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Alluvioni e testimonianza. «Dopo l’esondazione il Veneto è cambiato. Ma per fare le opere serve molto tempo»

Elisa Venturini, ex sindaca di Casalserugo e gli allagamenti del 2010. «Domani sarò in Emilia Romagna per aiutare i colleghi del ravennate»

Enrico Ferro
2 minuti di lettura

L'alluvione di Casalserugo di 13 anni fa ed Elisa Venturini, consigliera regionale di Forza Italia ed ex sindaca di Casalserugo

 

Elisa Venturini, consigliera regionale di Forza Italia con un passato da sindaca di Casalserugo, oltre che vicepresidente di Anci Veneto, sono passati 13 anni dall’alluvione che colpì il comune da lei amministrato.

Che effetto le fa vedere le immagini dell’Emilia Romagna?

«Mi ritorna in mente tutto ciò che ho vissuto, gli stati d’animo, i drammi. Penso ai sindaci che adesso si trovano a dover affrontare al stessa situazione. Dove ci sono stati decessi, saranno chiamati a risponderne».

In che senso?

«I sindaci sono i primi a essere chiamati in caso di morte, anche se si tratta di calamità naturali. I magistrati verificheranno se hanno avvisato tutti i cittadini, con quali mezzi, se sono aggiornati gli strumenti di pianificazione, il piano di protezione civile e se c’è un gruppo di Protezione civile funzionante».

E se dovesse mancare qualcosa nella documentazione richiesta?

«Il sindaco potrebbe risponderne in prima persona, con vari livelli di responsabilità. Ricordo la vicenda del primo cittadino di Caldogno (Vicenza), dove nel 2010 ci fu un decesso. Anche lui ebbe una lunga serie di grane giudiziarie».

Si ritorna al tema della responsabilità in capo ai sindaci.

«È una grandissima responsabilità. E quando l’alluvione finisce, inizia un altro momento molto complesso: quello dei risarcimenti. Servono la ricognizione dei danni, le verifiche, il rispetto dei tempi e delle procedure. Seguiranno poi tutti i controlli da parte della Guardia di finanza e della Corte dei Conti».

Domani lei sarà in Emilia Romagna: cosa andrà a fare?

«Vado a trovare amministratori e sindaci della zona del ravennate, per poter dare loro indicazioni su quelle che sono le procedure da seguire, avendo io già vissuto questa esperienza. Non si tratta solo di spiegare la burocrazia che segue una catastrofe del genere ma anche la gestione delle emozioni dei cittadini. Io metto a disposizione dei colleghi sindaci tutto ciò che so, anche questo è Anci».

Rischio idrogeologico, com’è la situazione in Veneto dal punto di vista delle opere?

«Il 2010 rappresenta uno spartiacque, prima non c’era questa sensibilità. Quel governo Berlusconi stanziò i primi due miliardi per un piano che andasse a contrastare il dissesto idrogeologico del territorio. In Veneto si iniziò subito un’attività di programmazione: dal rinforzo e la risagomatura dei corpi arginali, fino alla realizzazione dei bacini di laminazione».

Ma oggi il Veneto è una regione sicura su quel fronte?

«In questi ultimi anni ci sono state precipitazioni molto intense, paragonabili a quelle del 2010. Senza i bacini di laminazione avremmo avuto seri problemi. Nel 2016 venne inaugurato il bacino di Caldogno, poi Trissino, poi un altro ancora nel veronese. Ma si tratta di interventi che necessitano anni di lavori. Per questo è fondamentale la programmazione».

Non le sembra che in Veneto ci sia una sproporzione tra gli sforzi impiegati per le infrastrutture e quelli per la prevenzione del dissesto idrogeologico?

«Nel Veneto, prima del 2010, la questione della prevenzione al dissesto idrogeologico non era così sentita, per cui per gli amministratori era più importante fare altro. Poi però è capitata questa calamità, e allora tutti hanno capito che le esigenze erano anche altre. Sarà così anche in Emilia Romagna».

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