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Friularo, il vino pregiato padovano che vale un business da due milioni

Da giovedì 11 novembre il weekend Sotto il Salone per promuoverlo: finora coltivato solo su 50 ettari

Elvira Scigliano
2 minuti di lettura

PADOVA. L’uva di raboso del Friularo fattura 2 milioni di euro per 3 mila quintali. Dal raccolto si imbottigliano 350-400 mila bottiglie, vendute a 12-14 euro e prodotte in 14 comuni della provincia: Conselve, Bagnoli di Sopra, Arre, Agna, Candiana, Terrassa Padovana, Cartura, Due Carrare, Battaglia Terme, Monselice, Tribano, Permumia e San Pietro Viminario. Il vino che vuole rappresentare la città di Giotto come il Prosecco rappresenta Treviso, ha una vendemmia tra le più tardive d’Italia, che difende la biodiversità, che è per pochi e si fa attendere a lungo. È un ambasciatore dell’identità veneta, padovana in modo particolare, che da oggi sarà accostato e raccontato assieme all’Urbs Picta di Giotto, come il vino bevuto sulle tavole dei Carraresi, celebrato dai poeti, vero vino autoctono padovano. Il legame tra città del Trecento e il Friularo sarà narrata questa mattina Sotto il Salone, al civico 35, coinvolgendo i bar e le enoteche.

Friularo, il vino rosso padovano pregiato: la presentazione sotto il Salone

Vino da terre millenarie

«È un vino che proviene dalle terre millenarie della provincia padovana», racconta Nicola Zaggia, presidente del Consorzio di tutela del Fiularo, «che comprende le 40 aziende che sono socie della Cantina di Conselve, più il Dominio di Bagnoli di Sopra, che è l’azienda più antica e altre 3-4 aziende che hanno iniziato a produrlo, ma prima di venderlo dovranno attendere qualche anno perché il Friularo ha bisogno di 4-5 anni di invecchiamento prima di essere imbottigliato. In tutto parliamo di una coltivazione su circa 50 ettari. Tutte le aziende che lo producono hanno aderito al Sistema di qualità nazionale di produzione integrata (Sqnp) che prevede una significativa riduzione dei trattamenti in vigneto – uso di parassitari e pesticidi – per una produzione più attenta alle ricadute ambientali».

Marcato: il Friularo non ha nulla da invidiare al Prosecco

Il Consorzio tutela il Friularo, ma dà anche regole ferree ai produttori: «Ci sono dei disciplinari – continua Zaggia – che noi controlliamo affinché i vigneti abbiano le caratteristiche rivendicate a Friularo: numero massimo di piante, massima produzione – 12 tonnellate per ettaro – annuale».

«Da proteggere e valorizzare»

«È un vino pasionario», aggiunge Roberto Betto, presidente della Cia, «che parla a tutti i sensi, ma non è per la massa. Deve essere protetto e valorizzato perché valorizzano la nostra storia. Quando i ragazzi vengono nella mia azienda e parlo di vini storici, non posso che parlare del Friularo. È un vino che vive e che merita di essere riconosciuto. Padova vanta un’università di 800 anni, le meraviglie della Cappella degli Scrovegni e del Trecento di Giotto, non è una città da Prosecco, non fatemi ridere, ci vuole qualcosa di esclusivo, proprio come il Friularo, un vino unico, che si produce solo a casa nostra, che ha una lavorazione che ti lascia di stucco, che viene coccolato fin dal raccolto dell’uva, altro che macchinari. Con il Prosecco dono due pianeti diversi. Qui bisogna riconoscere la fatica e la dignità di 200 anni».

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