Omicidio di Matteo Toffanin. Due nuovi indagati. Confermato: ucciso per uno scambio di persona. Ecco le prove
L’uccisione del giovane il 3 maggio 1992 al ritorno da una giornata al mare con la fidanzata. Marino Bonaldo, la vittima designata, davanti ai magistrati
Cristina Genesin
Lo scambio di persona: ai lati Marino Bonaldo, la vittima designata, nel 1990 e oggi. Al centro Matteo Toffanin, lo studente ucciso per errore al posto suo
Per l’insensato omicidio di Matteo Toffanin risultano due indagati, ancora ignari di essere nel mirino dell’autorità giudiziaria a quasi 31 anni dal delitto. Un omicidio insensato perché Matteo è stato doppiamente vittima.
Lo scambio di persona fatale
Vittima di un assassinio e, prima ancora, di uno scambio di persona. Stamattina al quarto piano del Palazzo di giustizia di Padova, nell’ufficio del pubblico ministero Roberto D’Angelo, sarà sentito uno dei protagonisti di quella drammatica vicenda ancora senza un degno finale, Marino Bonaldo, 70enne padovano, una sfilza di precedenti penali, dal traffico di droga alle rapine.
Sarebbe stato lui la vittima designata e, per una serie di circostanze del tutto casuali, sfuggita all’agguato che avviene la sera di una domenica, il 3 maggio 1992.
Cold case: perché è stato riaperto il caso del delitto Toffanin a Padova
Un anno drammatico per l’Italia che “stampa” una delle più feroci pagine criminali firmate dalla mafia: dalla strage di Capaci, in cui perde la vita il magistrato Giovanni Falcone con la moglie e gli agenti di scorta, a quella di via D’Amelio che registra la morte del collega Paolo Borsellino con i suoi “angeli custodi”.
1992: Marino Bonaldo ha 39 anni; Matteo Toffanin appena 23. Il primo, pluripregiudicato in affari con la Mafia di Felice Maniero, abita a Padova nel quartiere Guizza, in via Tassoni 11; il secondo, il figlio che tutti vorrebbero avere, vive in famiglia a Roncaglia di Ponte San Nicolò e frequenta il quartiere Guizza per motivi sentimentali.
In via Tassoni Matteo ci arriva ogni fine settimana – al rientro da Gallarate in provincia di Varese dove studia informatica – per stare con la fidanzata Cristina Marcadella, 25 anni, residente al civico 4, in un condominio di fronte a quello di Bonaldo. Non basta, però, quella semplice coincidenza.
Il destino si mette di traverso
Il destino ci si mette traverso come in una tragedia greca dove al fato non ci si può opporre. La sera del 3 maggio Matteo prende in prestito l’auto dello zio, una Mercedes bianca identica a quella Bonaldo per marchio e colore.
Di più: le due vetture hanno in comune ben tre numeri di targa.
Intorno alle 21.30 il giovane riaccompagna a casa la fidanzata dopo una giornata al mare e si ferma per salutarla davanti all’ingresso della casa di lei.
Scatta la trappola: la vettura è circondata da due sicari che sparano con un fucile a canne mozze e con un revolver calibro 38 special. Cristina, colpita alle ginocchia e alla gamba, si accascia; Matteo è centrato dietro l’orecchio sinistro da uno dei killer che si è avvicinato alla portiera.
Per lui non c’è scampo, mentre i due assassini fuggono a bordo di una Fiat Tipo targata Venezia.
Tocca a Bonaldo
Qualche giorno fa Cristina Marcadella è stata interrogata a oltre tre decenni dalla tragedia che non può dimenticare. Mercoledì 22 tocca a Bonaldo che ha sempre respinto l’ipotesi di uno scambio di persona. Chissà se potrà fargli cambiare idea un briciolo di rimorso per quella giovane vita innocente stroncata al posto suo.
Secondo gli inquirenti di un tempo la causa dell’agguato sarebbe stata una partita di droga mai pagata, gestita da organizzazioni di stampo mafioso. Qualche tempo prima dell’omicidio, Bonaldo era stato trasferito a forza nel capoluogo lombardo e aveva subito una finta fucilazione e il suo negozio di pelletteria era stato crivellato da colpi di pistola.
L’identità degli assassini
All’identità dei possibili assassini, comunque, il pm D’Angelo e la Squadra mobile di Padova, ci sono già arrivati. Tutti e due sono indagati per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione.
Resta il problema di trovare le prove della loro responsabilità. Obiettivo tutt’altro che facile a tanti anni di distanza quando gli strumenti scientifici a disposizione sono sì ben più raffinati di un tempo, ma alcuni reperti non sono più disponibili.
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