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Raccontare e spiegare a tutti il cambiamento climatico, l’impegno con i nostri lettori

Da mesi documentiamo la situazione in Veneto, terra che dovrebbe avere una visione ma non ce l’ha. La politica dei cerotti e l’incapacità di capire l’urgenza del momento, oltre l’emergenza

PAOLO CAGNAN
2 minuti di lettura

PADOVA. «Vedi gli escursionisti lassù, quei puntini? Speriamo siano equipaggiati a dovere». Alessandro Darman, capostazione Cnsas della Val Pettorina, si gira e indica. Siamo atterrati sul Pian dei Fiacconi con un elicottero di Air Service Center decollato da Fiames, una sosta a Boscoverde: atterrati su un plateau di roccia nuda.

Siamo a 2750 metri, e non serve quasi abbigliamento da montagna. Siamo qui per documentare l’agonia del ghiacciaio, ma anche per andare oltre: dire che i ghiacciai si sciolgono è una banalità, raccontare cosa ciò comporta, beh... è già tutta un’altra cosa.

Marmolada, destino segnato per il ghiacciaio della Regina delle Dolomiti

E’ stato un inverno tra i più siccitosi degli ultimi trent’anni. Poca, pochissima neve. Ma anche poca pioggia. Lo abbiamo scritto per tempo: sarà un’estate tremenda, i guai della montagna caleranno rapidi e precisi in pianura e torneremo a parlare in maiuscolo, fingendo di non capire cosa stia accadendo.

Siamo il Paese delle emergenze, chiaro. La nostra incapacità di risolvere problemi strutturali è nota, ma si fa finta di non vederla. Sì, certo, la siccità. Ci sono i negazionisti climatici che dicono “d’estate è sempre stato così” e le categorie economiche che chiedono contributi eccezionali, piani ad hoc. E schei. Alla fine, sempre lì andiamo a parare. Schei.

La rete degli acquedotti è un colabrodo, ma pazienza. Il modello della nostra agricoltura sarebbe da rifondare, ma chi ci mette mano?

E così via via, oscilliamo tra la sagra delle banalità e la politica dei cerotti. Di questo ci occupiamo da mesi. Un impegno editoriale chiaro, forte, messo in campo formalmente a inizio anno, ma che parte da lontano: dalla nostra storica sensibilità verso le problematiche legate all’ambiente e alla sostenibilità, in una terra che si è “magnata fora tutto” in termini di suolo.

Eravamo lassù in Marmolada due settimane fa per occuparci di questo: se il Po è in secca, lo è anche perché un terzo delle sue acque proviene dallo scioglimento dei ghiacci in quota. Ma non si tratta solo di comprendere il cambiamento climatico, e di chiedersi quali siano le strategie di adattamento.

Qui, sul ghiacciaio, si sciava regolarmente anche d’estate: qualcuno se lo ricorda? In alcuni Paesi dell’area germanica innevano artificialmente con i cannoni anche sopra i tremila: a queste follie siamo arrivati.

Mentre le esangui stazioni sciistiche di media quota, dove ormai la neve naturale è una chimera, si tengono su con lo spago, a colpi di contributi pubblici nell’incapacità manageriale di disegnare un altro tipo di turismo, che abbandoni la monocultura dello sci per allargare l’offerta alla pluristagionalità e a una diversa fruizione della montagna. Più naturale, certo meno energivora.

Poche ore fa erano tutti a Canazei, patria del dolore. L’Italia non ha nemmeno un piano sull’adattamento climatico, né ce l’ha il Veneto.

Ecco, sono queste le cose che vi stiamo raccontando da mesi, con una serie di inchieste - in sinergia con il progetto Adaptation Webdoc.

Sempre che interessi.

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