Il giallo del Polesine: «Ditemi com’è morta mia moglie. Io credevo che fosse caduta»
Lo sfogo del marito e il racconto del primo soccorritore: «Aveva un foro piccolissimo nella nuca»
Enrico Ferro
Rkia Hannaoui, la donna di 31 anni uccisa e la casa in cui viveva
Una donna di 31 anni con un proiettile conficcato in testa, i suoi due figli di 8 e 11 anni che disperati chiamano aiuto, il vicino di casa che la soccorre per primo, il marito al lavoro e l’arma del delitto che non si trova. Sono gli elementi chiave del giallo di Ariano nel Polesine, campi, nebbia e campanili nel punto in cui la provincia di Rovigo sfiora quella di Ferrara. Lì martedì pomeriggio è stato trovato il corpo ancora agonizzante di Rkia Hannaoui, casalinga di origini marocchine sopravvissuta per qualche ora dopo che qualcuno le ha sparato in testa. Morirà in seguito all’ospedale, dopo aver effettuato una tac cerebrale con un esito inequivocabile: presenza di un corpo estraneo metallico.
Tanti elementi ambigui per un mistero che ancora nessuno è riuscito a chiarire. La Procura di Rovigo ha aperto un’inchiesta per omicidio e i carabinieri attendono con ansia l’esito dell’autopsia, per poter imboccare una strada investigativa piuttosto che l’altra.
La donna viveva con la famiglia al piano terra di una villetta bifamiliare, in cui al piano superiore vive il proprietario, Giacomo Stella. Tutto intorno orti, fossati, la stradina in cui ogni giorno passa lo scuolabus. Paesaggi da film di Mazzacurati. Il metronomo della vita di Rkia Hannaoui era scandito dagli orari in cui i membri della famiglia se ne vanno e tornano di casa: prepara i figli per la scuola, ricevi i figli di ritorno dalla scuola, prepara colazione, pranzo e cena per il marito. E poi lava, stira, pulisci, accudisci le galline in cortile.
Il marito, Lebdaoui Asmaoui, era al lavoro e i colleghi confermano. «Io pensavo che mia moglie fosse caduta, non capisco cosa possa essere successo», dice ora disperato, dopo aver risposto più volte alle domande dei carabinieri. Ma i primi a dare l’allarme sono stati proprio i figli, che erano da poco scesi dallo scuolabus. Le loro grida hanno attirato l’attenzione di Giacomo Stella, che è sceso di corsa. «Sono andato a soccorrerla non c’era niente vicino al suo corpo. Ho pensato che avesse battuto la testa, poi quando l’ho girata ho visto che c’era il sangue dietro la testa».
Il sangue usciva da un piccolo foro, talmente piccolo che avevano pensato si trattasse di una caduta. La tac ha confermato la presenza di un oggetto metallico ma più che un proiettile gli investigatori del colonnello Emilio Mazza pensano possa trattarsi di un pallino da fucile. E infatti alcune armi sono state sequestrate proprio al vicino di casa. Anche lui rischia di finire nell’elenco dei sospettati, in questa storia costellata di punti interrogativi.
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