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L’allarme legalità nelle coop: «Sui migranti affari sporchi»

Assemblea di Confcooperative del Veneto: troppi banditi speculano sull’accoglienza. Zaia chiede ai magistrati di fare luce sui 3 milioni erogati ai disabili e finiti in birreria

di Filippo Tosatto;
2 minuti di lettura

PADOVA. La società, il mercato, l'economia reale: la lunga marcia della cooperazione attraverso due secoli di storia nazionale non dimentica le radici solidali ma si si scopre esposta al virus della corruzione. «Ci sono coop fondate per delinquere, allestite alla vigilia di un bando d'appalto e manovrate da personaggi senza scrupoli che si valgono di complicità istituzionali», le parole di Ugo Campagnaro, presidente uscente - e rientrante, con voto plebiscitario - di Confcooperative Veneto, il colosso “bianco” che schiera oltre 1100 imprese, con 187 mila tra soci e lavoratori capaci di fatturare 7,2 miliardi l'anno. L’occasione è l'assemblea regionale e i terecento delegati che affluiscono al Crown Plaza di Limena testimoniano l’ampiezza diun ventaglio che si estende dall’agroalimentare all’edilizia, dai servizi alla sanità, e poi al sociale, alla pesca e alla triade turismo-cultura-sport, fino ai consumi e alle banche di credito cooperativo. Ma a calamitare l’attenzione è il delicato capitolo dell’accoglienza alle ondate di migranti, che accanto alle generose sinergie tra enti locali e volontariato, evidenzia fenomeni di illegalità e vere e proprie inflitrazioni criminali.

Tant’è. Proprio dal Padovano rimbalza il caso Ecofficina, la coop di Battaglia Terme “specializzata” in immigrati ora indagata dalla Procura per maltrattamenti nei confronti di alcuni stranieri e sospesa da Confcooperative: «Ci sono prefetture che affidano quote ingenti di persone e relativi appalti a chiunque sia disposto ad accollarsele in cambio di un profitto, senza garanzie né regole», commenta Campagnaro «è una logica da Caporetto, un atteggiamento che respingiamo come sbagliato e rischioso, noi siamo favorevoli all’accoglienza diffusa su base volontaria non certo ai grandi numeri che generano ghetti. Ai nostri soci io dico: la cultura cristiana ci spinge a tendere la mano a chi versa in condizioni di bisogno, con prudenza però: a toccare il fango di chi arraffa, ci si schizza». A rincarare la dose, applauditissimo dalla platea, provvede il presidente nazionale delle coop bianche, Maurizio Gardini: «Basta con i progetti gestiti da banditi e ideati da gente che nel frattempo è finita in galera. Basta con la cultura della straordinarietà affidata a boiardi di Stato incapaci di selezionare standard adeguati, ci sono false cooperative che sfruttano il disagio sociale, sottopagano i lavoratori con 600 euro al mese, magari in nero. L’abbiamo denunciato più volte ma il fenomeno persiste»; per parte vostra, cosa fate per evitare derive illegali in seno alla confederazione? «Non disponiamo di strumenti investigativi, procediamo alle revisioni dei bilanci ma chi ha qualcosa da nascondere non ci pensa due volte a truccare le cifre. I nostri guai si contano sulle dita di una mano ma se un socio sbaglia lo sospendiamo e invitiamo la giustizia a fare il suo corso. Siamo riusciti a porre fine al criterio perverso del massimo ribasso nelle gare, è già un passo avanti».

Al dibattito d’apertura, coordinato dalla nostra collega Eleonora Vallin, ha partecipato anche il governatore Luca Zaia. Scontata la sua “ricetta” sui flussi migratori («L’Europa non può contenere l’Africa, ora mezza Europa alza i muri, aiutiamo i disperati a casa loro») meno prevedibile l’accenno allo scandalo dei fondi regionali erogati alle coop sociali per dare lavoro ai disabili ma dirottati altrove, leggi la famigerata “birreria Ca’ Robinia” nel Trevigiano: «Tutti hanno chiacchierato ma l’unica denuncia l’ho presentata io. Ci sono tre Procure al lavoro, chiedo di sapere che fine hanno fatto i tre milioni che abbiamo stanziato».

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