Lupi, otto branchi nel Bellunese, ma il carnivoro si adatta e cambia le sue prede
Dal Feltrino alla Val di Zoldo, ecco la mappa provinciale. Alla fine della cucciolata primaverile ci saranno 80 esemplari

Un esemplare di lupo, che negli ultimi anni è tornato a popolare le Dolomiti
BELLUNO. Sempre più lupi nel Bellunese? Gli ultimi avvistamenti sono avvenuti sul fronte orientale, sopra Erto, e su quello meridionale, sulle pendici del Grappa. Le prossime cucciolate potrebbero portare a una presenza di una ottantina di predatori nel territorio provinciale.
Presenze sul confine
Cervi sbranati, prima a Cimolais e poi vicino alle case di Erto. La paura dei residenti ha subito preso il sopravvento, tanto che il sindaco di Cimolais, Davide Protti, si è visto costretto a tranquillizzare attraverso un avviso pubblico: «Il lupo agisce soprattutto di notte e non attacca l’uomo. Cerchiamo di stare in guardia, ma senza allarmismi. Gli animali domestici vanno protetti il più possibile, cani compresi. Sarebbe meglio chiudere il bestiame in strutture ben sprangate. Non creiamo occasioni per attirare questi esemplari tra le abitazioni, come nel caso di residui di cibo abbandonati in strada. Allertiamo la forestale non appena notiamo impronte o avvistiamo dei capi».
Dall’altra parte della provincia, sul Grappa, per la verità sul versante meridionale, dei lupi sono stati avvistati sia a Cavaso del Tomba che a Pederobba. Quattro le pecore (nane) che ci hanno rimesso la pelle.
Otto branchi all’interno
Se questa è la presenza nelle aree esterne, apparentemente pacifica, all’interno del territorio provinciale quanti sono questi carnivori? Almeno una sessantina, distribuiti in otto branchi. E non è escluso che con le cucciolate del prossimo marzo possano raggiungere la quota di 80 esemplari, forse di più. I numeri non sono citati a caso. Li rende disponibili, con l’ovvia precauzione del caso, Franco De Bon, consigliere provinciale, già assessore e delegato alla gestione delle problematiche faunistiche e, specificatamente venatorie. Alle spalle, ovviamente, la preziosa attività. L’ultimo censimento (nel caso dei carnivori, va detto, è meno preciso della conta degli ungulati, per evidenti ragioni) risale all’autunno scorso. Il prossimo arriverà fra poco, non appena si paleseranno le cucciolate.
La mappa
La mappa della loro presenza è articolata. Un branco di una decina di esemplari rimane insediato in Cansiglio. Gli allevatori si sono recintati, dopo le predazioni (più di un centinaio) di qualche anno fa, ed oggi sembra che i selvatici siano “educati”: si alimentano di altri selvatici e non di animali domestici. «Ho trovato carcasse anche lungo le piste di fondo», testimonia chi le batte, Franco De Luca. C’è dell’incertezza sull’appartenenza dei due lupi, che tra Chies e Alpago non si sono ancora “educati” all’alimentazione non domestica. Sono una propaggine del branco del Cansiglio, non si sa se ne costituiscono già uno in proprio. «L’altro giorno si sono avvicinati al recinto di casa, ma grazie all’illuminazione si sono allontanati», sospira l’allevatore Paolo Casagrande.
“Verona 012”, la primogenita
Di sicuro un altro branco staziona sul Nevegal. Si è dimostrato particolarmente affamato, predando anche vicino alle abitazioni. Marta Villa, del gruppo “Cai, Grandi carnivori”, sostiene che questo nucleo ha per capostipite “Verona 012”; sarebbe in sostanza la “femmina alfa” sul Nevegal. Si tratta di predatori molto vivaci, che si spostano lungo tutta la sinistra Piave, fin oltre Mel.
È chi ha sbranato, l’agosto scorso, nove oche e una capra a Villabruna? È lo stesso branco che successivamente, in autunno, si è presentato fra Telva e San Paolo, vicino a Feltre? E che magari ha scorrazzato a Pedavena e recentemente si è sbaffato ben 4 caprette domestiche a Cesiomaggiore? Di certo uno dei branchi più storici è presente, da anni, sul massiccio del Grappa, e probabilmente gli adulti si sono distaccati (o allontanati), chi cercando spazio sulla pedemontana trevigiana, chi verso il Feltrino. È già autonomo il branco della Val di Zoldo, intercettato sia a Pecol che a Pianaz. Come lo è quello di San Vito di Cadore, che scorrazza tra le pendici del Pelmo, quelle del Cristallo e l’alta Val D’Ansiei.
L’altro primogenito
Era ancora il 2012, quindi 10 anni fa, quando nei boschi di Falcade veniva intercettato il predatore “Slavc”. Arrivava dalla Slovenia. Grazie al radiocollare, che gli era stato applicato l’anno prima da ricercatori del suo Paese, lo si è potuto seguire per ben 1200 km, fino in Austria, quindi in Val Pusteria, in Val Badia, nell’alto Agordino, a Falcade, verso il Primiero, quindi l’Altopiano di Asiago e i monti Lessini dove incontra Giulietta. È amore a prima vista. E da quella volta si susseguono le cucciolate annuali. Con le conseguenze che sappiamo anche per il nostro territorio. Un branco ha spopolato nelle Valli Fodom e quindi in Val Pettorina. E proprio a Rocca Pietore l’anno scorso sono stati introdotti, come deterrenza, i cani da pecora abruzzesi; un positivo esperimento seguito dal biologo Semenzato.
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