Covid, la Delta Plus è in Veneto. Variante trovata in 19 casi. «È un po’ più contagiosa»
Il monitoraggio dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie. Ricci: «Numeri piccoli, mutazioni non particolarmente vantaggiose per il virus. Non rischiamo un caso Inghilterra, ma la terza dose stabilizza la copertura»
Simonetta Zanetti
PADOVA. Diciannove casi in due mesi. È questo l’andamento della Delta Plus da quando è stata tracciata in Veneto per la prima volta, il 23 agosto, salvo diffondersi con il contagocce in maniera democratica su tutto il territorio: «Rispetto alla variante Delta, questa presenta due mutazioni in più nella proteina Spike che non risultano particolarmente vantaggiose per il virus» spiega la direttrice dell’Istituto Zooprofilattico Antonia Ricci, sottolineando la grande capacità di sorveglianza raggiunta dal sistema. In questo ambito, l’istituto di Legnaro continua a contribuire ad alimentare il database nazionale: i nuovi dati sull’andamento delle varianti sono attesi per l’inizio della prossima settimana.
«Per quanto riguarda la Delta Plus abbiamo numeri molto piccoli che non solo non ci preoccupano, ma non evidenziano nemmeno una tendenza in crescita» chiarisce «la Delta, invece, era cresciuta molto in fretta forte di un aumento della contagiosità del 50-60%, mentre qui siamo nell’ordine di qualche punto percentuale e non abbiamo motivo di credere che renda inefficaci i vaccini».
Il quadro scientifico delle varianti attualmente è stabile: «La Delta è contagiosissima a prescindere dalle nuove mutazioni, si diffonde con l’aerosol, motivo per cui resta fondamentale cambiare spesso l’aria nelle stanze» spiega Ricci «la sua capacità di diffondersi, unitamente all’arrivo della stagione in cui le malattie respiratorie hanno una grandissima diffusione, non sono una bella combinazione, per fortuna abbiamo il vaccino che limita l’aumento della malattia» chiarisce Ricci spiegando i motivi per cui l’Italia non rischia un effetto Inghilterra: «Qui la diffusione del vaccino è molto migliore, abbiamo somministrato le due dosi in maniera più ravvicinata e siamo partiti dopo, motivo per cui la copertura anticorpale è ancora buona, certo bisogna provvedere velocemente alla somministrazione delle terze dosi, dopodiché» aggiunge «il vaccino sta facendo il suo lavoro anche in Inghilterra poiché il numero delle ospedalizzazioni non è lontanamente rapportabile ai contagi».
In questo senso, tuttavia la direttrice dello Zooprofilattico tiene a precisare: «Il fatto che dopo sei mesi dal vaccino la copertura si dimezzi, non significa che le persone restino scoperte. C’è un indebolimento rispetto al contagio, ma anche con un titolo anticorpale basso rimane sempre una memoria immunitaria e l’organismo è in grado di reagire molto meglio alla malattia di quanto non sia per un non vaccinato. La diminuzione veramente sensibile è al dodicesimo mese. La terza dose è particolarmente utile perché stabilizza la copertura e la fa durare molto più a lungo».
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