L’aviaria si allarga in Veneto, 600 mila galline da abbattere
Due focolai in altrettanti allevamenti, a Este e Lozzo Atestino. L’emergenza dal Veronese si estende alla Bassa Padovana
Nicola Cesaro
ESTE. L’aviaria valica i confini scaligeri e arriva nel Padovano. La Regione ha confermato due focolai di Hpai H5 in due allevamenti della provincia, a Este e a Lozzo Atestino. Si tratta di un allevamento di tacchini da carne (circa 20 mila capi) e di un allevamento di galline ovaiole (600 mila capi). Capi, questi, che ora andranno abbattuti, come richiede il protocollo operativo per contenere la pandemia.
La notizia è stata diffusa martedì da due organismi di riferimento, il Sivemp Veneto – sindacato dei veterinari di medicina pubblica – e l’Ava regionale, l’associazione degli avicoltori che operano in Veneto. Torna dunque nel Padovano un’emergenza che mancava ormai seriamente da anni e che, nelle ultime settimane, pareva essere confinata nel Veronese.
Nelle ultime tre settimane sono infatti ormai 56 i focolai rilevati dall’Unità organizzativa veterinaria della Regione, praticamente tutti localizzati in provincia di Verona. Oltre ai due euganei, ieri peraltro ne sarebbe stato intercettato uno anche nel Bresciano. Al primo focolaio scaligero è scattato il protocollo di protezione che, a seconda della distanza dal cluster, prevede delle forme di restrizioni e di sorveglianza per gli allevamenti della zona.
Ma di cosa stiamo parlando? «L’influenza aviaria è una malattia virale che colpisce per lo più gli uccelli selvatici» spiega l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, ente che ha un osservatorio privilegiato sulla situazione epidemiologica in Veneto «Questi fungono da serbatoio e possono eliminare il virus attraverso le feci. Solitamente tali uccelli non si ammalano, ma possono essere molto contagiosi per gli uccelli domestici come polli, anatre, tacchini e altri animali da cortile.
L’influenza nel pollame, sia nella forma causata da ceppi a bassa patogenicità (Lpai) sia da ceppi ad alta patogenicità (Hpai) regolarmente si presenta nel territorio nazionale». Sia chiaro, nessun pericolo per l’uomo, ma questo non toglie la gravità della questione: «Questa malattia, soprattutto quando sostenuta da ceppi altamente patogeni, ha conseguenze devastanti, non solo per l’elevato tasso di mortalità che può essere raggiunto, ma anche per il forte impatto economico che ne consegue, derivante sia dall’adozione di una politica di eradicazione, sia dalle restrizioni al commercio imposte ai paesi sede di focolai».
«Abbattere 20 mila tacchini e 600 mila galline, come nel caso di Este e Lozzo Atestino e come sta avvenendo ormai da settimane nel Veronese, ha un costo elevatissimo, che va a pesare sulla spesa pubblica, sulle tasche dei cittadini» sottolinea Ezio Berti, presidente veneto di Ava, l’associazione degli avicoltori. «La spesa per l’abbattimento e lo smaltimento è molto più importante del guadagno che quei capi avrebbero portato all’allevatore». Dagli agricoltori scaligeri, peraltro, si denuncia una lentezza notevole nell’attuazione degli abbattimenti, il che rende la situazione ancor più difficile da gestire.
Ora il timore è che il virus corra nel Padovano come sta accadendo nel Veronese: «Le forme di prevenzione sono scattate preventivamente, anche vedendo quanto stava capitando nella vicina provincia» sottolinea Renato Rossi, referente padovano di Ava. «Fortunatamente l’80% dei capi, in questi due allevamenti, erano già stati caricati. Contiamo di poter fermare la corsa del virus, ma non tutto dipende da noi. Siamo una zona di transito importante per gli uccelli selvatici, e non tutte le precauzioni bastano».
Nel Bollettino unico regionale pubblicato ieri era comparsa la delibera firmata da Luca Zaia che, appena quattro giorni fa, estendeva anche ai confini padovani la cosiddetta “zona di sorveglianza”, una delle forme di prevenzione attuate dal protocollo-aviaria. Nel raggio di monitoraggio e restrizioni erano stati inseriti i Comuni di Montagnana e Urbana. I due focolai euganei, ora, allargheranno il raggio a molti altri allevamenti della Bassa padovana. Un caso di aviaria nel Padovano si era avuto lo scorso marzo a San Giorgio delle Pertiche, ma era stato sporadico. L’ultima seria ondata era stata quella del 2017, con numerosi allevamenti colpiti tra Colli Euganei, Piovese e Monselicense (l’ultimo a dicembre, a Candiana).
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