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La testimonianza choc in aula: «Prodotti in Italia i Pfas vietati negli Stati Uniti»

In aula a Vicenza ha parlato l’avvocato americano Bilott, citato dalla Procura, che ha vinto le class action contro le aziende produttrici di perfluoroalchilici

Albino Salmaso
4 minuti di lettura

La Miteni di Trissino e a destra l'avvocato Robert Bilott

 

I Pfas sono eterni e invisibili ma l’avvocato Robert Bilott, la leggenda delle class action contro la DuPont, ha alzato il velo sulle verità nascoste dei veleni Miteni. Una storia che nasce 24 anni fa in America. Con la giustizia che trionfa.

Chiamato a deporre in aula dai pm Blatner e Fietta, l’avvocato di Cincinnati ha parlato 7 ore e ha ribadito che l’azienda di Trissino fin dal 1999 fu coinvolta nel gruppo di lavoro creato negli Usa da 3M e DuPont per valutare i rischi sulla salute delle sostanze perfluoroalchiliche. E l’anno dopo, quando la 3M decise lo stop ai Pfas e Pfoa, fu proprio la Miteni a raddoppiare la produzione di queste sostanze inventate nel 1947 e utilizzate per il GoreTex, nelle racchette da tennis, negli occhiali, nelle schiume antincendio, nei telefonini e nei cavi delle tlc.

La storia di Robert Bilott è raccontata anche nel film Cattive Acque, diretto da Todd Haynes e interpretato da Mark Ruffalo, che della pellicola è anche produttore. E nel 2019 ha pubblicato il libro Exposure, in cui racconta la battaglia avviata dall’allevatore di bestiame Wilbur Tennant di Parkersburg nel West Virginia, trasformata poi in una class action che ha coinvolto 3.500 persone risarcite con 671 milioni di dollari dalla DuPont.

Le “sommarie informazioni”

Bilott è una star ed entra nell’aula C del tribunale di Vicenza poco dopo le 9 del mattino. Lo accompagna Alberto Peruffo, l’ambientalista di Montecchio Maggiore che nel 2017 organizzò un mega convegno a Lonigo con un big arrivato dagli Usa. Un ospite a sorpresa. Nessuno conosce l’avvocato di Cincinnati che il giorno dopo va in consiglio regionale a spiegare la class action alla commissione speciale sui Pfas guidata dal grillino Manuel Brusco.

In pochi lo ascoltano. Sembra finita lì. Ma prima di ripartire per gli Usa, la Procura di Vicenza mette a segno il colpo a sorpresa: Robert Billot viene sentito dai magistrati che raccolgono “sommarie informazioni” sui legami tra la Miteni di Trissino, la 3M e DuPont. L’inchiesta dal Veneto si allarga per trovare le origini del più grande inquinamento chimico in Europa e dopo 7 anni si procede con la testimonianza chiave in aula.

Risolto il problema delle interpreti che non riescono a tradurre il linguaggio troppo tecnico, si tratta di superare lo scoglio dei difensori dei 14 manager chiamati a giudizio. La loro tesi è chiara: l’avvocato arrivato dagli Usa è del tutto estraneo ai capi d’imputazione contestati nel processo di Vicenza. Ma la presidente del collegio Antonella Crea procede per la sua strada e il pm Frederich Blatner parte con le domande.

Quale scenario si presenta nel 1999, quando la DuPont decide di verificare i livelli di Pfoa nell’acqua per monitorare il rischio tumori? chiede il magistrato. Robert Bilott è molto dettagliato nella sua ricostruzione: «DuPont era preoccupata per gli esiti delle analisi effettuate sui ratti, da cui emergeva il pericolo di tumori ai testicoli e gravi difficoltà nella crescita dei piccoli roditori. I controlli dell’Agenzia federale sull’ambiente (Epa) hanno fatto subito nascere un gruppo di lavoro creato dalla 3M, DuPont e Miteni».

Ricorda i nomi dei collaboratori inviati dall’azienda di Vicenza? chiede il pm. Bilott ribatte: «Ricordo i nomi di due manager che hanno affiancato i colleghi americani: si tratta di Carlo Maria Gloria del settore ricerche, e di Di Pietro, che si occupava del commerciale. Poi è nato un secondo team con le aziende del settore plastica, per indagare gli effetti di Pfoa e Pfas sulle scimmie, con alta incidenza di cancro sempre ai testicoli».

E nel 2000 cosa succede? chiede il pm Blatner. Bilott racconta che dopo le pressioni dell’Epa americana, la «3M ha deciso di sospendere la produzione di Pfoa e Pfas» e la DuPont ha chiuso la filiale in Olanda fino a quando la Miteni ha deciso di raddoppiare la fornitura delle sostanze perfluoroalchiliche.

Indignazione in aula

Nell’aula si alza un brusio, ci sono gli ex operai di Trissino a fianco delle mamme No Pfas con le lacrime agli occhi. Un tecnico che per 43 anni ha lavorato prima alla Rimar e poi alla Miteni racconta, appena fuori dall’aula: «Ricordo che abbiamo raddoppiato le celle elettrolitiche per i Pfao portandole da 10 a 20. Un boom della produzione che ci ha consegnato il monopolio nel mercato. Le altre linee non sono state toccate». Eccolo, il passaggio chiave raccontato da Robert Bilott.

«La DuPont dopo le mancate forniture delle 3M si è rivolta alla Miteni, che ha confermato la volontà di incrementare la produzione di Pfoa». È lo squarcio di verità nascosto per 24 anni, con analisi cliniche che in Italia hanno sempre minimizzato il rischio alla salute mentre in America l’Epa ha imposto il giro di vite.

«Ci dicevano che bastava controllare il colesterolo, mentre nel nostro sangue c’erano livelli di tossicità spaventosi», racconta l’ex operaio Miteni. Cosa matura negli Usa? Billot racconta che la class action avviata nel 2001 si chiude nel 2004 con un accordo tra le parti civili: «DuPont e 3M hanno accettato una commissione di esperti indipendenti che ha valutato i rischi per la salute umana. In pochi mesi 70 mila persone hanno effettuato le analisi del sangue grazie ai 70 milioni di dollari erogati da DuPont. Poi è iniziato uno screening sulla popolazione a rischio dal 2005 al 2012 e ora possiamo dire che il Pfoa può causare tumore ai testicoli, tumore ai reni, colite ulcerose, gravi problemi alla toroide, alti livelli di colesterolo e compromettere la fertilità nei maschi».

Quali contromisure sono state adottate dal governo americano? chiede il pm Blatner. Billot racconta come siano cambiate drasticamente le linee guida sull’acqua. Nel 2016 il valore massimo era fissato in 70 nanogrammi per litro, che sono scesi a 4 ng/litro nel 2022. Ora siamo allo zero assoluto con le ultime direttive varate dall’Epa. L’America è corsa ai ripari, come la Danimarca e la Norvegia, mentre l’Italia tiene nei cassetti le proposte di legge per regolamentare le emissioni, è il commento di Alberto Peruffo, da poche ore rientrato da Montecitorio, dove ha presentato il manifesto per mettere al bando i Pfas in Europa.

Un quarto di secolo di studi

Verso le 13 la parola passa alle parti civili, con l’avvocato Matteo Ceruti, che chiede a Billot di allegare i documenti che ripercorrono le tappe di 24 anni di battaglie contro i Pfas, diventati poi GenX6 con la modifica di due molecole di carbonio. «So che Miteni partecipava ai meeting scientifici già vent’anni fa per valutare gli effetti dei rischi sulla salute. Nel 2002 ne ha scritto la rivista Science e posso produrre la lettera del 6 marzo 2001 di DuPont al governo americano, con lo studio sui trigliceridi e il colesterolo» risponde.

L’avvocato racconta che pure lo Stato del Minnesota ha avviato una class action da 850 milioni di dollari contro la 3M e che fin dal 1976 le università della Florida hanno documentato le prime tracce di Pfoa nel sangue della popolazione. Oggi questi veleni eterni mettono a rischio anche l’efficacia dei vaccini contro il Covid.

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