In Veneto nessuna statua dedicata a donne realmente esistite. «Così si cancella la storia»
Censimento nei luoghi pubblici dell’associazione Mi Riconosci. «In regione solo tre monumenti di figure anonime collettive»
Vera Mantengoli
VENEZIA. In Veneto ci sono soltanto tre statue che raffigurano donne: il monumento alla partigiana a Venezia, Cecilia (presunta amante di Giorgione) a Castelfranco Veneto, Treviso, e un’anonima a Paese (Treviso) dedicata ai paesani emigrati nel mondo, raffigurata incinta insieme al compagno. Nessun personaggio realmente esistito.
Nel resto del territorio i luoghi pubblici sono pieni di statue di uomini, con nome e cognome e vestiti di tutto punto, a differenza delle donne che molto spesso sono rappresentate da scultori uomini e nude, come è capitato alle giornaliste Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli, assassinate rispettivamente a Mogadiscio e in Afghanistan per le loro coraggiose inchieste e ora raffigurate insieme in un abbraccio senza vestiti in una scultura provincia di Viterbo.
Lunedì 20 dicembre è stato pubblicato il censimento dei monumenti femminili, realizzato dai lavoratori precari della cultura dell’associazione Mi Riconosci che fotografa la rappresentazione delle donne negli spazi pubblici in tutta Italia.
Sono state escluse le figure allegoriche come la Patria o la Vittoria, le mitologiche come Venere, la Madonna e le statue che si trovano in cortili privati e pubblici e cimiteri, mentre sono stati presi in considerazione monumenti e busti dedicati a donne realmente vissute, personaggi letterari o di leggende, figure anonime collettive (la partigiana o la mondina, ma anche tematiche femminili) che si trovano in spazi pubblici.
Il risultato è che su 203 statue 94 sono donne (le più raffigurate sono Anita Garibaldi, spesso con il marito, e Grazia Deledda), ma se pensiamo che siano la metà ci sbagliamo perché di queste 94, ben 66 sono figure anonime collettive. Quindi solo il 17% sono statue dedicate a donne per i loro meriti pubblici.
La questione sollevata rimanda al movimento della cosiddetta cancel culture americana e del ruolo dei soggetti pubblici rappresentati. «Le statue di donne vengono spesso anonimizzate, allegorizzate o raffigurate con corpi stereotipati e dimostrano l’urgenza di raccontare diversamente la storia» spiega la professoressa di Sociologia delle arti Federica Timeto di Ca’ Foscari che fa notare come raffigurare una donna in modo anonimo è come privarla della capacità di incidere.
«I luoghi pubblici sono importanti perché vengono attraversati da tante identità e quindi assumono una valenza sociale». Per Timeto, esperta di arte femminista, siamo ancora in tempo, ma la scelta dei soggetti dovrebbe partire dal basso ed essere partecipata.
Per Stefania Portinari, professoressa di Storia dell’arte contemporanea dell’ateneo veneziano e già curatrice della mostra Ritratti di donna, il problema esiste, ma realizzare oggi dei monumenti è anacronistico: «Per avere più impatto credo di più nel nominare le piazze, le vie e le strade perché sono luoghi che vengono vissuti e nominati o mettere delle targhe, penso per esempio alla forza delle pietre d’inciampo».
La Regione conosce la questione e dalla Commissione pari opportunità Loredana Zanella torna sulla toponomastica: «Abbiamo astronaute, scrittrici, artiste e politiche come Tina Anselmi che non hanno lo spazio meritato, mentre è importante dare risalto al ruolo delle donne e ormai ce lo chiede l’Europa e le stesse persone che si rendono conto della disparità di genere».
La mappa dettagliata si trova nel sito Miriconosci e, come ricorda la referente veneta Esther Lunardon, «serve per risvegliare le coscienze e avviare un dibattito pubblico al più presto». —
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