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Commercio e turismo, vertenze boom a Padova tra stipendi e straordinari non pagati

Conflittualità sul lavoro, oltre ottomila casi in un anno alla Cgil. Un terzo di chi ricorre al sindacato è straniero

Elvira Scigliano
2 minuti di lettura

Sempre più vertenze aperte dai lavoratori attraverso i sindacati

 

Ore di straordinario non pagate, inquadramenti scorretti, pagamenti in nero e mensilità avanzate. Il mondo delle vertenze sindacali affronta ogni giorno una giungla di irregolarità che, quantitativamente, è tornata ai numeri pre Covid.

Dopo il blocco dei licenziamenti, dopo Naspi e cassa integrazione, ma anche dopo la presa di coscienza del lavoratore dell’importanza dei diritti (durato un battito di ciglia), il mondo padovano del lavoro è tornato ai blocchi di partenza del capitalismo “spinto”.

E due settori – nella selva del lavoro – sono quelli dove si annida più facilmente l’illegalità: quello di commercio, turismo e servizi che occupa un terzo del totale delle vertenze (seguite dalla Filcams) e la metalmeccanica, che invece ne occupa il 20,71% (se ne occupa la Fiom). A seguire un 10% per l’industria (chimica, plastica e occhialeria) e meno del 10% per l’edilizia, la logistica e il lavoro interinale. Ad aprire una vertenza sono soprattutto i maschi (63,63%), nel complesso soprattutto lavoratori a tempo indeterminato (86,65%) e full time, ma non passa inosservato anche il numero di lavoratori stranieri (1.519, quasi il 30%) che si rivolge al sindacato.

L’ufficio della Cgil l’anno scorso ha infatti aperto 5.587 vertenze e procedure di dimissioni, a cui bisogna aggiungerne altre 2.477 dell’ufficio vertenze interno alla Filcams. Delle pratiche di via Longhin la voce grossa è rappresentata dal recupero crediti, di questi la stragrande maggioranza sono mancati pagamenti: mensilità o ore di straordinario. Ma all’interno della grande statistica del sindacato ci sono anche moltissime dimissioni, un fenomeno che negli ultimi anni non accenna a diminuire e che è indice di una continua mobilità professionale.

Non sempre però il cambiamento è un ascensore professionale, spesso il lavoratore cambia per piccole condizioni che migliorano, seppur di poco, la qualità della vita. «È il caso, ad esempio, delle dipendenti di un’impresa di pulizia che si avvicinano di più a casa – spiega Teodor Amarandei, dell’ufficio vertenze Cgil – O che possono contare su una programmazione di più ore concentrate, invece che frammenti di ora distribuiti nella giornata o nella settimana, anche senza guadagnare di più».

Inoltre ci sono le finte partita Iva: «Quando si tratta di un dipendente a tutti gli effetti – continua Amarandei – camuffato dietro una falsa partita Iva perché il datore di lavoro possa contare su sgravi».

Infine dallo studio emerge un ultimo aspetto, che dove c’è una rappresentanza sindacale all’interno dell’azienda, è difficile che si arrivi alla vertenza, perché la situazione viene risolta prima. Ugualmente tra i lavoratori iscritti al sindacato le vertenze sono molto meno perché non ci si ritrova in contesti lavorativi poco chiari.

L’esposizione del credito è molto varia, ma una mensilità non pagata è sempre un campanello di allarme da non trascurare: «Ho visto lavoratori che si sono rivolti a noi dopo che non venivano pagati da un anno – riferisce Amarandei – Ma più frequentemente arrivano dopo qualche mensilità non retribuita o se sono a credito di varie ore di straordinario, dunque tra 600 e 1.500 euro».

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