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Proteste contro il 41 bis. Veneto, scorte e allerta per il rischio anarchico

Tra Padova e Treviso vivono Nordio, Ostellari e Pinelli, vicepresidente del Csm. Il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria è un obiettivo sensibile

Enrico Ferro
Aggiornato alle 2 minuti di lettura
(ansa)

Il ministro della Giustizia, il sottosegretario alla Giustizia, il vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura e il Provveditorato Regionale dell’amministrazione penitenziaria, tutto in un’unica regione: il Veneto.

È questo il contesto il cui si stanno muovendo gli apparati di sicurezza di fronte al rischio di escalation dei movimenti anarchici, sull’onda della protesta per Alfredo Cospito. C’è un dato di fatto che caratterizza il principio ispiratore di questo dispositivo di sicurezza: le personalità politiche e istituzionali più esposte sul fronte del 41 bis gravitano tutte tra Padova e Treviso.

Questo ha contribuito a far salire ai livelli massimi l’asticella dell’attenzione da parte dell’intelligence, nel continuo scambio di informazioni con le Digos del Veneto e il Ros dei carabinieri. Ma il terreno in cui si muovono analisti e investigatori non è per niente facile, perché il mondo anarchico vive di individualità.

Bisogna quindi prescindere da tutto ciò che caratterizza il monitoraggio dei centri sociali e dei collettivi politici, cioè l’analisi dei gruppi e dei loro punti di ritrovo, le loro dinamiche. In sintesi bisogna dimenticare un concetto fondante per molte indagini in tema di eversione: il cosiddetto “sodalizio”.

L’azione degli anarchici è smaterializzata, difficile da afferrare e, quindi, da prevedere. Difficile anche da quantificare, per le alleanze estemporanee che si creano nel mondo dell’antagonismo. La battaglia per Alfredo Cospito genera una solidarietà diffusa e questo, in termini di prevenzione, complica ancora di più le cose.

Polizia e carabinieri devono necessariamente distinguere due macro gruppi: chi pratica l’anarchismo di piazza e chi, invece, quello sotterraneo. Nel primo caso basta seguire l’onda di protesta contro il carcere duro e la repressione, temi rivendicati anche nelle recenti manifestazioni del Pedro a Padova, o come ieri al Carnevale di Venezia.

Ma le preoccupazioni più grandi sono tutte per l’anarchismo sotterraneo, quello che può sfociare nel rischio di attentati. Bombe carta, raid incendiari, gambizzazioni. La storia recente di questo movimento è eloquente. Per provare a prevenire tocca quindi individuare i possibili simboli.

Uno è certamente il Provveditorato Regionale dell’amministrazione penitenziaria, che si trova a Padova in piazza Castello. È lo snodo amministrativo gestionale delle carceri di tre regioni: Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Attualmente è stato classificato dall’intelligence come un obiettivo sensibile.

Poi ci sono le persone, il ministro alla Giustizia Carlo Nordio che abita a Treviso, il suo sottosegretario Andrea Ostellari a Padova e nella città del Santo c’è anche il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli. Ovviamente tutti e tre hanno la scorta: Nordio e Ostellari della Polizia Penitenziaria, Pinelli dei carabinieri.

«La scorta è la risposta dello Stato a chi usa metodi violenti per affermare le proprie idee», commenta Ostellari, spiegando ciò che comporta questa nuova vita per sé e per i suoi colleghi. Perché non solo Nordio, Ostellari e Pinelli devono convivere con il contingente messo a disposizione per la loro tutela. C’è un ulteriore piano di “sorveglianza dinamica” disposto dal prefetto di Padova Raffaele Grassi e affidato a polizia e carabinieri. Piano adottato anche dal prefetto di Treviso Angelo Sidoti, da cui dipendono le misure di sicurezza per Nordio.

Gli analisti del Viminale non possono ignorare il fatto che l’attentato di matrice anarchica più grave commesso in Veneto in questi ultimi anni è stato proprio a Treviso, contro la sede della Lega. Nelle Digos di Venezia, Padova e Treviso da anni ormai si osservano i legami che alcuni veneti, una sessantina circa, hanno stretto con il movimento No Tav. La lotta contro il cantiere dell’alta velocità è stato una palestra per questi gruppi, che ora possono trasferire la loro battaglia sul fronte del 41 bis.

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