili nella pratica clinica – ammette Procopio – E allora ecco che l’informazione sul mondo reale, sulla popolazione eterogenea, rappresentativa dell’uomo medio, diventa prioritaria”.
Gli studi. Da queste osservazioni nasce la necessità delle analisi cosiddette di real life evidence e sono molte quelle presentate a Chicago al congresso dell’ASCO. Alcune riguardano i pazienti con tumore della prostata in fase metastatica, resistente alla terapia di deprivazione androgenica. “Queste analisi – afferma Procopio – ci danno informazioni su questa popolazione di pazienti, per la quale non avevamo armi terapeutiche specifiche prima dell’introduzione delle nuove terapie ormonali, come l’abiraterone, primo farmaco di questa classe ad arrivare in Italia. I dati real life presentati all’ASCO dimostrano che la terapia con abiraterone è efficace e che ha a un buon profilo di qualità di vita. "Le evidenze aggiuntive presentate all’ASCO – afferma Procopio - confermano l’efficacia di questo farmaco anche nel mondo reale. Quattro le analisi effettuate sugli effetti dell'abiraterone in diverse tipologie di pazienti: i cardiopatici, quelli con alterazioni cognitive e con patologie ossee. Tutte le hanno confermato un profilo di efficacia e sicurezza più favorevole per abiraterone, confrontato con enzalutamide. Molto importante per noi clinici è il fatto che abiraterone risultati sicuro e ben tollerato anche nei pazienti con comorbidità cardiovascolari o fattori di rischio per patologie coronariche".
Qualità di vita. Preservare la qualità di vita è importantissimo per questi pazienti, spesso non giovani, affetti da una serie di comorbilità e trattati con molti altri farmaci per le altre patologie. "Qualità di vita – spiega Procopio - significa disporre di un farmaco valido e ben tollerato anche nell’anziano fragile con comorbilità, che preservi la sua vita di relazione. Un fatto tutt’altro che semplice da ottenere in oncologia perché i nostri farmaci spesso si accompagnano ad una serie di problematiche che incidono sul vissuto del paziente".
Identikit del paziente con tumore della prostata. Il paziente ‘tipo’ con tumore della prostata ha più di 65 anni, un profilo metabolico non ottimale e varie patologie associate, come l’ipertensione arteriosa. E’ spesso un ex-fumatore, quindi ha problemi cardiovascolari. Prende tanti farmaci e venendo da un trascorso di terapie ormonali può avere delle modifiche caratteriali, che hanno impattato sulla sua vita di relazione.
Trattamenti per il tumore della prostata. “Il tumore della prostata – afferma Procopio - è una patologia che va molto ben inquadrata poiché una quota di questi pazienti può non necessitare di alcun trattamento in quanto ha una malattia molto indolente e a basso rischio. C’è poi una quota di pazienti che può ricevere trattamenti ‘locali’, ad esempio chirurgici o radioterapici; c’è infine una quota non trascurabile che recidiva dopo terapia locale. In questi casi l’approccio è essenzialmente ormonale, perché il testosterone è il principale fattore di crescita per questo tipo di tumore. In passato, per abbattere la concentrazione di testosterone si ricorreva alla castrazione; oggi usiamo degli analoghi chimici che sopprimono la funzione del testicolo. Purtroppo queste terapie dopo un certo tempo non funzionano più, perché le cellule tumorali si modificano e questo fa sì che si debba ricorrere ad un trattamento di seconda linea, come l’abiraterone, un inibitore della sintesi del testosterone, che agisce sul testicolo ma anche su surrene e sulle cellule tumorali che si auto-producono il testosterone. Si assume per bocca ed è molto ben tollerato.
Il Registro del tumore della Prostata. Creato nel 2013 da Janssen e realizzato in collaborazione con gli oncologi e gli urologi, il registro europeo del tumore della prostata è il primo e più ampio studio prospettico mai realizzato in Europa sugli uomini con cancro alla prostata metastatico resistenti alla castrazione ed ha l’obiettivo di raccogliere dati sulla reale pratica clinica. Il registro conta oltre 3000 pazienti arruolati presso 199 centri in 16 paesi europei. I pazienti entrano nel Registro dopo aver cominciato la terapia per tumore alla prostata metastatico resistente alla castrazione o dopo un periodo di sorveglianza. La prima analisi è stata presentata a Vienna nel 2015 in occasione del congresso europeo di oncologia (ECC); l’analisi finale è prevista per il 2019.