Cambiamento climatico, aumenta lo scetticismo online
Ricerca dell’Università di Venezia indaga l’efficacia della comunicazione sul web. I contenuti dei No Climate change sono super condivisi. Sotto accusa i movimenti: «Proteste controproducenti»
Maria Ducoli
Una manifestazione a Venezia
Guardare in faccia il problema e voltarsi dall’altra parte, negarlo, puntare al cospirazionismo, o semplicemente dire che i problemi sono altri. È quello che succede su Twitter in fatto di emergenza climatica e che una ricerca guidata dal The Alan Turing Institute – a cui ha partecipato anche l’Università Ca’ Foscari – ha messo in risalto.
Il pianeta soffre, il ciclone dei giorni scorsi che ha lasciato il litorale in ginocchio ne è un esempio, così come il caldo anomalo dello scorso ottobre, l’acqua alta eccezionale prevista martedì 22 novembre da cui il Mose ci ha protetti.
Episodi come questo accadono sempre più spesso e sappiamo bene come non si tratti solo di cambiamento climatico, ma di una vera e propria emergenza, per la quale è necessario un cambio di rotta immediato nei comportamenti di ciascuno.
Eppure, ancora qualcuno non ci crede. Nonostante la realtà sia davanti ai nostri occhi, al di là delle finestre da cui contempliamo la distruzione ambientale che avviene quotidianamente.
Lo studio, pubblicato su Nature Climate Change, ha analizzato i tweet pubblicati dal 2014 al 2021 durante le conferenze annuali Cop, la cui ultima edizione si è chiusa pochi giorni fa in Egitto.
Le ricercatrici e i ricercatori hanno scoperto che i tweet degli scettici sono stati condivisi 16 volte di più durante la conferenza Cop26 di Glasgow rispetto alla Cop21 di Lima.
Anziché diffondere consapevolezza in merito alle tematiche ambientali, ad essere condiviso è lo scetticismo. I social non sono solo delle piazze, ma delle vere e proprie casse di risonanza, dove uno stimolo può rimbalzare pericolosamente.
«Una possibile spiegazione dell’aumento di questa tendenza negli ultimi anni» afferma Fabiana Zollo, ricercatrice all’Università Ca’ Foscari e co-autrice dello studio, «può risiedere nella reazione di opposizione a gruppi di attivisti come Extinction Rebellion e Just Stop Oil, le cui azioni hanno portato la crisi al centro dell’attenzione».
Secondo gli studiosi, infatti, l’aumento della condivisione di questi tweet va di pari passo all’incremento delle attività dell’estrema destra contraria all’azione climatica.
Ciò che condannano è principalmente l’ipocrisia celata dietro i summit sul clima: ci si siede e si discute sul Pianeta che va a rotoli e sulle misure da mettere in atto per compiere una manovra salvavita da primo soccorso, ma si è arrivati lì probabilmente su jet privati, che tutti sappiamo essere altamente inquinanti.
Le ricerche precedenti mostrano come questi contenuti siano virali, facendo letteralmente impazzire il web. Tuttavia, non è la denuncia dell’ipocrisia delle istituzioni ad essere un problema, quanto la negazione del dramma ambientale di cui siamo spettatori e artefici.
«L’aumento significativo dello scetticismo climatico online è davvero preoccupante. È importante che i decisori continuino a cercare modi per assicurare che i contenuti condivisi online siano affidabili», conclude Andrea Baronchelli del Token Economy Lead al Turing Institute.
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