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Walter e Luciana sono ancora sposi novelli. A Padova un innamoramento che si rinnova da 75 anni

Erano appena ragazzi quando si sono conosciuti e voluti sposare dopo che lui l’ha conquistata a suon di dolci. Insieme hanno vissuto quella che lei definisce senza alcuna esitazione «una vita bellissima»

elvira scigliano
Aggiornato alle 2 minuti di lettura

Luciana e Walter: sposi novelli ieri, sposi novelli oggi

 

Walter e Luciana Chillin, 99 anni lui e 97 lei, domani festeggeranno 75 anni di matrimonio. Erano appena ragazzi quando si sono conosciuti e insieme hanno vissuto «una vita bellissima».

A dirlo è proprio Luciana e le sue parole commuovono perché celebrano l’amore vero: si guardano negli occhi confessandosi che, da soli, sarebbero perduti.

Questo sguardo è più forte del tempo, perfino dell’obiettivo della macchina fotografica, lo si ritrova negli scatti collezionati in quasi un secolo di vita, lo si vede dal modo in cui si rivolgono l’una all’altro, nella loro maniera di tenersi per mano o sottobraccio, in quella luce speciale che illumina la stanza in cui si trovano.

«Un bel giorno», racconta Walter, che lei chiama Nino, «ho avuto un mancamento, mi si è annebbiata la vista, ero di fronte a Donna Luciana: quella creatura doveva essere mia. Ho deciso di conquistarla a suon di pastine».

E dopo anni, quintali di pan di spagna, francesine e cannoli, Luciana ha detto si.

Il matrimonio il 31 maggio del 1948: raggianti, felici, emozionati e pronti a vivere per sempre uniti.

Arriva Giorgino, il figlio, e con lui una scelta che poteva essere la più dolorosa della vita di Nino: i medici non sanno se la madre supererà il parto, gli chiedono di scegliere tra la vita della donna e quella del piccolo. Walter trema, ma non ha esitazioni: «Il bambino non lo conosco ancora, senza di lei non posso vivere».

Invece il parto passa, entrambi stanno bene, la vita scorre serena, Nino viene nominato titolare della stazione di Ponte di Brenta e cavaliere del lavoro, Luciana diventata famosa per le sue aiuole, è tempo di gite (in Lambretta), in tre, senza casco, con Giorgio in braccio a Luciana.

E poi c’è la caccia, padre e figlio assieme e Nino diventerà presidente della sezione caccia di Vigonza. Finché il cuore non gli dice che la caccia, in fondo in fondo, non è poi così affascinante e Nino appende il fucine al chiodo: «Gli animali vanno amati», e comincia ad adottare i gattini orfani, come Mario e Rossa, che nel giardino di via Turazza, dove la coppia vive, hanno trovato il loro paradiso.

«Io sono il padrone di casa», dice serio Nino, «chi comanda è mia moglie». Lei ride: «Quanta pazienza con questo ragazzo».

La loro casa è tutto un ricordo: i viaggi in Austria, le feste, i sorrisi complici.

Finché non si parla di guerra, allora cala un silenzio penoso. Luciana spiega che suo marito è ricordato nel libro dei Giusti della sinagoga di Roma perché, quando era capostazione a Ponte di Brenta, non esitò a dare cibo e acqua agli ebrei trasportati verso Auschwitz. Era in arrivo un vagone bestiame, ma dall’interno si sentivano piangere donne e bambini.

Nino cercò in ogni modo di liberarli, prima ritardando la partenza del treno, poi provando a farli scappare, ma fu tutto vano e quei mille ebrei ricevettero nella stazione padovana l’ultimo gesto di umanità. —

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