Esposizione avvenuta quando lavoravano nell’ex base Nato del Primo Roc, due chilometri di gallerie sotterranee ricavate nel ventre del Monte Venda, l’area degli Euganei che custodiva la base militare attiva dal 1958 come ombrello protettivo contro il nemico dell’Est fino al 1998, ben oltre il tramonto della guerra fredda. Una sentenza storica quella pronunciata dal giudice padovano Beatrice Bergamasco: da un lato riconosce il nesso di causalità tra il tumore polmonare e l’esposizione a quel gas naturale oltre i limiti di legge (500 bequerel al metro cubo contro i 36 mila, picco massimo, rilevato nell’ex base Nato), dall’altro apre la strada ad azioni penali, civili o amministrative nei confronti dello Stato da parte delle vittime o delle vedove con figli a carico.
La sentenza. Due anni di carcere (con la condizionale) e il pagamento delle spese sono stati inflitti all’ex direttore generale della Sanità militare Agostino Di Donna, 88 anni di Roma, accusato di omicidio e lesioni colpose per la morte di Graziano Strazzacappa di Selvazzano, avvenuta il 23 giugno 2013 per carcinoma polmonare, e di Nicola Santacroce, 70enne di Rubano, deceduto il 26 settembre 2010 per microcitoma polmonare con metastasi, marescialli dell’Aeronautica assistenti al traffico aereo, 32 anni di servizio in sala operativa, e per la malattia contratta da O. Z. , 74enne di Vo Euganeo, maresciallo elettricista, 27 anni di lavoro nella centrale elettrica del Primo Roc, oggi affetto da adenocarcinoma polmonare. L’alto ufficiale è stato condannato anche al risarcimento, in solido con il Ministero della Difesa, a favore delle due parti civili costituite (le famiglie dei morti tutelate dall’avvocato Patrizia Sadocco), anche se la quantificazione è stata demandata al giudice civile. Assolto per la morte del maresciallo Sergio Proietti di Padova, spirato a 72 anni dopo 33 anni di lavoro al Venda. Nessuna responsabilità penale (e assoluzione per “non aver commesso il fatto”) nei confronti dell’unico coimputato sopravvissuto, l’ex capo di Stato maggiore Franco Pisano, 86 anni di Abano: non è stata raggiunta la prova che fosse a conoscenza della presenza del radon nella base.
Rischi noti. Il pm Francesco Tonon aveva chiesto la condanna a 2 anni per entrambi: «C’erano gli strumenti normativi e tecnico-scientifici per capire e agire». L’1 dicembre 1988 l’alto ufficiale Di Donna aveva comunicato al Cresam (Centro ricerche, esperienze e studi per le applicazioni militari) come la Direzione generale della sanità militare da lui guidata intendesse «avviare un’indagine conoscitiva degli eventuali livelli di contaminazione (gas radon) nelle installazioni militari». I vertici militari italiani erano appena stati informati che nella base Usa di Aviano era stati accertati alti livelli di radon. E sapevano della situazione nelle altre basi italiane. Eppure hanno taciuto: nessuna tutela o protezione per i lavoratori-militari. Ben 12 mila militari (pure di leva) si sono succeduti nella base del Venda: 150 le morti sospette (l’85% per tumori, fra i quali 28 al polmone) e 50 i malati neoplastici (ma il numero è destinato a lievitare). Molti di loro non sanno nulla del problema-radon.
La parte civile. Commenta l’avvocato Sadocco: «Il processo è costato 12 anni di battaglie. Due le richieste di archiviazione da parte di un precedente pm (Orietta Canova), ma un gip coraggioso come Mariella Fino ha spinto in avanti l’indagine. E siamo arrivati alla condanna: la prima in Europa dei vertici militari per l’esposizione al radon, seconda causa di morte per tumore polmonare dopo il fumo».
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