Fenomeno “Airbnb” guerra nel turismo: 3 mila alloggi fantasma
Migliaia i privati che offrono ai visitatori un affitto senza gli oneri delle strutture tradizionali. E il settore cambia pelle
di Roberta De Rossi
VENEZIA. La mappa di Venezia è completamente coperta di puntini colorati: 2672 per la precisione. Se si allarga la schermata alle isole, diventano 2819. Se si apre ancora più verso Mestre e Marghera, salgono a 3128.
Sono gli appartamenti che i proprietari offrono in affitto ai turisti, attraverso uno dei siti più conosciuti al mondo: il fenomeno Airbnb, comunity tra viaggiatori che cercano una sistemazione e proprietari che la offrono. Abitazioni piccole e grandi delle quali tutti possono vedere online le foto, i prezzi, la disponibilità: una miriade, che rappresenta per altro solo una parte del tutto, in una città storica con meno di 56 mila abitanti, sempre più un grande residence diffuso.
Alloggi per il mercato turistico del quali nessuno conosce il numero reale, sottratti al mercato immobiliare residenziale e che - complici le disposizioni della nuova legge regionale (vedi box) - possono tranquillamente sfuggire al pagamento della tassa di soggiorno, della Tarsu per i rifiuti prodotti dai loro ospiti, delle imposte sul reddito dei proprietari. Lo fanno? Non lo fanno?
Certo, se si è onesti si dichiara attività e profitti, ma se non c’è nessuno a controllare e i vincoli di legge son ridotti all’osso, si può facilmente far finta di nulla. Nel caso di Airbnb i pagamenti vengono comunque effettuati attraverso conti Paypal o bancari che possono essere tracciati, ma il mercato degli affitti turistici è sempre più sfuggente.
La ricerca. A scovare e tradurre in una mappa - che molto racconta - i numeri di una realtà percepita da chiunque viva la città è stato l’incontro (online) tra il fotoreporter australiano-newyorkese Murray Cox e il gruppo ResetVenezia.it. Cox da tempo studia l’impatto del turismo sulle città, a stravolgerne spesso il tessuto residenziale: ha puntato il suo obiettivo proprio su AirBnb. Estrae ed elabora le offerte di appartamenti sul sito, il prezzo, stima il profitto, pubblicando tutto online. «Quando abbiamo letto di questo lavoro, che Murray aveva focalizzato soprattutto sulle grandi città americane, l’abbiamo subito contattato, chiedendogli se fosse interessato a lavorare su Venezia, coordinandoci con Hacks/Hackers Venezia e il Wpi di Fabio Carrera», racconta Emanuele Dal Carlo, tra i fondatori di Reset, «e ha accettato entusiasta».
I risultati. La ricerca - che chiunque potrà scorrere da mezzanotte sul sito di Murray Cox http://insiderairbnb.com/venice/ - ha monitorato un anno di offerte su Airbnb, arrivando a contarne 3128 nel comune, delle quali 2672 nella sola città storica. Di più, l’analisi di Cox offre anche il prezzo medio per notte: 135 euro nel comune e 143 a Venezia. Ancora, il profitto mensile: mille euro nella media comunale, che salgono a 1250 a Venezia città. Il 93% delle offerte è online tutto l’anno, quindi a piena vocazione turistica: niente universitari, ad esempio. Di più: il 68,4% gestisce più di un appartamento, quindi a livello imprenditoriale.
I dati della Regione. L’archivio della Regione, che censisce le strutture classificate come attività ricettive, per il comune di Venezia nel 2014 conta “solo” 1369 strutture. Tra queste, a Venezia città - tolti i 296 sono alberghi e altre strutture come residence e campeggi - ci sono 278 affittacamere, 297 bed&breakfast, 435 appartamenti turistici. A Mestre sono in tutto 141. Una sproporzione con le sole offerte Airbnb.
Il precedente. Dati che diventano ancor più significativi se paragonati con l’unico precedente ufficiale: l’ “Indagine sulle strutture ricettive extralberghiere-Indagine sui siti web” realizzata dall’assessorato alla Casa e da Sistema per il Comune nel 2008. A Venezia si contarono 230 b&b (oggi raddoppiati), 263 affittacamere e 768 appartamenti. Controllando 450 siti web, la ricerca scoprì solo un 22% di appertamenti che non risultavano registrati all’ufficio Attività produttive del Comune e all’ufficio Turismo della Provincia. Nulla rispetto ai soli 3 mila della ricerca.
Le valutazioni di Reset. «È evidente che ormai Venezia è un enorme albergo diffuso, che però sfugge ad ogni controllo», commenta Emanuele Dal Carlo, per Reset, «e soprattutto c’è un’ampia zona grigia che non partecipa alla raccolta della tassa di soggiorno o peggio non dichiara presenze né introiti. Gli appartamenti su Airbnb sono solo una parte: si stima il 50% e il loro numero di posti letto sfiora i 15 mila nella sola Venezia, che sommate a quelli degli alberghi , ostelli religiosi, mille tipologie ricettive raddoppia il numero ufficiale e arriva a 1 posto per ogni abitante. I letti crescono, i residenti calano. Speriamo che Comune e Regione usino questa ricerca, come il Veniceprojectcenter.org di Carrera, per mettere a setaccio il sistema turistico e cambiare una legge regionale che ostacola il Comune, favorendo l’opacità dell’offerta».
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