PADOVA. Vaccini: la corsa per l’immunità di gregge s’infrange contro il muro di gomma di AstraZeneca che dopo aver tagliato del 60 per cento le forniture all’Italia ora le ha ridotte di un ulteriore 10%. Ciò significa che anche il Veneto riceverà meno dosi rispetto alle previsioni e la tabella di marcia è destinata a prolungarsi.
Tirate le somme, con le 48 mila dosi a settimana garantite dal commissario Arcuri ci vorranno 100 settimane, cioè due anni almeno, per immunizzare la popolazione residente nei 560 e rotti comuni veneti. Per il momento sono 108.407 le persone che hanno ricevuto la doppia dose: si tratta di medici, infermieri, personale sanitario e ospiti delle case di riposo e over Settanta.
Il governo italiano intende per il momento puntare su AstraZeneca, che la Gran Bretagna ha prenotato oltre ogni previsione, modificando le forniture all’Ue. Per restare al Veneto, le forniture garantire nella prima tranche sono scende a 410 mila rispetto le 643 mila previste a fine dicembre.
Pfizer ne fornirà 350 mila contro i 508 mila concordate, Moderna le ha dimezzate da 43 a 23 mila Astrazeneca tagliate da 90 a 37.700. Un disastro. Che però non spaventa la macchina della sanità che procede con le convocazioni degli over Ottanta, in base al programma concordato.
Per quanto riguarda invece le persone vaccinate definitivamente, siamo a 108.407 mentre le dosi somministrate per la prima volta sono 266.830. In testa alla graduatoria veneta c’è la provincia di Padova con 55 mila dosi sommistrate tra Azienda Universitaria e Usl 6 Euganea e Io, seguita da Verona e Treviso con 40 mila, ma anche Vicenza con la Berica e la Pedemontana supera quota 50 mila. Il record in rapporto alla popolazione residente è della Usl 5 Polesana con 16.402 dosi.
E’ probabile che la strategia del governo possa cambiare con la scelta di AstraZeneca in monodose a tutta a popolazione per abbassare la soglia del rischio in caso di contagio e ridurre il tasso di mortalità. Profilassi analoga sta dando buoni risultati in Gran Bretagna. Il tema è stato discusso nella conferenza Stato-Regioni. «Il meccanismo sta andando troppo a rilento» si legge nel documento presentato da Bonaccini e Zaia. «Sarebbe auspicabile e urgente valutare il diretto coinvolgimento delle aziende italiane nel processo produttivo, tenendo presente che vi sono filiere nazionali in grado di realizzare alcune fasi della produzione». —