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Congresso Lega in Veneto, scontro sul regolamento

Stefani propone di far votare soltanto i 420 delegati, escludendo le figure istituzionali. Marcato: «Ipotesi offensiva»

Filippo Tosatto
2 minuti di lettura

Da sinistra: Alberto Stefani, Roberto Marcato, Franco Manzato

 

Alta tensione al direttorio veneto della Lega. In apertura dei lavori, il giovane commissario Alberto Stefani ha proposto la convocazione del congresso “entro giugno” e l’adozione di un regolamento articolato in quattro punti: azzeramento delle incompatibilità e conseguente libertà di candidatura alla segreteria senza alcun vincolo; quorum minimo di sessanta firme congressuali richieste a corredo delle citate candidature; incremento del direttivo da dieci a dodici componenti; diritto di voto – ecco il pomo della discordia – limitato ai 420 delegati, eletti dalle assemblee provinciali in rappresentanza di 4200 veterani, con esclusione delle figure istituzionali: amministratori regionali (è il caso dello sfidante Roberto “Bulldog” Marcato), parlamentari, eurodeputati. In verità la proposta originaria “concedeva” a questi ultimi il voto salvo ridurne il valore computato a un decimo rispetto ai militanti ordinari… «È un’ipotesi offensiva, non siamo iscritti di serie B», la sdegnata replica di Marcato, contrario anche ad ammettere i soli consiglieri con esclusione degli assessori: «Vorrà dire che mi dimetterò dalla Giunta, voglio vedere se impedirete di esprimersi anche a Zaia e alla vicepresidente De Berti».

Tant’è. In mattinata, tra sussurri e grida, l’accordo sulle regole non è stato raggiunto e Stefani, suo malgrado, ha aggiornato il dibattito alla giornata odierna con possibile appendice a lunedì mattina, ultima finestra temporale utile a consentirgli di sottoporre una proposta condivisa a Matteo Salvini e al consiglio federale convocato a mezzodì in via Bellerio. Certo la volontà del “gruppo dei fondatori” – oltre ai citati duellanti, il vertice include Lorenzo Fontana, Luca Zaia, Erika Stefani, Massimo Bitonci e Nicola Finco – è quella di concludere la lunga stagione commissariale senza strappi dolorosi, ripristinando la dialettica interna e l’elezione del segretario ad opera della base. Colpi bassi e reciproche diffidenze, tuttavia, ostacolano una soluzione concordata mentre si accende la caccia al consenso “ad personam” dei delegati.

Chi sarà il prescelto? Il terzo incomodo tra i rivali padovani è Franco Manzato, espressione di una Marca ringalluzzita dal brillante bis del sindaco Mario Conte e decisa a riconquistare la centralità smarrita. Una cordata, la sua, orchestrata da Gian Paolo Gobbo, Dimitri Coin e Gianantonio Da Re. Veterani irriducibili, discretamente ostili a Zaia e ancor più a Bitonci, vincitori a sorpresa del congresso trevigiano che ha scolpito un partito inquieto e diviso. Marcato tende loro la mano e, in caso di successo, promette ampia visibilità in cambio del sostegno. Basterà a persuaderli a rinunciare ad una corsa solitaria che favorirebbe la vittoria di Stefani?

Quest’ultimo, nell’attesa, gioca le sue carte e si accredita come figura di mediazione, soprattutto nei confronti del governatore di Palazzo Balbi, rivendicando pazienza e tolleranza («Anche a fronte di palesi violazioni disciplinari, non ho mai espulso nessuno») nella conduzione del movimento. L’impressione è che lo scontro correntizio nel Caroccio, a lungo sopìto, tenda ora a deflagrare: le prossime ore, al riguardo, saranno cruciali.

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