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Una Lega al veleno. Tonin: «Tessere in massa per vincere i congressi»

La disfatta elettorale in Veneto inasprisce i rapporti nella Lega fra salviniani e zaiani. Nel Padovano il “vicesegretario sulla carta” denuncia una manovra per conservare il potere

Filippo Tosatto
2 minuti di lettura

Paolo Tonin, vicesegretario della Lega padovana, a destra Roberto Marcato con Marcello Bano

 

Militanti sconosciuti che spuntano come conigli dal cilindro di un prestigiatore alla vigilia dei congressi di sezione, just in time per influenzare gli equilibri interni in favore della corrente salviniana. È il nuovo fronte che infiamma la Lega e dar fuoco alle polveri, stavolta, è un veterano dai modi abitualmente pacati, Paolo “Fantomas” Tonin di Campo San Martino, numero due del partito nel Padovano: «Ma solo sulla carta» lamenta «perché la maggioranza mi tiene all’oscuro e apprendo le decisioni a giochi fatti».

In passato la “promozione” da semplice socio a militante con pieni diritti richiedeva un anno di apprendistato scandito da gazebo, volantini e manifestazioni, con valutazione finale da parte dei dirigenti di base.

«Adesso, invocando il diritto alla privacy, ci comunicano un elenco di nomi poche ore prima di votare. Persone ignote ai più, non c’è tempo né modo di verificare chi siano e in ogni caso è inaccettabile rilasciare la tessera a chi non ha lavorato per il partito».

L’obiettivo? «Garantire la conservazione del potere ai nominati, ai soliti noti che fanno il bello e il cattivo tempo. Io non chiedo la testa di nessuno ma esigo trasparenza, nel Veneto siamo reduci da una disfatta elettorale senza precedenti e al riguardo esistono precise responsabilità: una discussione congressuale libera e approfondita è urgente doverosa».

L’allusione corre anzitutto all’assemblea cittadina di Padova – dove a contendersi il timone saranno Federica Pietrogrande, sostenuta dalla triade Stefani-Bitonci-Ostellari e Davide Favero, espressione dell’ala che fa capo a Luca Zaia e Roberto” bulldog” Marcato – ma episodi controversi sono segnalati anche in provincia.

 «A Tombolo» sbotta Tonin «il segretario è stato eletto con i voti determinanti di otto, nove militanti comparsi all’improvviso»

C’è un altro focolaio. Lo statuto leghista, avverte ufficiosamente via Bellerio, esclude dalla corsa alla segreteria regionale quanti detengano cariche amministrativa di livello sovracomunale o in città capoluogo. Decriptato: disco rosso a Marcato (assessore a Palazzo Balbi) e a Mario Conte (sindaco di Treviso), gli sfidanti più accreditati al commissario Alberto Stefani.

«Spero sia uno scherzo di cattivo gusto» è il commento di Marcello Bano «Di che norme statutarie vanno cianciando, se non esiste ancora un regolamento per i congressi provinciali? O forse gli unici eleggibili sono i parlamentari? Se così fosse, la nostra polemica diventerebbe contestazione aperta, senza escludere manifestazioni clamorose».

Il battagliero sindaco di Noventa Padovana è convinto che i colonnelli veneti di Matteo Salvini cerchino in ogni modo di scongiurare il redde rationem («Consensi dimezzati, siamo stati surclassati dalla destra, sanno che la stragrande maggioranza dei militanti li boccerebbe») ma diffida dei contestatori dell’ultima ora.

 «La differenza corre tra chi mantiene una linea corretta da sempre, correndo i rischi conseguenti sul piano politico, e quanti si svegliano soltanto ora, perché sono stati esclusi dalle liste».

Morale della fiaba leghista? «Un congresso aperto, senza trucchi e senza inganni, eleggerebbe Roberto a larga maggioranza. Lo sappiamo noi, lo sanno loro. Né Roma né Bruxelles e neppure Milano riusciranno a privare i leghisti veneti del diritto a scegliere liberamente il loro leader. Non è una minaccia, è una promessa alla nostra comunità». Pax vobiscum.

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