I medici dell’Azienda ospedaliera di Padova denunciano: «In Veneto i migliori guadagnano meno soldi»
Avruscio, sindacato primari, scrive a Zaia: «A Padova si fanno trapianti record ma chi li esegue ha uno stipendio inferiore ai colleghi che lavorano in altre Usl»
simonetta zanetti
Chirurghi in sala operatoria
Leader nei trapianti di frontiera, tra i primi per assistenza e ricerca, ma ultimi per stipendi. È il paradosso che vive il personale medico dell’Azienda Ospedale Università e su cui Giampiero Avruscio, presidente dell’Anpo-Ascoti – l’associazione nazionale dei primari ospedalieri – combatte da anni una battaglia.
Da qui la lettera inviata al presidente del Veneto Luca Zaia, all’assessore Manuela Lanzarin, al presidente della Commissione Sanità Sonia Brescacin, nonché ai consiglieri regionali eletti nel collegio di Padova e a Sergio Giordani in qualità di sindaco e presidente della Provincia di Padova. È su numeri che paiono incontrovertibili che il sindacato dei primari ospedalieri sollecita un intervento.
I successi raggiunti a Padova
Si parte dai recenti successi dell’Azienda Ospedale Università, con il primo trapianto a cuore fermo da parte della Cardiochirurgia guidata dal professor Gino Gerosa, per arrivare al responso di Agenas, che ha collocato quello di Padova tra i migliori ospedali d’Italia.
Eppure, come detto, tanta eccellenza non ha corrispondenza a livello retributivo: «Quello applicato già da anni nei confronti dei medici e del personale sanitario dell’Ospedale Università di Padova non è un bell’esempio di autonomia» sostiene Avruscio.
Lo “stipendio di posizione”, che esprime la “carriera” del medico, è formata da due voci: una parte fissa, uguale per tutti in quanto stabilita dal contratto nazionale e una cosiddetta “accessoria” legata ai fondi regionali.
«Tuttavia, a parità degli incarichi di maggiore responsabilità, esiste ancora una sensibile differenza di stipendio con i colleghi delle altre aziende sanitarie» chiarisce Avruscio.
La tabella della discordia
Come si vede nella tabella, la differenza annua a parità di incarico, in alcuni casi è di migliaia di euro e vede, nella stragrande maggioranza dei casi, i medici padovani in ultima posizione.
I Fondi regionali antiquati
La disuguaglianza è costituita quindi dalla distribuzione dei fondi regionali «che da almeno 30 anni non sono mai stati rivisitati, neanche con l’ultima riforma che ha delineato i nuovi confini delle aziende sanitarie per lo più di tipo amministrativo e con stipendi di “carriera” più alti.
E questa differenza pesa anche a livello pensionistico, con moltissimi valenti colleghi che sono andati in pensione con una più bassa valorizzazione e con molti altri che li seguiranno».
Senza contare che, in Veneto così come in Italia, «l’ospedale risulta poco attrattivo, tanto che alcuni concorsi vanno deserti e bisogna chiamare medici pensionati, assumere giovani che non hanno ancora completato la formazione, liberi professionisti a gettone, medici di cooperative, cui si somma il grande contributo degli specializzandi» chiarisce «ma se i migliori vanno altrove, a farne le spese sono i pazienti».
«Serve una commissione per chiarire»
Da qui le richieste di Avruscio: l’istituzione di una commissione che faccia chiarezza «risalendo ai documenti e ai calcoli dei fondi regionali che ancora oggi continuano a discriminare i medici e il personale sanitario dell’Azienda Ospedale Università rispetto ai colleghi delle altre aziende sanitarie» e che a parità di incarico, venga corrisposto il medesimo stipendio di “carriera” dei colleghi delle Usl Veneziana e di Verona, nonché dell’omologa Azienda sanitaria integrata Ospedale Università, simile per “mission” e composizione alla struttura di via Giustiniani.
Basti pensare che a parità di posizione, un direttore di Unità operativa complessa, il valore annuo passa dai 24.500 euro dell’Azienda padovana ai 26.700-30.000 di quella veronese ai 28.000-50.000 dell’Usl Scaligera.
«Non credo siano richieste impossibili» prosegue Avruscio «la “buona politica” avrebbe già dovuto risolvere il problema. Se si continua nella distribuzione dei fondi regionali discriminanti per Padova, come si fa a spiegare che l’autonomia differenziata porterà dei benefici, quando da anni nel caso degli stipendi della sanità ha incessantemente e costantemente penalizzato i medici e il personale sanitario di questa città?
Mi rendo conto che l’eredità dei fondi regionali è antica e che con questo governo regionale le cose sono migliorate, ma non può essere sufficiente, non possiamo aspettare anni anche perché la scarsa valorizzazione nella quale continuiamo a essere ingabbiati, senza compensazione pregressa, aumenta un disagio per politiche nazionali tese a continui tagli nella sanità pubblica ospedaliera».
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