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Veneti sempre più obesi. Tremila pazienti in Azienda ospedale. «Preoccupano i bimbi»

A Padova la struttura leader in Europa: il centro segue il maggior numero di pazienti in Regione. Ogni anno circa 400 interventi di chirurgia bariatrica. «Ancora problemi di sensi di colpa»

Simonetta Zanetti
2 minuti di lettura

Un bambino affetto da obesità osserva i coetanei fare sport: l’incremento della patologia preoccupa i medici

 

Sono circa 3 mila le persone affette da obesità che ogni anno vengono seguite dalla Clinica Medica 3 dell’Azienda Ospedale Università a Padova, leader europea nella diagnosi, terapia e studio per questa patologia.

Qui, ogni anno, vengono effettuati poco meno di 400 interventi di chirurgia bariatrica, con una flessione legata al Covid.

Del resto il Veneto è l’unica regione in cui esiste una rete assistenziale di supporto con percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta) dedicato a obesità pediatrica, dell’adulto e in gravidanza, in attesa del via libera da palazzo Balbi per un Pdta per l’obesità rara di tipo genetico.

«Questo è il centro veneto che vede il maggior numero di tali pazienti» afferma il professor Roberto Vettor, direttore della Clinica Medica 3, «affrontiamo il problema a 360 gradi. Siamo stati la prima regione e siamo l’unico centro così complesso a livello europeo. In Veneto stiamo facendo una ricognizione nell’ambito del progetto di prevenzione per avere un dato epidemiologico serio. Abbiamo stimato di avere circa il 10-11% popolazione con obesità, ma a preoccuparci particolarmente è quella infantile.

Abbiamo fatto una “Padova chart” assieme alla Pediatria e quest’anno probabilmente, assieme ad alcuni altri Dipartimenti, ripresentiamo il progetto come terza missione dell’Ateneo cercando di raggiungere la popolazione. L’idea è di realizzare una “Padova global chart” mettendo insieme i problemi di adulto, gravidanza e anziano».

In questo ambito la questione culturale è ancora centrale, laddove l’obesità, più che come una malattia, viene vissuta come una responsabilità personale: una colpa.

«C’è ancora un problema di stigma. Ma del resto fino a poco tempo fa veniva stigmatizzato anche il diabete di tipo 2. Ma chi si interessa di questo problema sa benissimo che non è una colpa: la genesi dell’obesità è complessa, è una malattia complicata, cronica, non guaribile. Semmai si parla di remissione» aggiunge Vettor «e, va detto, è colpa dei medici che non hanno ancora la capacità e gli strumenti per comprendere la patologia e affrontarla, fornendo un aiuto adeguato. Bisogna studiare di più e fare più ricerca».

Il salto culturale viene richiesto prima di tutto ai sanitari: «Quasi tutte le linee guida per grandi patologie croniche non degenerative prevedono all’inizio il cambiamento dello stile di vita» prosegue «eppure il medico a un paziente gravemente iperteso dà una pastiglia, così come a quello che si presenta in iperglicemia, mica lo rimanda a casa dicendogli di cambiare stile di vita che, tra l’altro, è una delle cose più difficili al mondo, che coinvolge il malato, le persone che lo circondano e la società stessa».

Eppure i farmaci esistono: «Ci sono e sono efficaci. Negli Stati Uniti sono due quelli approvati per l’utilizzo contro l’obesità. Uno è il semaglutide: con 2,4 mg una volta a settimana si ha un calo ponderale del 16% iniziale, ma costa 360 euro al mese per tutta la vita ed è a carico dell’assistito».

Di fatto, questo principio attivo in Italia è riconosciuto solo nell’ambito della terapia del diabete, mentre l’Aifa non l’ha ancora autorizzato per il trattamento dell’obesità: «Ci sono contraddizioni nel nostro sistema» conferma il direttore della Clinica Medica 3 «se uno ha un indice di massa corporea di 40 e vuole essere operato di chirurgia bariatrica il Sistema sanitario nazionale gli passa l’intervento, ma se vuole il farmaco, è a carico suo: è evidente che uno sceglie il primo».

L’equipe diretta da Mirto Foletto è tra i centri leader nella chirurgia bariatrica, con numeri tra i più alti. «È uno strumento valido» prosegue «ma oggi abbiamo a disposizione anche farmaci con un’efficacia rapportabile e mi domando per quale motivo non utilizzarli. È un’opzione terapeutica che non viene sfruttata. Eppure dall’obesità si passa al diabete con frequenza molto elevata e questi farmaci sarebbero in grado di prevenirne la comparsa, producendo un risparmio. Speriamo che l’Aifa e il Ministero ci possano dare una mano».

Intanto il Veneto, si muove sulla prevenzione: «Con la Regione stiamo cercando di ridisegnare la prevenzione per le malattie legate all’alimentazione» conclude Vettor «prima del Covid il Lancet aveva incaricato una commissione sulla salute pubblica internazionale di definire le nuove emergenze: era stata individuata come sfida la “sindemia” ovvero una pandemia che riguardava malnutrizione – per eccesso e per difetto –, cambiamento climatico e obesità. Di questi problemi se ne parla dagli anni ’90 ma, mi domando: qualcuno nota una corsa organizzativa che preveda un cambiamento significativo a livello globale? Siamo fermi a enunciazioni di principio. Anche qui bisogna cambiare paradigmi, parametri. Modo di agire». —

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