In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Unabomber, inchiesta riaperta: in campo Ris e Scientifica

La Procura di Trieste ha incaricato gli investigatori di polizia e carabinieri. Si parte da tre reperti-chiave: capelli e peli rilevati in tre attentati

Enrico Ferro
Aggiornato alle 2 minuti di lettura
Il capello bianco isolato dopo i rilievi 

Un capello bianco trovato vicino all’uomo esplosivo nel supermercato “Il Continente” di Portogruaro, altri due capelli trovati sul luogo di un attentato a San Stino di Livenza e poi dei peli rimasti attaccati al nastro adesivo di un altro ordigno. Dopo 28 anni si riparte da qua, da questi reperti sopravvissuti al tempo e al mistero. Oggetti raccolti da investigatori reclutati da cinque procure, che però all’epoca non disponevano delle tecnologie che oggi caratterizzano le investigazioni scientifiche.

Il tubo recuperato sul luogo di un attentato 

Le chiavi del mistero

La banca dati del Dna, per esempio. Nacque ufficialmente nel 2009, lo stesso anno in cui venne smantellato il pool di Unabomber. Una coincidenza che ha innescato una deduzione, nella cornice dell’inchiesta giornalistica fatta da Marco Maisano, autore del podcast edito da Gedi.

«A nessuno è mai venuto in mente di inserire alcuni reperti in questa banca dati» ha spiegato Maisano. «Quando ne ho parlato con il procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo, lui mi ha detto: io reperti sono nell’archivio. Se me li trova…». Come dire: prego, si accomodi.

I faldoni in magazzino 

La ricerca nel magazzino

Ecco quindi come nasce il lavoro di ricerca in una stanza umida e ammuffita del porto di Trieste, tra decine di scatoloni di cartone. Lì c’erano quelle che potrebbero rivelarsi le chiavi per risolvere un mistero che dura da 28 anni. Unabomber, così era stato battezzato il bombarolo che tra il 1994 e il 2006 ha terrorizzato il Nordest con 34 attentati e una scia di persone mutilate.

L’indagine sviluppata in quegli anni non aveva portato a nulla, per tutti era rimasto semplicemente un fantasma. Dal 1994 al 2009 il solo condannato è un poliziotto e l’unica persona su cui si erano concentrate le indagini ha avuto una archiviazione totale.

In campo Ris e Scientifica

Una volta recuperati i reperti, Maisano ha scritto una lettera ufficiale e l’ha firmata insieme alle due vittime: Francesca Girardi e Greta Momesso. Così è stata chiesta ufficialmente la riapertura del caso. Richiesta accolta dalla Procura di Trieste, che ieri ha attivato sia il Ris dei carabinieri che la Scientifica di Padova, in quanto gabinetto interregionale.

Nei prossimi giorni i reperti verranno passati al setaccio dagli investigatori, coordinati dal procuratore capo Antonio De Nicolo e dal sostituto procuratore Federico Frezza, coassegnatari del fascicolo che sarà aperto a carico di ignoti. La speranza è che la scienza e la tecnologia possano fornire indizi nuovi, utili a dare finalmente un volto a Unabomber.

La “pista” del militare di Aviano

La banca dati del Dna, quindi. «In banca dati non ci deve per forza essere lui, basta anche un parente. Poi, da quello, si può risalire a lui», chiarisce il giornalista autore del podcast. C’era però una teoria che si diffuse, a un certo punto. Che il bombarolo potesse essere un militare americano di stanza alla base di Aviano. Fosse davvero così, la speranza di trovare corrispondenze in banca dati si ridurrebbero al lumicino. Ma in merito a questo Maisano ha maturato una convinzione: «Non ho mai creduto troppo alla pista del militare straniero. Credo che le prime bombe siano state confezionate da un gruppo di persone. Da questo gruppo, poi, si è staccato un individuo che ha continuato da solo».

I commenti dei lettori