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Lega: in Veneto espulsioni, avvocati e vendette. «Mortificati da epurazioni e silenzi»

Notificati i provvedimenti a tre militanti storici dopo le critiche: «Dal timbro dell’ufficio postale si capisce il mandante»

Enrico ferro
3 minuti di lettura

VENEZIA. Bei tempi quelli delle battaglie combattute a colpi di porchetta. Il maiale arrosto e speziato veniva usato come arma per infierire sulle moschee di mezzo Veneto, ma anche come talismano purificatore per appianare i dissidi interni. C’erano i tendoni gastronomici, le sagre. Volavano costicine e ombre di rosso. Ora invece volano solo raccomandate, per lo più per notificare espulsioni, richiami, sanzioni.

La Lega a trazione Salvini si sta rivelando un vero choc per i militanti storici, veneti cresciuti con il mito del condottiero Alberto da Giussano. È rimasto poco di quel mondo e, del resto, forse qualcosa si poteva anche sospettare dopo il cambio di livrea del 2018: bandito il colore verde e parola “Nord” sostituita con un nome. Il nuovo corso della Lega è, appunto, “Lega per Salvini Premier”. Basterebbe questo per capire quali possano essere le conseguenze, quanto a catena di comando. Ma forse è meglio farlo raccontare da chi, ultimamente, sta provando sulla propria pelle la tirannia di questa nuova fase.

Venerdì scorso sono arrivate tre lettere di espulsione indirizzate a tre militanti storici: Giovanni Bernardelli di Conegliano, Marcello Bano sindaco di Noventa Padovana e Fulvio Pettenà di Treviso. E una sanzione potrebbe essere comminata anche all’europarlamentare Gianantonio Da Re.

Bernardelli è accusato di essere rimasto fedele a Fabio Chies, colui che alle ultime amministrative ha espugnato il feudo di Luca Zaia. Nella precedente amministrazione aveva ricoperto il ruolo di presidente del consiglio comunale ma proprio per la situazione politica che si era venuta a creare, aveva deciso di starsene fuori dalla campagna elettorale. «Qualcuno mi ha visto una mattina prendere un caffè con Chies e tanto è bastato per farmi espellere», dice lui deluso ma combattivo. Ha già ingaggiato un avvocato con il quale sta preparando un dettagliato ricorso. «Sono iscritto da 31 anni e militante da 25: male non fare, paura non avere».

La proposta di espulsione, che dovrà essere presa in carico dal consiglio federale, è firmata dal commissario regionale Alberto Stefani.

«Massimo Bitonci e Andrea Ostellari si sono presi in mano il partito in Veneto, Alberto Stefani esegue ciò che gli dicono», rivelano fonti interne, che preferiscono rimanere coperte per non incorrere in ulteriori provvedimenti disciplinari. Chi conosce Bitonci non si stupisce affatto di questa visione manichea, di questa ossessiva applicazione della logica amico-nemico. «Andiamo avanti da mesi con queste tre espulsioni ma ve li ricordate i tempi di Flavio Tosi?», chiede stizzito Stefani.

Poi c’è il pretoriano Marco Polato, commissario provinciale, incaricato delle esecuzioni. L’ultima pochi giorni fa. Ecco la dinamica. Fabio Magagnato, 33 anni, assessore a Brugine e referente della Sezione di Pontelongo, condivide nella chat del provinciale di Padova un articolo del mattino di Padova in cui Michele Giraldo, sindaco di Brugine, esprime smarrimento per la situazione attuale. Non c’è nemmeno il tempo di godersi le reazioni degli altri membri della chat, che subito viene rimosso.

la schermata della chat di Whatsapp con la notifica della rimozione di Fabio Magagnan dal gruppo Lega in provincia di Padova 

Il giorno successivo si mette al computer e scrive una lunga mail alla segreteria provinciale e regionale in cui prova a spiegare la sua posizione. Sì insomma, che la base è importante, che serve il confronto, che la Lega è sempre stata questo.

Risultato: dopo due ore gli viene recapitata una mail in cui viene ufficializzata la sua sostituzione come referente della Sezione di Pontelongo. Al suo posto mettono Ilenia Desolei, che in passato era pure tosiana. Ma poco importa, la sete di sangue vince su tutto. Come dire: chi osa fiatare rimane stecchito. «Sono molto dispiaciuto» ammette Magagnato. «Mi chiamano i giornalisti ma dei responsabili del mio partito nemmeno l’ombra, per il momento».

l messaggio con cui il commissario Marco Polato prova a spiegare il provvedimento 

Marco Polato prova ad astrarsi per un attimo dalla sua dimensione di “epuratore” e, dopo la rimozione del collega di partito dalla chat di Whatsapp, prova a spiegare a tutti gli altri con un lungo scritto: «Basta con chi negli ultimi anni non ha fatto nulla per il partito e ora critica pubblicamente».

Ma la base della Lega ha ben inquadrato la situazione e i tre che si sono visti recapitare le proposte di espulsione hanno capito chi sia il mandante. Un indizio? Il timbro dell’ufficio postale da cui sono partite le raccomandate: Motta di Livenza. Se la sede regionale è a Noventa Padovana, come mai i provvedimenti disciplinari partono da Motta di Livenza? La risposta è elementare per i militanti del partito.

La sostituzione del referente punito 

E Luca Zaia, in questo contesto, che fa? Come mai mister 76% non entra in questa partita politica dove in palio c’è la leadership interna? «Perché a Zaia non interessano le dinamiche del partito, lui vuole solo amministrare il Veneto», suggerisce un vecchio leghista della prima ora. Tra poco però ci saranno le elezioni a Padova, Verona e Belluno e saranno un importante banco di prova per misurare lo stato di salute del partito.—

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