Vince il concorso per un posto in pronto soccorso in Friuli, ma il medico rifiuta. «In Veneto si sta meglio»
Pur avendo superato la selezione – peraltro è stato l’unico a partecipare– dirà «No, grazie, inVeneto mi sembra di essere in paradiso, non pensavo mi sarei trovato così bene». La storia del diabetologo Ciro Antonio Francescutto
Martina Milia
In piena estate aveva annunciato l’addio all’Azienda sanitaria del Friuli occidentale. Con la moglie e collega aveva scelto di lasciare il posto fisso e andare a lavorare nella sanità veneta, seppure a malincuore.
Ora, due mesi dopo, un colpo di scena, ma solo apparente: Ciro Antonio Francescutto, già diabetologo a Maniago, potrebbe andare di diritto a lavorare in pronto soccorso a Pordenone.
Pur avendo superato la selezione – peraltro è stato l’unico a partecipare, mentre i profili ricercati erano cinque – dirà “No, grazie”. Di mezzo c’è un contenzioso con l’ex azienda e il fatto «che in Veneto mi sembra di essere in paradiso, non pensavo mi sarei trovato così bene. A Pordenone? Potrei tornare, ma solo se mi volessero davvero. Vedremo in futuro».
L’Azienda sanitaria aveva ripubblicato l’avviso di selezione per la raccolta di disponibilità di cinque medici da destinare alla Struttura complessa del Pronto Soccorso e della Medicina d’urgenza. Un avviso andato deserto una prima volta e che, ripubblicato, ha visto la partecipazione solo di Francescutto.
«Avevo partecipato – ha chiarito il medico, punto di riferimento anche di tanti sportivi – prima di andare a San Donà di Piave, pensando che magari avrei potuto non trovarmi bene».
Non solo: «Quasi vent’anni fa avevo lavorato in pronto soccorso e mi era piaciuto molto. Allora però non avevo i titoli (la specializzazione in medicina interna) necessari per proseguire e quindi l’esperienza si limitò al lavoro stagionale. Adesso li ho e non nascondo che mi piacerebbe lavorare in quel contesto. Ho comunque già comunicato, per ora oralmente, che non rientrerò».
A ostacolare un ritorno, tuttavia, un rapporto non facile con l’azienda e il fatto che «in Veneto mi trovo davvero bene. Mi spiego. Qui vedo dieci persone in una giornata, posso dedicare a loro l’ascolto necessario nella cura.
In Friuli – ricostruisce Francescutto – ne vedevo anche 40 in un giorno. A Pordenone era come lavorare in catena di montaggio, ero diventato un distributore di pastiglia, ma io non voglio essere un burocrate o un farmacista.
Il diabete si cura lavorando sullo stile di vita delle persone, facendo fare loro attività fisica, cambiando l’alimentazione non solo con le pastiglie: sennò basta un farmacista».
Per il medico non si tratta tuttavia di un “mai più” a Pordenone. «Non è che non voglio più lavorare nel Pordenonese, ma oggi non ci sono le condizioni. Magari più avanti si creeranno, vedremo».
Intanto l’area delle emergenze dell’ospedale dovrà fare nuovamente i conti con un avviso andato deserto e con l’insufficienza di medici nella prima linea della sanità.
Articolo tratto dal Messaggero Veneto
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