Stop a moschea e tempio induista: «All’Arcella solo attività culturali»
Una legge regionale complica la realizzazione di luoghi di culto. Il Comune di Padova incontra le comunità
Luca Preziusi
L’assessora Benciolini in visita alla moschea di via Ippodromo
Quella di via Donizetti a Padova non sarà una moschea e quello di via Vecellio non sarà un tempio induista. Entrambe saranno semplici sedi di associazioni di promozione culturale, gestiti da islamici del Bangladesh e indiani, a meno che le due comunità non decidano di percorrere il tortuoso iter della richiesta di variante urbanistica, che oltre ad essere oneroso dovrebbe passare per il consiglio comunale.
Le regole
A porre il veto alle due nuove sedi di preghiera all’Arcella è la legge regionale anti-moschee del 2016, che regola la realizzazione di nuovi luoghi di culto. Martedì 23 maggio l’assessore all’edilizia privata Antonio Bressa lo ha spiegato in un incontro con i rappresentanti dell’associazione bengalese “Ittihad aps”, che ha acquistato l’ex officina di via Donizetti 7, a San Carlo, con l’obiettivo di realizzare una piccola moschea.
Il piano ha scatenato la reazione di parte dei residenti, ma anche una polemica politica, lanciata da Fratelli d’Italia e proseguita da Luigi Tarzia, consigliere comunale della lista Giordani: «Nulla contro le moschee, ma forse all’Arcella iniziano a diventare un po’ troppe» ha detto, riferendosi alla presenza di quella in via Jacopo da Montagnana.
«I luoghi di culto non vanno ostacolati», ha risposto l’assessora Francesca Benciolini. «Questa giunta ha sempre dato spazio, com’è giusto che sia, alle religioni presenti in una grande città multietnica».
Non si può fare
Bressa però martedì ha spiegato come l’ex officina non possa diventare una vera e propria moschea: «Insieme all’assessore all’urbanistica Ragona abbiamo chiarito loro quali sono le regole nella nostra Regione per le attività religiose», racconta Bressa. «Questa attività, finché si traduce in promozione sociale, attraverso un’associazione che organizza eventi culturali, doposcuola per i ragazzi e qualsiasi manifestazione, quindi senza un carico urbanistico sul quartiere, non ha bisogno del via libera del consiglio comunale. Mentre, se decidessero di realizzare un luogo di culto, con momenti di preghiera formalizzati e celebrazioni legate alla dottrina islamica, entriamo in un altro campo per cui si richiede una variante urbanistica e un iter molto più complesso».
Questo prevede la legge regionale, che sette anni fa fece molto discutere. Da molti fu considerata anticostituzionale, tanto da essere rivista più volte, fino alla cancellazione di alcuni punti come il vincolo obbligatorio che imponeva l’uso della lingua italiana per le attività e l’inserimento della possibilità per i Comuni di indire un referendum per richiedere alla cittadinanza il parere sulla possibilità di costruire nuovi centri di culto sul territorio. La legge non ne vieta la costruzione, ma obbliga ad avere spazi regolamentati per ospitare un adeguato numero di persone più volte al giorno ed eventuali parcheggi, proprio come avviene per le chiese.
Cosa succede
Quindi sia in via Donizetti che in via Vecellio si potrà certamente pregare ma non potranno esserci celebrazioni di massa e con un calendario fisso. Cosa che invece avviene, per esempio, al centro islamico di via Ippodromo, gestito dalla comunità marocchina, dove proprio l’assessora Benciolini un mese fa è stata per festeggiare l’interruzione del digiuno a fine Ramadan.
Un luogo di culto nato prima dell’approvazione della legge regionale, sfuggito quindi al diktat leghista della regolamentazione.
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