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Giovani veneti in fuga all’estero. In due anni persi cinquemila laureati

Lo studio sulla questione “under 30”: «Addio al mito del lavoro fisso, ora questo deve conciliarsi con altro»

MATTEO MARIAN
Aggiornato alle 2 minuti di lettura

Neolaureati alla cerimonia del lancio del tocco in Piazza San Marco

 

Da una parte le dimissioni, dall’altra la fuga all’estero. «Non c’è più il mito del lavoro fisso: se arriva bene, ma deve essere proprio quello che si brama e deve conciliarsi con altro. I giovani non hanno paura di dimettersi e di cambiare lavoro, anzi lo fanno frequentemente».

Nelle parole di Roberto Toigo, segretario generale Uil Veneto, il filo rosso che ieri ha animato l’assemblea regionale del sindacato. La tesi, con numeri a supporto, apre uno scenario utile a leggere le dinamiche del mercato del lavoro veneto.

«Una volta la frase di rito, dopo un colloquio di lavoro, era “Le faremo sapere”. Oggi la frase ricorrente proviene dal candidato all’impiego: “Vi farò sapere”. Il lavoratore, a differenza di qualche anno fa, si fa meno problemi a dire anche un “no”».

Un cambio di atteggiamento che, magari, non spiega in toto le dinamiche che caratterizzano il mercato del lavoro veneto under 30 ma di cui sicuramente tenere conto per spiegare in parte quegli oltre 28mila posti che le aziende non riescono a coprire. «Un atteggiamento, quello dei giovani» ha proseguito Toigo «che non dev’essere letto per forza in maniera negativa. Va invece approfondito in maniera adeguata».

La fuga all’estero – secondo lo studio presentato ieri da Luca Romano, direttore Lan Network – rappresenta proprio una faccia di questa nuova medaglia. «I giovani non temono di fare esperienze lavorative all’estero. E chi pensa riguardi solamente chi vuole prendersi un anno sabbatico lavorando in un bar o in un negozio, sbaglia di grosso» la chiosa del segretario regionale Uil.

Nel biennio successivo al Covid, tra chi emigra dei giovani veneti è in aumento la quota di laureati: 5.000, quasi uno su due, vicini al picco del 2019. Se ne sono andati in cerca di stipendi migliori e maggior sicurezza. «Fenomeni che dobbiamo comprendere e accompagnare, di cui discutiamo con le istituzioni e con le parti datoriali, perché a monte c’è la necessità di avere un’idea del futuro di questa regione».

A supporto del mutato approccio al mondo del lavoro anche il dato delle dimissioni volontarie. «Su questo c’è un grande dibattito – ha detto Romano –. Nel 2022 in Veneto ne abbiamo avute 232.365 con un aumento del 17% sull’anno precedente. Siamo di fronte a una tendenza alla crescita? Non lo possiamo ancora dire.

Nel primo trimestre 2023 le dimissioni calano rispetto allo stesso periodo del 2022 del 5,2%, quindi serve cautela. I settori più interessati sono industria, turismo, logistica e i servizi alla persona. Tra i profili interessati emergono gli under trenta e i laureati».

Il mondo del lavoro – ha concluso Luca Pezzullo, presidente dell’Ordine degli Psicologi del Veneto – «sta attraversando una trasformazione rilevante, in relazione alle aspettative e investimenti identitari delle giovani generazioni: mentre per le generazioni precedenti il proprio ruolo lavorativo era il motore fondativo dell’identità personale, tale da richiedere e spingere a fare investimenti esistenziali di lungo termine, negli ultimi anni i giovani e i giovanissimi sembrano più considerarlo solo uno degli elementi accessori del proprio mosaico identitario».

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