Psichiatria, tagli della Regione pochi dottori e servizi a rischio
Oltre 70 mila pazienti con disagio mentale ma diminuisce il supporto per le famiglie e le case alloggio La denuncia dei medici: «Saremo l’unica regione in Italia senza un’unità di neuropsichiatria infantile»
di Silvia Quaranta
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PADOVA. Dalle neo mamme con depressione post partum alle persone detenute, dai minori alle persone con problemi di dipendenza: i servizi psichiatrici coprono, o meglio dovrebbero coprire, una varietà di casistica molto ampia, ma dopo i ripetuti tagli della Regione, oggi, sono ridotti al lumicino. Meno risorse ha significato, in questi anni, il progressivo smantellamento di tutta la macchina organizzativa, prima con il Piano Sociosanitario, ora con il documento approvato dalla V Commissione. Il risultato sono servizi di base sempre più ridotti e le Unità operative complesse di Psichiatria dimezzate: erano quaranta nel 2012, oggi sono venti. Un caso eclatante sta per concretizzarsi a Padova, dove nei prossimi due mesi andranno in pensione due primari su tre, ed entro fine anno rimarrà solo il dottor Leonardo Meneghetti, primario di Psichiatria a Cittadella, a farsi carico di circa un milione di abitanti. Una situazione drammatica che si protrarrà per un tempo indefinito: fino a quando non si concluderanno i concorsi, per cui oggi non c’è ancora nemmeno il bando. «Avevamo evidenziato, portando a sostegno dati e documenti, come la salute mentale abbia bisogno di ulteriori risorse, economiche e umane, e necessiti di politiche organiche e adeguate» ribadisce Lodovico Cappellari, coordinatore di Psi. Ve, la sezione veneta della Società italiana di Psichiatria (Sip) che assieme al Collegio dei clinici e professori universitari di psichiatria del Veneto e ad altre associazioni (Aitsam, Sinpia Veneto, Sirp Triveneto e Cgil Medici) si è fatta prima promotrice dell’appello. «Ma a parte i confermati tagli» continua Cappellari «non è rintracciabile un solo parere articolato della Regione, almeno di qualche riga, in merito alla salute mentale. Un silenzio che dimentica l’importanza di organizzare in modo adeguato le attuali Unità operative complesse di Psichiatria, chiamate oggi a gestire reparti ospedalieri con 15-16 posti letto, comunità terapeutiche, centri di salute mentale e centri diurni, spesso dotati di personale limitato se non addirittura carente».
In regione le persone assistite per problemi di salute mentale sono oltre 70 mila, compresi coloro che, avendo commesso reati in una condizione di malattia mentale, in un recente passato erano internati negli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e ora sono in capo ai servizi sociosanitari territoriali. «Si tratta di giovani, donne e uomini con disagi diversi» ricorda Tali Corona, presidente di Aitsam «alcune sono persone che apparentemente non avevano avuto alcuna difficoltà e a un certo punto della propria vita si sono trovate ad affrontare una crisi profonda. Non vanno poi dimenticate le famiglie, spesso coinvolte in vicende esistenziali dure e complicate. Per tutti loro i tagli comporteranno tempi di attesa lunghi, prese in carico difficili, solitudine». Dai tagli non si salveranno nemmeno i servizi dedicati all’infanzia e all’adolescenza: «la Regione Veneto, unica in Italia, non avrà in futuro nessuna unità operativa complessa dedicata alla neuropsichiatria infantile» denunciano i medici del Sinpia (Società italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza) che parlano di «un passo indietro di quarant’anni». «I disturbi neuropsichici dell’età evolutiva» spiega infatti Roberto Tombolato, segretario triveneto del Sinpia «sono disturbi a base neurobiologica, la cui espressività può essere modulata dall’ambiente e la cui diagnosi e cura richiede competenze specialistiche, che permettono non solo diagnosi sempre più tempestive ma soprattutto interventi terapeutici e riabilitativi efficaci». Il disagio è confermato da Claudio Sinigaglia, vice presidente della Quinta Commissione e consigliere del Pd: «Superare la Basaglia» ricorda «significa prendere in carico la persona: non metterla in un posto e basta, ma inserirla in un percorso. Ora la presa in carico spetta a famiglie, centri diurni, case alloggio, se serve c’è il ricovero ambulatoriale e ospedaliero. Ma manca la risposta ospedaliera per i minori che hanno disturbi psichiatrici, e ci era stata garantita. Il fatto che le nostre richieste siano rimaste senza risposta è gravissimo».
In regione le persone assistite per problemi di salute mentale sono oltre 70 mila, compresi coloro che, avendo commesso reati in una condizione di malattia mentale, in un recente passato erano internati negli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e ora sono in capo ai servizi sociosanitari territoriali. «Si tratta di giovani, donne e uomini con disagi diversi» ricorda Tali Corona, presidente di Aitsam «alcune sono persone che apparentemente non avevano avuto alcuna difficoltà e a un certo punto della propria vita si sono trovate ad affrontare una crisi profonda. Non vanno poi dimenticate le famiglie, spesso coinvolte in vicende esistenziali dure e complicate. Per tutti loro i tagli comporteranno tempi di attesa lunghi, prese in carico difficili, solitudine». Dai tagli non si salveranno nemmeno i servizi dedicati all’infanzia e all’adolescenza: «la Regione Veneto, unica in Italia, non avrà in futuro nessuna unità operativa complessa dedicata alla neuropsichiatria infantile» denunciano i medici del Sinpia (Società italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza) che parlano di «un passo indietro di quarant’anni». «I disturbi neuropsichici dell’età evolutiva» spiega infatti Roberto Tombolato, segretario triveneto del Sinpia «sono disturbi a base neurobiologica, la cui espressività può essere modulata dall’ambiente e la cui diagnosi e cura richiede competenze specialistiche, che permettono non solo diagnosi sempre più tempestive ma soprattutto interventi terapeutici e riabilitativi efficaci». Il disagio è confermato da Claudio Sinigaglia, vice presidente della Quinta Commissione e consigliere del Pd: «Superare la Basaglia» ricorda «significa prendere in carico la persona: non metterla in un posto e basta, ma inserirla in un percorso. Ora la presa in carico spetta a famiglie, centri diurni, case alloggio, se serve c’è il ricovero ambulatoriale e ospedaliero. Ma manca la risposta ospedaliera per i minori che hanno disturbi psichiatrici, e ci era stata garantita. Il fatto che le nostre richieste siano rimaste senza risposta è gravissimo».
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