Dalla provincia di Padova al grande e piccolo schermo: Francesca Bozza, l’arredatrice delle serie tv
Francesca Bozza, 39 anni: «Mi sono presentata sul set della serie di Guadagnino e da lì è cominciato tutto»
Enrico Ferro
Francesca Bozza, 39 anni, di Bagnoli di Sopra, gestiva una fioreria a Monselice ma gli affari andavano così così. Allora decide di vendere e di ricominciare da capo. Ma da dove? E facendo cosa?
Allora Francesca si affaccia nell’ex base militare di Bagnoli di Sopra, dove Luca Guadagnino stava girando We are who we are, la serie prodotta da Wildside per Sky-Hbo. Porta un curriculum, si dice disponibile a sbrigare qualche incombenza. E da un’incombenza all’altra, adesso questo è diventato il suo lavoro: allestire le scenografie per film e serie televisive.
«Sono passati tre anni e mezzo e non mi sono mai fermata. Non mi sembra ancora vero, che questo sia diventato il mio mestiere», dice raggiante.
Francesca Bozza, cosa fa precisamente?
«Io sono una buyer di arredamento per il reparto scenografia. Lo scenografo decide, io reperisco il materiale che serve: arredamento, oggetti che caratterizzano l’ambiente. Non gli oggetti che toccano gli attori, di quelli si occupa il “reparto Props”».
Ma per chi lavora?
«Ogni film è di una produzione cinematografica diversa ed è la produzione che ti chiama. Io non ho un datore di lavoro, non uno solo diciamo. Sono parte di una squadra che lavora per alcune produzioni. Adesso è la Viola Film, prima era The Apartment».
Quindi, tecnicamente, non è un’assunzione a tempo indeterminato.
«È un giro di gente che lavora sempre insieme, ma a livello amministrativo ti assumono da 3 a 6 mesi per volta. Addirittura le produzioni americane ti assumono contando le settimane di lavoro».
Lei ha o no la sicurezza di un lavoro?
«Quando sei dentro il giro lavori sempre. Chiamiamolo capitale umano».
Si guadagna bene?
«Tanto, sì. Non mi va di dire la cifra esatta ma ne vale la pena, ecco. Però bisogna essere disposti a stare sempre fuori casa. L’unico periodo tranquillo è quello che va da dicembre a marzo, per il resto si gira l’Italia».
Per esempio ora dove si trova? E a fare cosa?
«Sono a Lucca per una serie americano-tedesca della Paramount+. Uscirà il prossimo in 7 puntate. Sono stata quasi tutto l’anno a Roma e chiuderò a Torino».
A quali serie ha lavorato finora?
«Dopo quella di Guadagnino ho lavorato per una serie di Sky, si chiamava “Paradiso”. Poi per una tv tedesca, nella produzione del film “Il nemico del mio nemico”. Ho lavorato alla prima stagione della serie Rai “Lea un nuovo giorno”, al film “Amusia” e a “Without Blood” diretto da Angelina Jolie. L’ho vista da vicino. Abbiamo fatto riunioni insieme. È una donna stupenda. E sua figlia è il riassunto di lei e Brad Pitt, davvero una meraviglia».
Per esempio ora dove si trova? E a fare cosa?
«Sono a Lucca per una serie americano-tedesca della Paramount+ . Uscirà il prossimo in 7 puntate. Sono stata quasi tutto l’anno a Roma e chiuderò a Torino».
A quali serie ha lavorato finora?
«Dopo quella di Guadagnino ho lavorato per una serie di Sky, si chiamava “Paradiso”. Poi per una tv tedesca, nella produzione del film “Il nemico del mio nemico”. Ho lavorato alla prima stagione della serie Rai “Lea un nuovo giorno”, al film “Amusia” e a “Without Blood” diretto da Angelina Jolie. L’ho vista da vicino. Abbiamo fatto riunioni insieme. È una donna stupenda. E sua figlia è il riassunto di lei e Brad Pitt, davvero una meraviglia».
Com’è frequentare queste persone del mondo dello spettacolo?
«Attenzione: io non ho alcun rapporto con gli attori. Io dialogo con i registi e con i capi reparto».
Quante lingue conosce?
«Inglese e francese, molto bene. Quando ci sono reparti misti è fondamentale conoscere più lingue».
Com’è composto il suo reparto?
«Siamo una ventina di persone, tra grafici, arredatori. Io sono nel reparto “arredo”, poi c’è il settore “art department” che ha un altro capo e infine il gruppo “Props” con il suo dirigente».
Provi a spiegare bene cosa fa.
«Lo scenografo ti presenta il progetto che ha avuto dal regista. Con l’arredatore creano l’ambiente e scelgono i colori dei materiali e dei tessuti. Io devo trovare la roba che serve».
È impegnativo?
«Nei film contemporanei è semplice, ma Without blood è ambientato in Messico tra gli anni ’30 e gli anni ’60. Questa è la parte difficile, perché devi essere coerente con l’epoca».
Dunque chi sono i suoi interlocutori per gli acquisti?
«Antiquari, rigattieri, collezionisti. A Solesino, per esempio, c’è una persona che ha una collezione pazzesca di protesi da guerra. C’è davvero un mondo».
Che titolo di studio ha? E che titolo di studio serve per fare questo lavoro?
«Io mi sono laureata al Dams di Padova. Per fare questo lavoro sicuramente aiuta una laurea artistica. Ma, a mio avviso, se sei portato e hai gusto, non è indispensabile. Una cosa ci tengo a dirla».
Prego.
«Dicono che con arte e cultura non si mangia. Non è così, non sempre. Qua mancano un sacco di figure: i falegnami nei set guadagnano bene. E non si trovano. Ci sarebbe tanta fame di gente che fa certi lavori. Fatevi avanti».
Lei vive praticamente in albergo dai 6 agli 8 mesi l’anno. Ce l’ha una vita privata?
«Ho un compagno molto paziente che mi aspetta. Stiamo insieme da 15 anni, non abbiamo figli. E comunque ora il mio sogno è comprare casa a Bagnoli di Sopra, il mio paese. Da ragazzina pensavo: andrò a vivere a New York. Ora che sono via di casa così tanto tempo, voglio Bagnoli. Anzi, Bagnolliwood».
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