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San Donà. «Il medico Attilio Manca è stato ucciso dalla mafia», il fratello Luca: ora si riaprano le indagini

Le conclusioni della Commissione parlamentare antimafia sulla morte nel 2004 dell’urologo nato a San Donà

giovanni cagnassi
2 minuti di lettura

Il medico Attilio Manca e Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia

 

Attilio Manca, medico urologo nato a San Donà, non si è suicidato, ma è stato ucciso dalla mafia. Lo ha stabilito dopo quasi vent’anni la Commissione parlamentare antimafia facendo luce sulla tragica morte nella sua casa di Viterbo avvenuta l’11 febbraio 2004, a 34 anni.

Nel sangue erano stati trovati alcol etilico, eroina, barbiturici. Il responso ufficiale fu “overdose” e il caso chiuso. Lui, però, non aveva mai fatto uso di stupefacenti e allora si parlò di suicidio, prima di archiviare.

Manca, nato all’ospedale di San Donà, era vissuto qui pochi anni. La famiglia - papà Gino e mamma Angela, insegnanti alle medie di San Stino e Portogruaro, quindi il fratello Luca, più giovane di 3 anni, che oggi vive a Treviso e lavora in Corte d’Appello a Venezia - non si è mai arresa nella ricerca della verità.

Attilio era mancino e la siringa era stata impugnata da una mano destra, oltretutto senza una sola impronta. Hanno chiesto la riapertura delle indagini e oggi finalmente i contorni della tragica vicenda sembrano chiarirsi almeno nel contorno. Dopo dieci anni, Servizio Pubblico aveva svelato una colluttazione, poi un pentito aveva raccontato che un certo Salvatore Rugolo, mandante dell’omicidio di Beppe Alfano, si era infuriato con il capomafia di Barcellona, che sarebbe stato responsabile dell’omicidio di Manca, facendo dei riferimenti anche al boss dei boss Bernardo Provenzano.

Nel 2012 un’intercettazione risalente al 2003 tra amici del boss che parlano del giovane medico: «Faremo fare la doccia al dottore». Gli era stato chiesto di operare Provenzano nel suo bunker e lui aveva rifiutato? Per questo avrebbe pagato con la vita. Ora, la commissione antimafia ha pubblicato il rapporto su Attilio Manca. Le conclusioni portano all’omicidio di mafia. «L’associazione mafiosa che vi ha preso parte è quella facente capo alla famiglia di Barcellona Pozzo di Gotto» vi si legge «Il mandante, il boss Bernardo Provenzano, la ragione: le cure sanitarie richieste dal latitante corleonese». Dopo 19 anni, finalmente, la verità.

«Vorremmo sapere», commenta il fratello Luca «come sono andate veramente le cose. Provenzano chiese una visita urologica nel 2003 a Viterbo per operarsi poi a Marsiglia, dove si trovava mio fratello. Tra il dicembre 2003 e gennaio 2004 si è fatto curare in provincia di Viterbo per il post operazione. Chi era l’urologo che lo visitò? Molto probabilmente mio fratello che non conosceva dapprima la vera identità del boss e che poi, quando lo ha scoperto, si è rifiutato di continuare».

La storia di Attilio Manca era stata raccontata nel 2017 al centro culturale da Vinci, cui aveva partecipato anche il sindaco di San Donà, Andrea Cereser. Era emerso che il giovane urologo, specializzato nella tecnica laparoscopica, poteva essere stato testimone dell’intervento alla prostata di Bernardo Provenzano in una clinica di Marsiglia e poi averlo visitato. Firmando la sua condanna a morte.

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