Cuneo fiscale, in Veneto sgravi per 652 mila. La Cgil: «Misura insufficiente»
La segretaria Basso: «Non ci va bene per importo e durata. Chiediamo una riforma fiscale vera»
Enrico Ferro
Una mancetta che varia tra i 50 e i 100 euro al mese, quindi totalmente insufficiente rispetto alla povertà dilagante che delineano i numeri anche in Veneto. Il taglio del cuneo fiscale di 7 punti fino a 25 mila euro lordi annui e di 6 punti da 25 mila a 35 mila euro, è una misura che la Cgil del Veneto boccia senza appello. Riguarderà, si stima, 9 lavoratori su 10, per un totale di 652 mila veneti. «Era una nostra richiesta ma non ci va bene né per importo, né per durata. Chiediamo una riforma fiscale vera», dice Tiziana Basso, segretaria della Cgil in Veneto.
I numeri

L’ufficio elaborazione dati della Cgil ha esaminato le dichiarazioni dei redditi presentate nei propri Caf. Risulta che su 146.812 lavoratori, ben 93.177 sono nella fascia entro i 25 mila euro annui. «La parola “entro” significa che c’è un sacco di gente che prende anche 15 mila euro l’anno. Abbiamo ancora molto lavoro povero», specifica la segretaria generale. Altri 37.407 lavoratori in Veneto rientrano nella fascia compresa tra 25 e 35 mila euro annui. I Caf della Cgil coprono circa il 20% delle dichiarazioni dei redditi dei lavoratori dipendenti in Veneto. Per quel che riguarda gli altri Caf, quelli di Cisl, Uil e Acli, la tipologia di lavoratore che vi si rivolge dovrebbe avere caratteristiche molto simili per le fasce di reddito. Ciò rende la fotografia scattata dalla Cgil un’istantanea verosimile della platea interessata a questo provvedimento. Sicuramente una quota di lavoratori sarà rimasta fuori dal conteggio, per esempio chi si rivolge al commercialista invece che al Caf, ma comunque la massa risultata è assolutamente rappresentativa.
«A fronte di questi redditi sappiamo che l’inflazione ci ha già mangiato quasi due mensilità e i dati non delineano un cambio» ragiona Tiziana Basso. «Chiediamo una riforma fiscale progressiva, che dia più risposte ai redditi medio bassi».

Il provvedimento del Governo Meloni nasce dall’esigenza di contrastare il calo del potere d’acquisto causato dall’inflazione. Per questo si è deciso di tagliare ancora il cuneo contributivo sulle retribuzioni medio-basse, così da aumentare il netto in busta paga. Lo sconto sui contributi previdenziali a carico del lavoratore scatterà da luglio e durerà fino a dicembre. Lo sconto complessivo, nella seconda parte di quest’anno, sarà di ben sette punti percentuali per chi prende fino a 25 mila euro e di sei punti per chi guadagna tra 25 e 35 mila euro lordi, con un aumento in busta paga che potrà arrivare a sfiorare i 100 euro.
Addio reddito di cittadinanza
Il nuovo provvedimento sancisce definitivamente addio al Reddito di cittadinanza. Al suo posto arrivano due misure distinte, per separare i cosiddetti “occupabili” da chi non può lavorare. Per questi ultimi, cioè per i nuclei familiari con minori, over 60 o disabili a carico, arriva l’assegno di inclusione (per un massimo di 500 euro al mese). Per chi può lavorare, invece, sarà previsto lo “strumento di attivazione”: sarà di 350 euro al mese, ma per riceverlo bisognerà attivarsi nei centri per l’impiego e partecipare ad attività formative o a progetti utili per la comunità. Se si riceve un’offerta di lavoro a tempo indeterminato scatta l’obbligo di accettazione su tutto il territorio nazionale, pena la perdita del beneficio.
In Veneto il reddito di cittadinanza ha visto la massima espansione nel 2021, con 40.199 nuclei familiari interessati (88.444 persone), e un assegno medio mensile di 486,44 euro. Nel 2022 (35.787 famiglie coinvolte, pari a 74.190 persone), l’importo medio era stato di 498,72 euro. Nei primi mesi del 2023, invece, la somma media dell’assegno è finora di 516,33 euro.
«La fine del reddito di cittadinanza è un problema» aggiunge Tiziana Basso. «Perché aveva dato risposte di dignità a molte persone. Ci sono persone che non hanno neanche la terza media, la cui necessità di riqualificazione è molto alta. Si tratta di persone che devono essere supportate». Dalla Cgil del Veneto un riferimento anche all’occupazione femminile. «Siamo a 17 punti di differenza», specifica Basso. «La Regione faccia la sua parte e apra più nidi e materne per sollevare in parte le donne dagli oneri di cura».
I commenti dei lettori