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Piazza Salvemini, il nuovo centro dello spaccio a Padova

Il fulcro è la droga: c’è chi vende, chi compra e chi consuma. Chi lavora negli uffici ha paura: «Le risse sono continue»

alice ferretti
2 minuti di lettura
Un’immagine di piazza Salvemini, con i bivacchi di sbandati che occupano gli spazi 

Negli anni ottanta era uno dei quadrilateri più produttivi della città. C’erano banche, studi dentistici, di avvocati e di commercialisti, sedi di prestigiose aziende e fiorenti attività commerciali. Si contavano 2 mila dipendenti. Oggi piazza Salvemini ha cambiato totalmente volto. E assomiglia sempre più a quello di una casba. Alcuni l’apostrofano come “la zona più degradata della città”.

Gli uffici, gli studi professionali e le banche hanno quasi tutti chiuso i battenti, ne restano solo alcuni, irriducibili. Gli impiegati saranno sì e no un centinaio e quotidianamente ormai si trovano costretti ad alzare il telefono e chiamare le forze dell’ordine. Spaccio di droga, consumo di eroina, ubriacature e risse sono all’ordine del giorno. I bivacchi non si contano più. Fino a qualche giorno fa c’erano addirittura delle tende. «Lo scorso inverno una tenda ha preso fuoco – racconta una professionista della zona – L’incendio dev’essere partito da una stufetta che usavano per scaldarsi».

Qualche ufficio mantiene gli occhi sulla piazza, che si trova alle spalle dei palazzoni tra via Tommaseo e via Gozzi, a pochi passi dalla sede della polizia locale. Ci sono ancora uno studio di avvocati, uno di commercialisti, la sede di un’azienda specializzata in formazione nel settore medico e pochi altri. C’è anche la sede dell’Ordine degli Architetti e degli Ingegneri. E a breve dovrebbero aprire gli uffici amministrativi dello Iov, che tutti attendono con ansia. «La presenza dello Iov potrebbe riqualificare la zona – dice un’impiegata – O almeno noi tutti ce lo auguriamo».

Sotto ai portici della piazza, seduti al bordo delle grate sotto cui si trova il garage Tommaseo, ci sono decine e decine di persone. La maggior parte sono di origini africane. Ma non solo. È evidente che qui ci vivono, e se non 24 ore su 24 per buona parte della giornata. Oltre a sporcizia, bottiglie di vetro, rifiuti, materassi e cuscini, ci sono angoli di quotidianità. C’è addirittura chi si fa fare le treccine ai capelli. C’è chi dorme, chi beve una birra, chi fuma, chi attende l’arrivo di qualcuno e chi fa la spola della piazza e chi la vedetta. C’è chi la droga la consuma, chi la vende e chi la compra. Ci sono anche bambini, che un posto del genere non dovrebbero neppure immaginarlo.

«Piange il cuore dirlo, ci sono mamme che arrivano a comprare la droga con i bambini piccoli – racconta ancora una lavoratrice che ha la scrivania proprio di fianco a uno dei finestroni a specchio che danno sulla piazza – Non sono solo stranieri. Ci sono anche tanti italiani. Tanti giovani, che arrivano con lo zaino colorato in spalla, forse dopo la scuola».

Le forze dell’ordine, chiamate quasi ogni giorno da chi lavora in piazza Salvemini, arrivano, controllano e se ne vanno. Ma immediatamente dopo, il fermento che ruota attorno alla droga riprende come nulla fosse. E quando piove pare sia anche peggio: «Si mettono tutti sotto i portici, sono in tantissimi. C’è chi è alterato dall’alcol, chi dagli stupefacenti. Litigano, urlano e si mettono le mani addosso. Per noi non è una convivenza facile». Per il momento non sono successi episodi particolarmente gravi nei confronti di chi ogni giorno arriva in piazza Salvemini per lavorare, ma la preoccupazione c’è. «Non vorremmo si arrivasse a questo livello. Bisognerebbe fare qualcosa prima, o meglio adesso».

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