Nuovo hospice pediatrico per il Nordest. Lia, Adam e Gabriele. «Per noi un riferimento»
La testimonianza di tre adolescenti e gli scherzi con Moreno Morello. Benini: «Previsto un aumento del 5 per cento dei bambini con queste patologie»
Simonetta Zanetti
Moreno Morello con Lia, Adam e Gabriele
La dolcezza di Lia, la faccia tosta di Adam, il contegno di Gabriele. Sono loro, i simboli della necessità di dotare Padova, per il Veneto e non solo, di un Hospice Pediatrico con Centro regionale per le cure palliative e la terapia del dolore pediatriche.
Protagonisti, con la sapiente “spalla” di Moreno Morello – che riempie i silenzi di risate –, dell’avvio della campagna di fundraising. Senza retorica e falsi pudori, richiamano l’attenzione sulle loro storie, simbolo di centinaia di ragazzini – solo in Veneto – malati per sempre.
Sorridenti e consapevoli
Consapevoli, sorridenti malgrado a ferirli non sia stata solo la malattia, «alle medie ho cominciato a parlare con alcuni compagni che conoscevo già all’asilo, ma alle elementari restavo molto da solo» rivela con leggerezza Adam, di Pramaggiore, all’Orto Botanico assieme ai suoi compagni di classe in un’operazione tra il sostegno, la condivisione e una nuova consapevolezza.
Morello scherza, racconta che Adam gli ha chiesto quanti anni gli dava – «so di dimostrarne 8, ma ne ho 13», la sua risposa ironica «del resto sono anche il più basso della classe» –, quindi l’inviato di “Striscia” gli chiede di indicare «qualcuno particolarmente facinoroso, livoroso» tra i compagni «che io vado e lo intervisto» e Adam gioca seriamente, sempre sorridendo.
E parlando di gioco dice che gli piace il calcio, ma può giocarci poco e solo con palloni morbidi perché è affetto da epidermolisi bollosa e all’Hospice ci va per “lavarsi”: sembra assurdo ma nelle sue condizioni è un’ operazione dolorosissima. La sua malattia, infatti, è nota anche come “sindrome dei bambini farfalla” la cui pelle è fragile come le ali di una farfalla.
Il sorriso di Lia
Lo precede Lia, studentessa di prima liceo in Scienze umane a Montebelluna, un sorriso grande così mentre le sue nuove compagne di classe ne tessono le lodi e mentre racconta la sua vita da una sedia a rotelle, con l’atrofia muscolare.
Eppure il suo messaggio è per gli altri: «Vedo che le persone sono curiose, ma spesso non mi chiedono della mia condizione per non creare imbarazzo, vorrei che sapessero che non mi dà fastidio, che una parte di me è contenta se lo fanno, una parte di me è contenta anche della malattia» conclude mentre qualcuno in sala si soffia il naso sopraffatto dall’emozione.
L’ascensore di Gabriele
In collegamento da Mogliano c’è Gabriele, 14 anni. È rimasto a casa, bloccato dall’ascensore che non funziona. «Se entro le 17 non viene il tecnico avvisami che arrivo con le telecamere di Striscia» scherza Morello. Anche Gabriele si sofferma sul rapporto con gli altri, sulle domande fatte e quelle che le persone temono di fare: «Ricorro all’autoironia per mettere le persone a loro agio» dice.
Gioca a weelchair soccer e hokey: «Da allora la mia vita è cambiata, lo sport è fondamentale, soprattutto per chi è introverso, per non passare tutto il giorno davanti alla playstation». Affetto da miopatia, da 11 anni è conoscenza dell’Hospice. Come Lia sottolinea l’importanza di sapere che «se hai bisogno c’è sempre».
A tratti si ride e per lo più si cerca di non commuoversi di fronte alla forza di questa normalità conquistata.
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La professoressa Franca Benini, che dirige il Centro, ascolta i “suoi” ragazzi, sorride e quindi ringrazia «chi ha reso possibile questa giornata speciale, per i bimbi e le loro famiglie» laddove «la ricerca ha reso possibile risultati un tempo considerati miracolistici. Bambini che prima non avevano possibilità ora vivono, ma non si può non prenderli in carico. Perché oggi siamo di fronte a malattie dalle quali non guarisci, ma con le quali puoi vivere bene».
Sulla scia dei risultati raggiunti dalla scienza, ora la sfida si sposta sulla qualità della vita offerta ai malati: «La presa in carico ha un obiettivo che dovrebbe essere anche quello della scienza tutta, ovvero vivere bene, perché la salute è fatta di tante cose, tra cui anche la socialità» aggiunge Benini ricordando che il primo ad avere l’intuizione sulle necessità di questi piccoli malati fu, 35 anni fa, il professor Franco Zacchello, fondatore del Dipartimento di Pediatria «ed è importante procedere con il nuovo Hospice perché si prevede che ci sarà un aumento annuo del 5% dei bambini con patologie che hanno questo tipo di esigenze, per cui diventa importante cercare una salute diversa».
Dal canto suo Morello svela: «Sono qui per mantenere l’ordine pubblico perché si aspettano una corsa ai finanziatori: tutti offriranno un sacco di soldi». La sfida è lanciata. —
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