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Gianni Dego, il re del liscio “battezzato” da Pippo Baudo

All’anagrafe si chiama Giovanni Codegoni ma con quel nome non lo conosce nessuno. «Il nome d’arte me l’ha trovato Pippo a un festival di Castrocaro negli anni ’80»

Enrico Ferro
Aggiornato 3 minuti di lettura

Alzi la mano chi conosce Giovanni Codegoni: nessuno. E Gianni Dego? Tripudio. Giovanni Codegoni e Gianni Dego sono, in realtà, la stessa persona. Il primo è il nome all’anagrafe, l’altro è il nome d’arte del Raoul Casadei del Nordest, l’anima delle balere di mezza Italia, il sacerdote del liscio, il mattatore delle orchestre. Gianni Dego ha avuto una vita incredibile, basti pensare che questo soprannome gliel’ha dato Pippo Baudo a un festival di Castrocaro intorno al 1980. «Questo lavoro mi ha dato soddisfazioni immense ma anche grandi dispiaceri. Io volevo arrivare a Sanremo e invece non ce l’ho fatta. Mi facevano un sacco di promesse ma erano solo balle romane». Il 16 gennaio scorso ha compiuto 79 anni, nel 2019 è stato nominato cavaliere della Repubblica. Vive a Candiana (Padova), ma le sue origini portano a Valli di Chioggia.

Gianni Dego 

Due anni fa ha avuto anche la soddisfazione di calcare il palco del programma Rai “The Voice”. Come ci è finito là?

«Cercavano cantanti, mi hanno chiamato. È andata bene, ho fatto un duetto con Albano, abbiamo cantato “Un amore così grande”. Al pianoforte c’era Gigi D’alessio».

Quando ha iniziato a cantare Gianni Dego?

«A circa 16 anni. Abitavo a Valli di Chioggia ma a 7 anni sono partito con mia madre per andare a vivere ad Abbiategrasso. In Veneto ci sono tornato a 41 anni. Ma, insomma, dicevo dei miei 16 anni: in colonia cantavo con le suore. In quegli anni ho cominciato a studiare la fisarmonica e, da quel momento, mi sono potuto esibire anche nelle osterie o alle feste paesane».

Ma l’esordio vero e proprio quand’è stato?

«A 18 anni mi sono presentato in pubblico al primo festival “Voci Nuove” di Abbiategrasso, con la canzone “Giamaica”. Era la prima volta che partecipavo a un concorso del genere e l’ho vinto. Fu un volano pazzesco, misi su un gruppetto con cui andavo a suonare ai matrimoni o a piccole feste. Poi però è arrivato il militare e mi sono dovuto fermare a lungo».

Solo per il servizio militare?

«Presi la tubercolosi, dovetti rimanere fermo quasi due anni. Avevo 20 anni, all’epoca si moriva di quella malattia».

Poi come riprese?

«Nel 1969 partecipo alla finalissima di Castrocaro e va benissimo. Poi finisco al festival Voci Nuove con Pippo Baudo: cercavano talenti. Ho vinto due festival città di Novara, poi il Rana d’oro di Vercelli».

Riusciva a mantenersi con il canto?

«Magari. Ad Abbiategrasso portavo al pascolo le mucche e mi guadagnavo qualcosa. Poi ho fatto il panettiere: facevo 5 chilometri in bicicletta in piena notte, in una strada isolata. Avevo una paura folle e ricordo che cantavo al buio, per farmi forza. Il sabato e la domenica andavo ai concerti con un’orchestrina. Ho lavorato anche in una officina, ho fatto il tornitore, il saldatore in fonderia. Ma tutto senza mai abbandonare il canto».

Quando decolla la sua carriera?

«Prima di parlare di decollo bisogna raccontare un’altra caduta. A 28 anni mi sposo, avevo ricevuto alcune offerte per andare a cantare nelle navi ma i ragazzi dell’orchestra non volevano. Dissi a mia moglie: basta, smetto di cantare. Passarono tre mesi e, vedendomi depresso, lei mi diede l’ultimatum: metti su un’orchestra e vai via di casa».

E lo fece per davvero?

«Per due anni abbiamo campato solo con lo stipendio da infermiera di mia moglie, perché non riuscivo a tirare su nemmeno una lira. Nel 1980 ho detto: vado a Sottomarina e canto lì in spiaggia due o tre giorni. Se non va, torno e vado a lavorare in fabbrica a Vigevano. Fortunatamente fu la svolta».

A Sottomarina?

«Partii il 14 giugno e tornai a fine settembre. Conobbi Claudio Peron, che faceva il liscio in tv. Con lui ho cominciato a fare le serate con un gruppetto di Ferrara. Nel frattempo i miei figli crescevano. Sabrina a 5 anni mi seguiva e canticchiava dietro le quinte. Io facevo avanti e indietro Chioggia-Abbiategrasso. Tornavo ogni 10 giorni. Nel frattempo ho conosciuto un’impresaria parigina che mi volle a cantare a Parigi. Restavo quattro o cinque giorni e poi tornavo ad Abbiategrasso. Questo ho fatto per 10 anni».

Ma chi è Gianni Dego?

«Ho all’attivo 65 cd, due dischi d’oro consegnati a Parigi, un cd d’oro per la canzone del Gratta e Vinci. Sono bersagliere onorario per la “Canzone del bersagliere”. L’ Orchestra Gianni Dego nasce parecchi anni fa. Prima ero “Gianni agli apostoli”, o “Gianni agli abbiatensi”. Il nome Gianni Dego me lo diede Pippo Baudo. Disse: sei bravo ma hai il nome troppo lungo. Giovanni diventa Gianni. E Codegoni, Code, Dego. Ecco: Gianni Dego. Dal 1980 fino al 2020 è andata a gonfie vele. Suonavo in tutta Italia, in Svizzera, in Francia. Poi è arrivato il Covid e ora mi sono fermato. Continuerà mio figlio Jonathan che, dopo avermi seguito per anni, ora suona con l’orchestra veneta “Marco e il clan”. Io a 79 anni ho deciso di smettere. Faccio qualche ospitata ma, per il resto, ho già dato».

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