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Cura un tumore con l'omeopatia, muore a 50 anni

Tragedia a Treviso, una donna stroncata da un cancro al seno: aveva rifiutato l'aiuto dei medici

Valentina Calzavara
2 minuti di lettura

TREVISO. Fino all'ultimo ha rifiutato visite mediche e terapie, nonostante quel nodulo al seno fosse arrivato a misurare cinque centimetri. Pensava di sconfiggerlo con rimedi naturali, seguendo i consigli di un sedicente omeopata. Ma la storia di una giovane commerciante trevigiana è finita nel modo più tragico. 

A fine novembre la donna, una 50enne proprietaria di un piccolo negozio di arredo, è stata ricoverata d'urgenza all'ospedale Ca' Foncello. La malattia si era fatta così insopportabile che Anna, la chiameremo con un nome di fantasia, non riusciva quasi più a respirare. Solo a quel punto, incoraggiata dai famigliari, ha chiesto aiuto ai medici. Gli accertamenti hanno evidenziato una situazione gravissima, purtroppo irrecuperabile.

«Le metastasi erano ovunque, nei polmoni e in altri organi vitali. È davvero raro vedere una giovane donna in simili condizioni. Oggi esistono gli screening, il cancro al seno può essere diagnosticato precocemente, ma nel suo caso il nodulo non era mai stato trattato. Era enorme, non c'era più niente da fare» raccontano i medici, che di fronte all'impossibilità della cura hanno almeno cercato di alleviare la sofferenza con una adeguata terapia contro il dolore. 

«Si affidava ciecamente all'omeopatia e non voleva saperne di vedere un medico, né di assumere medicinali. Veniva seguita da un omeopata e adoperava rimedi “naturali” per favorire l'organismo» racconta un amico di famiglia. Nonostante il nodulo crescesse a vista d'occhio, non figurano visite senologiche e dunque nessuna diagnosi di cancro, né indicazioni di terapie sanitarie per provare a sconfiggerlo. 

La scienza poteva offrire ad Anna la chemioterapia, l'unica via per curare un tumore così aggressivo, confermano i medici. Ma la giovane negoziante ha preferito seguire un'altra strada. Coerente fino all'ultimo con il suo credo “alternativo”. «Non voleva curarsi con la chimica, rifuggiva la medicina tradizionale, preferendo un approccio olistico e naturale» racconta l'amico. Una convinzione portata avanti fino ai primi di dicembre, quando è deceduta. Negli ultimi giorni di vita ha accettato i farmaci contro il dolore. «Forse all'ultimo momento potrebbe aver rivisto la sua posizione, dopo aver sposato l'omeopatia» aggiungono i sanitari. Non c'è giudizio verso la scelta di Anna, la salute appartiene a ogni individuo, così come la libertà di decidere quali trattamenti sanitari seguire. 

Ma resta comunque il grande vuoto di un' esistenza spezzata prematuramente da una malattia che oggi la medicina guarisce nel 90% dei casi. Percentuale altissima che a volte però non basta a convincere il malato, ed è proprio su questo che occorre riflettere. «Il progresso scientifico fa passi da gigante ma non può perdere il paziente. Noi medici dobbiamo costruire un'alleanza con l'assistito, un rapporto basato sulla fiducia, altrimenti si rischia di scivolare nell'oscurantismo» commenta il primario Roberto Rigoli. I protocolli non possono sottrarsi al confronto con le paure che la malattia porta con sé. Quando una paziente affronta la chemio sa che i suoi capelli cadranno, il viso resterà senza sopracciglia e il seno verrà segnato dalle cicatrici, anche se gli esperti lavorano per rendere le cure meno invasive.

A volte si preferisce ascoltare chi propone facili rimedi: decotti di ortica, impacchi di argilla, pietre e digiuni. «Queste scelte portano a situazioni tragiche ed estreme. Noi non possiamo imporre nulla, sarebbe accanimento terapeutico, ma è fondamentale la corretta informazione, conoscere i protocolli che sono validati scientificamente per non incappare in santoni» aggiunge il direttore generale Francesco Benazzi. Le saracinesche del negozio di Anna sono aperte solo a metà, dietro alla vetrina una luce accesa lascia intravvedere monili orientali e talismani, la testa di Buddha e tanti scacciapensieri appesi. Tutto è fermo e silenzioso, un cartello avverte: «Chiuso per lutto».

 

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