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Cambiamento climatico, la campagna dell’arte per l’ambiente: ora cerchiamo soluzioni insieme

Premi, concorsi e opere: la letteratura vuole costruire una nuova coscienza ecologica collettiva. Il Grambrinus, il Giorgio Lago ma anche il Campiello dalla parte della Terra. Climate ChanCe compie dieci anni e pensa alle azioni per riadattarsi

Sergio Frigo
3 minuti di lettura
Lo scioglimento di un ghiacciaio, emblema del cambiamento climatico in atto 

VENEZIA. L’emergenza ambientale si sta imponendo come uno dei temi emergenti nella letteratura contemporanea, e sono sempre più numerosi anche dalle nostre parti i premi e i festival letterari che hanno scelto di concentrare la loro attenzione su questi contenuti, seguendo l’invito più o meno esplicito di scrittori che da tempo ne hanno fatto il filo conduttore della loro opera: da Amitav Ghosh, che ne “La grande cecità” sostiene che gli autori contemporanei dovrebbero smascherare le ragioni profonde del cambiamento climatico, ragioni che con la loro adesione al sistema di valori egemone essi stessi contribuiscono inconsciamente a diffondere, a Jonathan Franzen che in “E se smettessimo di fingere?” spiega che solo prendendo atto che la catastrofe climatica non è più evitabile possiamo prepararci ad affrontarla; o ancora Margaret Atwood, Jonathan Safran Foer, e gli italiani Bruno Arpaia, Laura Pugno, Francesco Pecoraro, Wu Ming 1.

Alla base di quella che si definisce “climate fiction”, accanto naturalmente all’ispirazione letteraria, c’è la convinzione che a promuovere la maturazione di una coscienza ecologica nella grande opinione pubblica siano importanti, almeno quanto la diffusione dei dati sull’aumento delle temperature o lo scioglimento dei ghiacciai, anche delle buone pagine di letteratura che riescano a coinvolgere emotivamente il lettore.

Nel Veneto al Premio Gambrinus-Mazzotti – che da tempo nella sezione Ecologia e paesaggio premia opere incentrate sulla salvaguardia dell’ambiente – si è affiancato dallo scorso anno il Premio Rigoni Stern, che ai tradizionali contenuti legati allo scrittore altopianese ha aggiungo nel bando “la conoscenza e la consapevolezza dei valori naturali dell’ambiente montano e le sue relazioni con l’antropizzazione e la crisi climatica”.

Anche il premio “racCONTA LA MONTAGNA” dell’Università Unimont di Milano si sta spendendo molto sul tema del cambiamento climatico, mentre il Premio Cortina rilancia la tradizione del Bosco delle parole, che vede i vincitori piantare dei pini cembri alle pendici delle Cinque Torri.

Ma non sono solo i concorsi legati alla montagna ad occuparsi dei temi ambientali: il premio per giovani aspiranti giornalisti dedicato a Giorgio Lago ha appena archiviato un’edizione dedicata all’inquinamento nelle nostre regioni, e anche il Premio Campiello sta lanciando con Venice Gardens Foundation un nuovo riconoscimento rivolto ad opere di narrativa, saggistica e poesia strettamente connesse alla Natura.

E proprio domenica 19 giugno si è svolto sul lago della Burida, nel Pordenonese, il quarto Festival della Letteratura Verde, “un momento di incontro culturale e di letture – lo definiscono gli organizzatori della Samuele Editore – per promuovere un avvicinamento alla propria interiorità partendo da un’immersione nella natura e nelle parole ad essa dedicate”.

L’antesignana di queste iniziative ha avviato proprio sabato 18 giugno sera nel Serra dei Giardini della Biennale a Venezia, nell’ambito dell’Art Night, le celebrazioni per il suo decennale.

Parliamo del Concorso di comunicazione e creatività “Climate ChanCe”, promosso dal Centro Universitario Teatrale Shylock con il coinvolgimento di Ca’ Foscari, del Ministero, del Comune e della rete Europe Direct e di varie associazioni, che con lo spettacolo di voci e suoni “Raccontare il clima che cambia, tra pandemia e guerra” ha riproposto alcuni elaborati selezionati nei dieci anni del premio.

«All’inizio ci arrivavano soprattutto opere letterarie con contenuti catastrofisti», spiega la direttrice Bianca Nardon, «ma nella selezione di quest’edizione ci è sembrato più utile privilegiare dei racconti che anticipavano la realtà attuale e che già cercavano di individuare delle soluzioni possibili ai problemi che puntualmente abbiamo di fronte oggi, in cui ormai la parola d’ordine non è bloccare il cambiamento climatico ma adattarvisi: non a caso tutti gli autori nel frattempo hanno intrapreso delle professioni inserite in questo ambito».

Accompagnati dalle letture di Sabina Tutone e dalla musica di Valentina Fin e Marco Centasso, nella Serra dei Giardini della Biennale sono intervenuti Cristina Barberis Negra (con il racconto “Vento da sud”, in cui si anticipava già un decennio fa un mondo arido e surriscaldato, in cui anche salvare la sopravvivenza di una piccola pianta era fondamentale), Maria Francesca Silvestre (con “Quel che resta”, in cui si delineava una realtà funestata da continui eventi estremi), Danilo Zagaria (con “Singolo impegno collettivo”, in cui si analizzava il confronto tra impegno individuale e valori collettivi), Chiara Cavalieri (con “Controcorrente”, in cui si raccontava l’esperienza possibile di adattamento della pianura veneta) e Amelia De Lazzari (autrice delle poesie “Acqua”, “Foresta” e “Dillo alla luna”, in cui traspariva la passione per gli elementi della natura in contrasto col comportamento dell’uomo).

«Negli ultimi anni però», conclude Bianca Nardon, memore della lezione di Ghosh, dubbioso sulle capacità della scrittura di strappare il velo di indifferenza su questo tema cruciale per il futuro dell’umanità, «abbiamo voluto esplorare anche altre forme espressive, dalle arti figurative ai video, alle installazioni, alla street art, a cui sarà dedicato il nostro prossimo evento per il decennale, a settembre, che precederà il concorso vero e proprio che si chiuderà ai primi di dicembre».

Fra le idee che sta accarezzando la direttrice c’è anche l’organizzazione di veri e propri corsi di sopravvivenza alle sempre più frequenti ondate di calore e agli eventi climatici estremi. Intanto nello scorso fine settimana, sempre nell’ambito dell’Art Night, un’altra artista-attivista – Freak Of Nature, al secolo la vicentina Federica Agnoletto – ha coniugato a suo modo il tema degli effetti drammatici dell’attacco sconsiderato portato dall’uomo alla natura, con due performance nel cortile di Ca’ Foscari e ai Giardini di Sant’Elena

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