Montagne di ghiaia, affare da 40 milioni
Il mercato dell’edilizia viaggia ancora a rilento, braccio di ferro tra i cavatori e il «team» Dogliani

TREVISO. Un affare dentro l’affare: vale almeno 40 milioni di euro il business dei materiali di scavo dei cantieri della Superstrada Pedemontana Veneta. Si tratta di circa otto milioni di metri cubi di terre e rocce di scavo: materiali in eccedenza a causa dei lavori di galleria e tracciati in trincea della infrastruttura stradale più importante del Veneto, attualmente realizzata per il 35 per cento e destinata ad essere completata entro due anni e mezzo.
Ma un affare per chi? Non certo per il consorzio Sis - controllato dai piemontesi Dogliani – che pensavano di avere in mano il triplo del valore al tempo in cui un metro cubo di ghiaia sfiorava il prezzo di 12 euro. Ora il suo prezzo oscilla tra i 4 e i 5 euro, praticamente un terzo. Con un mercato che non esprime particolare richiesta di materiali per l’edilizia.
E qui si insinua il business: la Pedemontana sta producendo un’eccedenza di materiali di scavo pari a circa otto milioni di metri cubi, tra terre e rocce da scavo e materiale pregiato «vendibile» sul mercato dell’edilizia. Su 94 chilometri di tracciato, infatti, più di 50 sono realizzati «in trincea» ed altri 16 in galleria e solo 26 in rilevato. La differenza produce, appunto, i materiali in eccesso. Il surplus di materiali, che ora sta diventando un problema, è sempre più visibile accanto ai cantieri che, tra San Zenone degli Ezzelini, Riese Pio X, Altivole, Montebelluna e Volpago: enormi cumuli di ghiaia, più o meno grezza. Autentiche montagne che il consorzio di costruttori ha urgenza di smaltire pena il rallentamento del cantiere e l’incremento dei costi.
Ecco il nuovo business, venuto alla luce dopo lo stop imposto dal sindaco di Arcade all’imprenditore Loris Colomberotto, disposto a «regalare» mezzo milione di euro al Comune in cambio del via libera all’utilizzo di una ex cava come deposito di materiale della Spv. Niente da fare: il sindaco ha detto no, perché teme disagi alla viabilità legati alla riapertura della cava e magari un uso «improprio» dell’area, magari per ospitare diversi tipi di materiali.
A controllare gli spazi idonei al deposito – ex cave o cave ancora in attività – sono praticamente i signori della ghiaia trevigiana: a Trevignano i Biasuzzi, a Montebelluna i Guidolin, a Volpago i Grigolin hanno già messo a disposizione le loro cave come depositi temporanei dei materiali della Pedemontana. Ma lo scontro è sul prezzo, in un momento in cui il mercato non mostra certo una particolare domanda. Ecco la ragione attraverso la quale i signori della ghiaia stanno ingaggiando con il consorzio Sis un personalissimo braccio di ferro. Da un lato i costruttori hanno bisogno di smaltire il materiale per procedere nei cantieri, dall’altro i cavatori hanno il coltello dalla parte del manico perché possiedono gli spazi ma non dimostrano particolare fretta nell’aprire le porte delle loro cave. (d.f.)
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