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Crisanti: "Covid, in Veneto i numeri non tornano"

Lo scienziato di fama mondiale nota come le cifre ufficiali tra morti e posti di terapia intensiva occupati non collimino. "La variante inglese? Non spiega quello che sta accadendo"

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VENEZIA. La storia del Veneto "investito dalla variante inglese del virus non è confermata, dubito che possa essere quella la causa del disastro". Lo dice in un'intervista a 'La Repubblica' il microbiologo Andrea Crisanti, docente all’Università di Padova.
 
"Ho visto il documento dell'Istituto zooprofilattico delle Venezie, datato 24 dicembre - spiega - primo: la variante inglese non è stata veramente trovata. Secondo: per dire che una variante genetica del virus sta provocando un'incidenza così alta e quel numero di malati devi dimostrare che è maggioritaria rispetto alle altre. I casi studiati nel report sono pochi per fare questa deduzione". 
 
La variante inglese "si distingue per 24 mutazioni del genoma rispetto al ceppo di Wuhan. L'Istituto zooprofilattico ha sequenziato il genoma rilevato su 26 tamponi, e in nessun caso ce n'è uno uguale al 100% a quello inglese. Alcuni pezzetti corrispondono, ma non nella loro interezza. Hanno trovato mutazioni simili, ma non uguali". 
 
Due o tre casi statisticamente "non spiegano dati epidemiologici così drammatici. In Inghilterra la percentuale di contagiati dalla variante passata dal 10 all'80% nell'arco di un mese. Lì sì che c'è quel problema. In Italia, al momento, no".
 
Tra le cause della maggiore incidenza in Veneto della seconda ondata "metto il fatto che hanno usato tamponi rapidi per testare personale medico e delle Rsa. Tre volte su dieci danno un falso negativo". Fra le altre cause c'è "il fatto che il Veneto è rimasto sempre zona gialla". 
 
Rispetto a un'altra regione rimasta in zona gialla come il Lazio dove "riescono ancora a fare un livello accettabile di contact tracing e utilizzano in modo più oculato i test molecolari", il Veneto "ha cifre che non tornano: in alcuni giorni registrano 160 morti eppure ci sono 'solo' 350-370 pazienti in terapia intensiva. In proporzione ai decessi, dovrebbero essere molti di più. C'è da chiedersi dove muoiano queste persone". 
 
Comunque Crisanti sottolinea di non essere influenzato nelle sue valutazioni da eventuali tensioni personali con Zaia: "Parlo da scienziato. Una settimana fa gli ho scritto per dirgli che sono disponibile a dare una mano".
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