L’arsenale nel Piovese. Le prime ammissioni di Manuela Masiero «Quelle armi sono del mio ex fidanzato»
Padre e figlia arrestati e il sospetto di essere gli armieri della mala veneta. Il papà Galliano: «Ero all’oscuro che quel borsone fosse nascosto nel container». Ora la Procura indaga anche sui conti
Carlo Bellotto
Manuela Masiero e una parte dell'arsenale di armi sequestrato nel suo giardino, nel Piovese
ANGUILLARA. Padre e figlia si smarcano dalle accuse di aver custodito l’arsenale di armi che i carabinieri gli hanno sequestrato l’ultimo dell’anno. O meglio, provano a farlo. Galliano Masiero, 66 anni, e la figlia Manuela, 30 anni, hanno reso spontanee dichiarazioni al giudice, non accettando il contraddittorio.
Il padre ha dettp di non sapere nemmeno che il borsone, con le armi all’interno, fosse nascosto nel container sistemato nel giardino della sua casa a Borgoforte di Anguillara, a metà strada tra l’argine dell’Adige e quello del Gorzone. Un posto ideale, alla congiunzione tra le province di Padova, Venezia e Rovigo, in pieno Piovese.
Manuela ha invece raccontato che è del suo ex fidanzato, che gli aveva detto di tenerglielo per qualche tempo. Ma lei non l’aveva mai aperto e quindi ignorava il contenuto. Quindi è rimasta di stucco quando è stato aperto. Per ora entrambi restano in carcere.
L’indagine che ha portato alla richiesta di perquisizione, eseguita il giorno di San Silvestro, è coordinata dal pubblico ministero Sergio Dini e potrebbe portare a nuovi sviluppi. Ora si cercheranno conferme e responsabilità sull’ex fidanzato della donna, ammesso che quanto dice corrisponda a verità. Certo che con l’armamento ritrovato è indubbio sia un malavitoso.
Le armi sequestrate
Nel borsone all’interno del container c’era una pistola mitragliatrice, un fucile a pompa, un revolver calibro 357 Magnum, una pistola semiautomatica, armi tutte in perfette condizioni, dotate anche di caricatori, di cui alcuni ricorvi con più possibilità di stivare pallottole da guerra.
Ma nei container, opportunamente nascosta c’era anche una granata a mano contenente esplosivo plastico ad alto potenziale, tanto da richiedere l’intervento degli specialisti della squadra artificieri per inertizzarla. Inoltre, sono stati trovati 226 proiettili di diverso calibro e numerosi componenti di altre armi, quali otturatori e aste tira molla. Alcune delle armi erano pronte all’uso. Infatti, la pistola mitragliatrice e quella semiautomatica avevano il colpo in canna e la seconda arma, anche il cane armato.
Le chiavi erano nascoste
Se il padre era all’oscuro del borsone e la figlia non sapeva cosa contenesse, resta il loro comportamento all’atto dell’irruzione dei carabinieri della Compagnia di Abano per la perquisizione. Hanno cercato di opporsi all’apertura del container, raccontando di non avere le chiavi. Il che ha costretto i carabinieri (che erano già preparati) ad usare un trapano e delle chiavi passepartout per aprirlo.
Il container conteneva una credenza con tutte le ante aperte, fatta eccezione per quelle in basso che erano chiuse a chiave. Durante la perquisizione nell’abitazione un carabiniere si era accorto della presenza di una chiave in ottone. Di fronte alla credenza chiusa l’ha chiesta a Galliano Masiero che l’ha consegnata solo dopo alcune insistenze. Era proprio la chiave che apriva le ante del mobile, dove all’interno erano custodite le armi.
Conti bancari sotto la lente
La Procura ha sequestrato i cellulari di padre e figlia e un computer, sperando di trovare delle tracce che possano confermare legami con la criminalità e ora sarebbe stato disposto anche un accertamento bancario per vedere eventuali flussi di denaro sospetti.
Al blitz del 31 dicembre si era arrivati dopo mesi di indagini partite da altre piste che avevano portato a sospettare che nella casa di via Bononi a Borgoforte di Anguillara ci fosse l’arsenale.
Galliano Masiero un paio d’anni fa era stato condannato a 14 mesi con l’accusa di circonvenzione d’incapace per aver sottratto del denaro ad un’anziana di Arre. Da poco fa l’autotrasportatore per alcune aziende della Bassa Padovana. Tempo fa aveva costruito un essiccatoio su un terreno di via Bononi a qualche centinaio di metri dalla sua abitazione, ma in seguito gli affari dell’azienda, che si occupava anche di commercio di legnami, non sono andati bene, finché qualche anno fa la struttura è finita all’asta ed è stata comprata da un imprenditore della zona.
La figlia aveva aperto un negozio di estetica ma di recente fa la commessa.
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