Case di riposo, è boom di richieste a Padova: «Le liste d’attesa sono raddoppiate»
Volpe (Uripa): «Senza interventi si rischia il collasso. Decine di telefonate per chiedermi di trovare un posto letto». «Il 90% degli anziani che necessita di accoglienza ha problemi di demenza ingestibili a domicilio»
Simonetta Zanetti
Un’anziana ospite in casa di riposo: sarà sempre più difficile trovare posto a causa delle lunghe liste d’attesa
È boom di richieste per entrare in casa di riposo: «Ci sono liste d’attesa spaventose» conferma Roberto Volpe, presidente di Uripa, l’Unione regionale delle case di riposo «rispetto a prima del Covid sono raddoppiate. Il collasso, ormai, è dietro l’angolo».
Già il Covid, che tante vittime ha fatto nelle strutture per anziani durante la fase pandemica pre-vaccino e che in queste ultime settimane è tornato a far parlare di sé nelle Rsa pur con toni decisamente diversi. Tant’è che negli ultimi giorni sia all’Alta Vita Ira a Padova che alla Santa Tecla di Este le visite sono state sospese in alcune sezioni proprio a causa dell’aumento dei contagi.
Il Covid
«Non è che il virus sia sparito, lo sapevamo» commenta Volpe «certo ora le condizioni sono molto diverse e quello che va fatto capire alla gente è che di fronte a certi episodi le strutture sono costrette a rispettare le regole e a sospendere le visite, soprattutto per ragioni organizzative: spesso dietro a ospiti contagiati ci sono anche dipendenti positivi e quindi fuori servizio. Di fronte alla carenza di personale ormai strutturale, il sistema non può reggere se non modificando il sistema organizzativo a seconda delle necessità. Questo non significa maltrattare gli anziani, ma proteggerli. Anche per questo, proprio per il loro bene, non escludo che per il futuro lo stesso modello possa continuare a restare in vigore in periodi particolarmente virulenti, penso ad esempio all’uso delle mascherine, per un paio di mesi all’anno quando l’influenza colpisce duro: non dimentichiamo il numero di vittime che ha fatto nel 2015».
Quindi si viene al nodo delle visite, a volte precluse, altre contingentate: «Non torneremo mai più al 2019, in cui la gente andava e veniva come voleva» conferma il presidente di Uripa «il Covid ci ha insegnato moltissimo a partire da alcune accortezze sul fronte della sicurezza sanitaria degli ospiti, che oggi va sommato alla mancanza di personale: in un mondo in cui prendiamo appuntamento per tutto, non è uno scandalo pensare che funzioni così anche in casa di riposo. Questo non vuol dire non vedere i propri cari, ci mancherebbe, ma consentire a realtà con risorse tirate all’osso di organizzarsi al meglio per garantire agli anziani il massimo dell’assistenza. Ovviamente, se una struttura ha spazi grandi a disposizione, cambia molto. Ma ricordiamoci che ora il tasso di mortalità si è abbassato notevolmente».
I nodi
Il problema più significativo, in questo momento, quindi, è la grandissima richiesta di posti letto, con un’occupazione delle strutture ormai rapportabile al 2019: «Abbiamo liste d’attesa spaventose» sostiene Volpe «in trent’anni non ho mai avuto pressioni dai familiari degli anziani per trovare un posto letto, adesso ricevo una decina di telefonate al giorno. Certo si sapeva, lo dico da anni, che le famiglie non sono strutturate per gestire i loro anziani, perché spesso c’è un figlio solo, non si trovano le badanti disposte a gestire situazioni gravi e le case stesse sono inadeguate. Senza contare il problema più grave, ovvero che il 90% degli anziani ormai ha problemi comportamentali, e una persona affetta da demenza diventa ingestibile. Le graduatorie rispondono a chi ha più bisogno, ma chi è dietro è costretto a un limbo devastante e non è detto che trovi risposta».
L’assenza di una programmazione dei servizi in grado di assorbire l’accelerazione sul fronte dell’invecchiamento, spiega il presidente Uripa, si somma con la mancanza di personale: «Il Pnrr ha messo soldi sull’assistenza domiciliare senza considerare che con qualche ora di aiuto non si risolve un problema che è H24. Questo è l’esatto opposto di quello che chiede la gente e di quello che serve dopo che sono trent’anni che non si fanno investimenti strutturali sulle case di riposo» aggiunge «a questo si aggiunge l’acquisizione dei lavoratori da parte delle Usl che ci sta mettendo in difficoltà. Ora c’è una carenza significativa di Oss. Se continua a crescere la domanda dovremo ridurre la capacità recettiva».
Le soluzioni
L’unica svolta possibile, conclude Volpe, «per evitare il collasso entro un paio di anni, forse prima se non riusciamo a mettere in campo soluzioni, è l’immigrazione guidata» sostiene «altri Paesi l’hanno già fatto, ma serve il coraggio di andare a trovare forza lavoro all’est, a partire dall’Albania, o in Sudamerica, in quei Paesi in cui c’è fame di lavoro e in cui i ragazzi vengono formati per questo lavoro già a scuola grazie ai licei sociosanitari, che insegnano molto più di un corso di mille ore per operatore sociosanitario. Sono l’unica possibilità che abbiamo: le strutture che hanno fatto questa scelta hanno risolto buona parte dei problemi, anche se hanno dovuto farlo a loro spese, insegnando la lingua a questi ragazzi e trovando loro casa, ma poi si apre il cielo quando si aumentano le rette di un euro. Il legislatore deve fare la sua parte e smettere di fare battaglie politiche: solo così sarà possibile fare accordi transnazionali, assicurarci che arrivino da noi formati e in grado di parlare italiano. A me vanno bene gli Stati generali della natalità, ma forse qualcuno dovrebbe cominciare a pensare a quelli per la terza e quarta età».
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