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La giustizia non è un proiettile: il caso Onichini riletto da uno scrittore

Fulvio Ervas «scomoda» il suo commissario Stucky per un racconto breve che affronta la legittima difesa quasi come metafora. «Lo sapeva che l’idea di farsi giustizia da soli è radicata nella cistifellea degli umani, lo sapeva»

fulvio ervas
4 minuti di lettura

L’ispettore non riusciva a credere ai suoi occhi: seduto nel suo ufficio stava un bambino, no, si corresse, un ragazzino dagli occhi scuri e dalle orecchie a forma di radar.

I colleghi l’avevano fatto accomodare dopo che era rimasto in piedi ad aspettare, sostenendo di avere una cosa importante da chiedere ai capi.

Stucky aveva chiamato Spreafico e gli aveva bisbigliato: “Come mai mi avete promosso baby sitter?”

Il commissario dice che è un’idea innovativa, aveva risposto l’agente. L’ispettore, rientrato nell’ufficio aveva fatto le presentazioni.

“Mi chiamo Arne Moraru Piao” aveva detto il ragazzino.

“E di che nazionalità saresti?”

“Questa e quella” rispose tranquillo Arne che teneva stretta la maglietta con la mano sinistra.

“Quanti anni hai?”

“Quasi undici.”

“Perché sei qui?”

“Perché a scuola mi hanno rubato l’astuccio.”

“E sai chi è stato?”

“Certo.”

Il poliziotto e il ragazzino si erano guardati. Sapevano entrambi che adesso arrivava il bello.

“Vuoi denunciarlo?”

“Nossignore. Mio nonno, Oscar Suriname Molinos…”

“Ma di che nazionalità è?” lo interruppe Stucky.

“Quella e questa” disse Arne.

Furbo, pensò l’ispettore.

“Sentiamo: che dice tuo nonno?”

“Che dovrei fargliela pagare.”

“In che modo?” Stucky si era fatto attento.

“Rompendogli un dito.”

Il ragazzino si aspettava una reazione da parte del poliziotto, rimasto in piedi. L’uomo lo sovrastava, ma Arne non appariva intimorito.

“Può dirmi che succede se rompo un dito al mio compagno Alcide? Verrò arrestato?”

Stucky si grattò la testa, come sanno fare i poliziotti.

Poi decise che doveva parlare con il nonno di Arne.

Il ragazzino si aspettava di salire su una volante della polizia, invece dovette accontentarsi di una macchina  e nemmeno nuova.

“Ma se rompo il dito ad Alcide, mi venite a prendere con le sirene?” e così dicendo Arne indicò a Stucky di svoltare a destra.

L’ispettore riuscì a strappare al ragazzino qualche informazione sul padre, che lavora sempre e la madre, che lavora più del padre.

Passarono accanto al carcere, l’ispettore rallentò, e poi, sempre a destra, si diressero verso una lunga fila di condomini e il ragazzino ne indicò uno.

Salirono le scale sino al quarto piano e Stucky bussò deciso alla porta, un rettangolo scrostato con un numero accanto.

L’uomo che aprì non si aspettava di vedere un distintivo della polizia e, in rapida successione: sono l’ispettore Stucky della questura di Treviso dobbiamo chiarire una faccenda mi faccia accomodare. Grazie.

L’uomo fece un passo indietro, guardò stupito il nipote, rimase smarrito per altri secondi, il tempo che l’ispettore ne valutasse la fisicità, la luce negli occhi, la fessura della bocca, la tensione nelle mani.

“Sono qui per spiegarle la differenza tra difesa e offesa” disse l’ispettore.

L’uomo sembrò capire la situazione e sollevò il mento.

“Non mi interessa” rispose.

“Allora le racconto una cosa accaduta”, Stucky entrò e andò a sedersi sul vecchio divano, che scricchiolò.

Arne si sedette accanto all’ispettore ma il nonno rimase cocciutamente in piedi.

Un mese fa, iniziò l’ispettore, siamo stati chiamati di notte  da una famiglia, abitano in una bella casa, sulle colline e hanno un delizioso giardino recintato.

Stucky si fermò e guardò l’uomo.

Nella proprietà era entrato un ladro, continuò, e il cane che dorme in casa lo sente, il signor Morettin possiede un fucile da caccia, è molto spaventato ma lo impugna e va verso l’uomo che appena lo vede si arrampica sulla siepe per scappare.

Il signor Morettin riesce ad aprire il cancello, uscire in strada mentre il ladro ha scavalcato la siepe e gli dà le spalle, in fuga.

Perché non ha sparato signor Morettin? glielo ho chiesto quella sera, mentre stava abbracciato alla moglie.

Non lo so, mi ha detto, sarà stata la fortuna, il carattere o l’educazione...

Sarebbe finito in televisione, gli ho detto, se spari e uccidi sollevi polveroni,  ti candidi a diventare il capofila di quelli che puliscono la pistola tutte le sere…

Io voglio solo vivere tranquillo, mi ha detto con convinzione.

“Non era un vero uomo quel Morettin!” lo interrompe il nonno di Arne.

“Ah, ecco, lei vuole educare suo nipote a diventare un vero uomo!”

“Non ti rispetta nessuno se non reagisci!”

“Il signor Morettin mi ha detto che avrebbe sparato se avessero fatto del male alla moglie. Senza esitazioni. Però mi ha anche detto che la vita gli ha duramente insegnato la differenza tra un raffreddore e un cancro. Non si scomoda la chemio quando si starnutisce. ”

L’uomo aveva scosso le spalle, ma era rimasto in silenzio.

Arne aveva guardato l’ispettore:

“Allora non posso proprio rompere il dito ad Alcide…”

Stucky, dopo, andò a bersi un caffè da Goppion, giusto per pensare.

Lo sapeva che l’idea di farsi giustizia da soli è radicata nella cistifellea degli umani, lo sapeva.

Sapeva che molti pensano che una pillola di giustizia possa avere la forma di un proiettile, che quella pillola non produca davvero morte, complicazioni, imbarbarimento, bruttezza. Che  dia solo sollievo, che calmi la paura, che ordini il caos del mondo.

Tutta la storia umana dice che sbagliano.

Si ricordò che suo zio Cyrus, il suo parente persiano, gli raccontava una storia, la storia di Rostam e di Sohrab, la storia di un padre, Rostam che abbandonò il figlio, Sohrab, per poi ritrovarsi, l’uno di fronte all’altro armati, irriconoscibili dentro un’armatura.

Rostam il padre, uccide Sohrab, il figlio.

E suo zio gli diceva sempre: quando non sai, quando non ti fai domande, quando pensi di essere invincibile, alla fine puoi uccidere  una parte di te.

Comprendi il mondo e i suoi limiti…

***

FULVIO ERVAS, 65 anni, originario di Musile di Piave, è uno dei più noti scrittori veneti. Nel 2006 pubblica «Commesse di Treviso»: è il primo di una serie di romanzi ambientati nel Nordest che vedono come protagonista l'ispettore Stucky (Marcos y Marcos) che nel 2017 esordisce sul grande schermo con “Finché c’è prosecco c’è speranza”, con Giuseppe Battiston nei panni dell’ispettore. È diventato un film anche «Se ti abbraccio non avere paura», il road movie dedicato alla famiglia Antonello, ossia a Franco e il figlio autistico, Andrea. Per i diciott’anni di Andrea padre e figlio partono per un viaggio in moto.

***

WALTER ONICHINI, macellaio di Legnaro (Padova) nel luglio del 2013 sparò a un ladro che di notte in cortile gli stava rubando la macchina. Nessuna legittima difesa putativa, nessun eccesso colposo ma un vero e proprio tentato omicidio che gli costa 4 anni e 11 mesi nei tre gradi di giudizio. Spara al ladro che fugge e credendolo morto lo butta in un fosso. Un caso diverso, molto diverso dai tanti. Ma che ha scatenato rabbiose reazioni sui social (“date una medaglia al ladro allora...”) e che la politica sta cavalcando, tra FdI che già chiede la grazia e Matteo Salvini che domani andrà a trovarlo in carcere a Venezia.

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