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La curva Covid è in calo da due settimane ma il Veneto sarà arancione a rischio alto

Zaia: «Segnali incoraggianti, l’incidenza dei contagi rispetto ai tamponi eseguiti è 3,48%, guai ad abbassare la guardia ora»

Filippo Tosatto
2 minuti di lettura
Terapie intensive: nel Veneto il tasso di occupazione delle rianimazioni permane sopra la soglia d’allerta ma i ricoveri scendono sensibilmente (ansa)

VENEZIA. Non è la fine. Non è neppure l’inizio della fine. Ma forse è la fine dell’inizio. Per il tredicesimo giorno consecutivo la curva epidemiologica in Veneto appare in discreto calo, sia sul versante dei nuovi contagi che su quello dei ricoveri in area non critica e terapia intensiva.

«L’ondata non è si conclusa ed è illusorio sperare che l’Italia rappresenterà un’isola felice nell’Europa flagellata. Le mutazioni del Covid ci hanno abituato a cambi repentini, speriamo però che la nostra regione abbia già scontato la fase più dolorosa», il commento di Luca Zaia, visibilmente disteso dopo settimane di trincea. E se il tasso di occupazione delle rianimazioni permane oltre la soglia d’allerta (36% contro il limite di 30 indicato dal ministero della salute), al riguardo Luciano Flor segnala un sensibile decremento.

«Mercoledì, 91 dei 700 posti letto attivi erano liberi, negli altri i pazienti Covid sono 334 e gli ordinari 275. Il picco di degenze risale al 31 dicembre, con 663 ingressi, da allora siamo in diminuzione», rivela il direttore della sanità. Che, alla luce dell’evoluzione ospedaliera - «Il sistema regge, anche nella fase più acuta abbiamo esteso le cure a pazienti critici provenienti da altre regioni» - già ventila «un parziale ripristino delle attività chirurgiche» sospese o rinviate per fronteggiare l’emergenza. Incombe però il nuovo Dpcm, destinato alla riclassificazione in fasce colorate: stamani ne discuterà la conferenza Stato-Regioni, domani è attesa la decisione.

«Presumo saremo collocati in zona arancione a rischio alto, certo non condividiamo il criterio della cifra assoluta di positivi ogni 100 mila abitanti: ignora le vistose disparità di testing e lo stesso Speranza l’ha escluso. Noi siamo al sesto posto per ospedalizzazione con un’incidenza di casi rispetto ai tamponi pari al 3,48%, un terzo della media nazionale».



La percentuale è rapportata alla somma di test molecolari e antigenici di terza generazione, validata dal ministero della salute ma tuttora assente dal report nazionale della Protezione civile. I dubbi sollevati in materia fanno letteralmente imbizzarrire il manager. «Sapete qual è la regione italiana che ha eseguito più molecolari? No? Ebbene siamo noi e li abbiamo accompagnati da refertazioni contenute in 24-48 ore. Sono stati adottati per diagnosi precedente i ricoveri, verifica dei contatti stretti, i focolai, conferma del primo esito. Poi abbiamo aggiunto gli antigenici, mai alternativi ma capaci di allargare un ventaglio altrimenti bloccato, riservandoli allo screening: qui le procedure indicate da ministero e Istituto superiore di sanità sono state applicate alla lettera. Quanto al test che l’Anaao ci diffida dall’eseguire, il Sofia Sars Antigen, beh, non l’abbiamo mai acquistato né tantomeno utilizzato».



Dalla contingenza sanitaria alle convulsioni della politica romana: «La crisi di governo? Io ho sempre sostenuto che l’ultima parola spetta al popolo, attraverso il voto democratico, ma in questo momento una campagna elettorale sarebbe tragica. I toni di alcuni ministri verso il premier lasciano intendere che il rapporto di fiducia sia cessato, assistiamo ad un’agonia trascinata. O Conte fa il terzo governo con una diversa maggioranza oppure ci sarà un nuovo presidente del consiglio». Ai giochi di Palazzo fa riscontro un sentiment diffuso improntato a rabbia e malessere, testimoniato dalla campagna “Io apro” che domani spingerà ristoratori e baristi a disobbedire simbolicamente ai divieti... «Ogni manifestazione pacifica è legittima, incluse quelle davanti a casa mia... Io non vi prenderò parte perché ricopro un ruolo istituzionale e non intendo innescare polemiche, però sono moralmente al fianco di esercenti e lavoratori in difficoltà, che non agiscono per scopi politici ma lanciano un grido di dolore: se i ristori fossero garantiti in tempi ed entità adeguati tutto ciò non accadrebbe. Queste attività non chiedono la luna: stanno facendo un sacrificio personale in favore della comunità, come avviene per il turismo, le palestre, lo sci e anche a scuola con i ragazzi e i docenti costretti alla didattica a distanza. Chiedo loro soltanto il rispetto delle regole sanitarie, la protesta è il sale della democrazia ma non deve trasformarsi in contagio».



Il resto è guerra di parole. Quelle della Lega, che all’assemblea regionale ribatte alla polemica dem sulla gestione della seconda ondata di pandemia alternando gli artigli di Sonia Brescacin - «Il Pd è sceso in lotta contro la sanità veneta, un modello universalista che accoglie e cura tutti al meglio e non lascia indietro nessuno» - al sarcasmo dello speaker Alberto Villanova: «I consiglieri del partito democratico, ormai esperti microbiologi, citano di continuo uno studio del professor Crisanti sui tamponi rapidi. L’ho cercato ovunque, è introvabile, forse era una ricerca riservata ai loro iscritti?». —


 

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