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Onichini, chiesta la grazia a Mattarella. Il ladro ferito “evita” il processo per falso

La compagna del macellaio condannato a quasi 5 anni di reclusione scrive al presidente della Repubblica

Cristina Genesin
3 minuti di lettura

Walter Onichini e le indagini degli inquirenti

 

LEGNARO. «Mattarella ha concesso 7 grazie individuali. Perché non riservarne un’ottava per Walter?». E ancora:«(Mattarella) non poteva firmare la grazia per Walter Onichini che, addirittura, è stato minacciato di morte in carcere dalla mafia albanese?» E poi: «Chiediamo la grazia per Walter che ha difeso la sua famiglia. Non è un terrorista ma un padre di famiglia». Sono centinaia i messaggi sul profilo Facebook “Tutti insieme a Walter Onichini” che sollecitano il provvedimento di grazia.

E ora quella grazia è stata ufficialmente chiesta dalla compagna Sara Scolaro, madre dei suoi due figli ancora piccoli, con una domanda trasmessa al Capo dello Stato Sergio Mattarella (e per conoscenza al magistrato di Sorveglianza e al Ministro di Giustizia Marta Cartabia).

Già perché dal Capo dello Stato (che, al momento, ha concesso sette atti di grazia) dipenderà la ritrovata libertà (o la carcerazione almeno per un paio d’anni) di Walter Onichini, il grossista di carni 40enne di Legnaro (anche se ora vive a Camponogara nel Veneziano), condannato a 4 anni, 10 mesi e 27 giorni di carcere per il tentato omicidio di Elson Ndreca, il 30enne di origine albanese, oggi irreperibile, che una notte di otto anni fa aveva razziato la sua villetta a Legnaro mentre dormiva con la famiglia.

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I complici erano scappati, Ndreca era rimasto ferito dal commerciante che lo aveva caricato in macchina e abbandonato in gravi condizioni a qualche chilometro di distanza lungo il ciglio della strada vicino a una canaletta: era la notte del 22 luglio 2013.

Onichini disse di essere stato minacciato e costretto a scaricare il ladro ma i giudici non gli hanno mai creduto. La condanna a suo carico è diventata definitiva il 12 settembre scorso con la pronuncia della Cassazione, nemmeno 72 ore più tardi il trasferimento prima nel carcere di Venezia poi nel Due Palazzi di Padova.

La richiesta di grazia

«Elson Ndreca è rimasto impunito e l’unico a pagare il suo debito con la giustizia è il mio compagno Walter, la cui unica colpa è quella di non essere rimasto inerme nel momento in cui dei malintenzionati mettevano a repentaglio l’incolumità sua e della famiglia» scrive la compagna nella domanda di clemenza.

«Non potrà vivere accanto ai nostri figli per quasi cinque anni, tempo lungo considerando che sono in una delicata età in cui è indispensabile una figura paterna... A soffrire della sua assenza sono pure io: senza il mio compagno, dovrò far fronte da sola alla crescita dei nostri figli e ho bisogno di lui accanto nella quotidianità per motivi di salute...».

Accorato l’appello di Sara che sottolinea la paura di vivere sola dopo quell’esperienza «che ha cambiato radicalmente la vita di Walter costretto ad affrontare un procedimento penale lungo otto anni... I ladri, scassinando un infisso, erano entrati in casa e avevano rubato al pian terreno... Ndreca aveva intenzione di rubarci l’auto e quando l’aveva accesa il rumore aveva svegliato Walter che si era affacciato alla finestra...».

«Il nostro primogenito aveva 20 mesi e dormiva in una cameretta... Il pensiero di Walter era stato che avessero rapito il bambino. Il primo istinto? Prendere il fucile, regolarmente detenuto, e sparare due colpi sopra l’auto». Quei colpi ferirono gravemente Ndreca al volante della macchina in giardino. Conclude Sara: «Illustrissimo signor Presidente, ritengo che il mio compagno Walter Onichini sia meritevole della grazia».

Il ladro irreperibile

Un passo indietro. Una condanna c’è stata a carico del ladro che un passante, vedendolo ferito, aveva “salvato” chiamando il 118: trasferito in ospedale all’alba dell’assalto, era rimasto in prognosi riservata salvo poi andare in carcere per un paio di mesi. Il 9 febbraio 2017 era arrivata la condanna a 3 anni e 8 mesi per il furto nella villetta. Tuttavia il 19 giugno 2017 Ndreca fu chiamato a testimoniare davanti al tribunale di Padova nel processo di primo grado a carico di Onichini.

Un processo nel quale si era costituito parte civile reclamando un risarcimento di 324 mila euro: «Era il mio primo colpo... Sono stato caricato a bordo dell’auto di peso...», aveva detto. Non era vero: aveva precedenti per furti anche in Belgio. La pena a suo carico era già diventata definitiva il 26 maggio ma quando testimoniò non venne arrestato.

Nemmeno il pubblico ministero in aula chiese la sua carcerazione. «Si è reso irreperibile», scrive nella domanda di grazia Sara Scolaro, ricordando il senso di frustrazione provato quando vide Ndreca testimoniare contro il compagno «Uscì indisturbato dal tribunale verso una meta ignota... E non ha mai collaborato tanto che in due interrogatori davanti al pubblico ministero, l’8 agosto 2013 e il 16 ottobre 2015, disse di non voler fare i nomi dei complici rimasti ignoti, compreso quello già noto agli inquirenti..».

«Negò addirittura che fosse programmato il furto a casa nostra eppure lui e i complici erano partiti di notte da Milano per rubare a Legnaro, a 300 chilometri di distanza». Quel 19 giugno 2017 Ndreca, dopo tanti “non so” sui complici, concluse: «Ho sempre preferito non fare il nome, pagherò per quello che non dirò».

Finito sotto inchiesta per falso, la procura ha chiesto il processo nei suoi confronti. Ieri l’udienza preliminare davanti al gup Claudio Marassi è finita con l’ennesimo rinvio al 7 dicembre 2022. Si va al prossimo anno perché «l’imputato è irreperibile... ed è pervenuto il verbale di vane ricerche». Elson Ndreca può attendere. —

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