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Caporalato ad Albignasego, sfruttati 28 braccianti. Chiesti 10 anni per Walter Tresoldi

Ecco tutte le richieste del pm Roberti, per un totale di 25 anni totali di pena per sei persone. I reati dal 2011 al 2017

carlo bellotto
2 minuti di lettura
L’azienda di Albignasego di Walter Tresoldi 

Caporalato nel lavoro sui campi, il pubblico ministero Benedetto Roberti ha chiesto 10 anni di pena e 30 mila euro di multa per l’imprenditore Walter Tresoldi, 54 anni, titolare dell’omonima ditta individuale ad Albignasego in via Mameli. Chiesti 3 anni e 4 mesi per la moglie romena Fanica Horogea, 53 anni, come il marito residente ad Abano (difensori i legali Giuseppe Pavan e Gianluca Spolverato). La donna risulta responsabile del capannone dove si lavano e si confezionano gli ortaggi, sempre ad Albignasego in via Maroncelli. E ancora: 5 anni e 6 mesi per l’arruolatore bengalese Karim Robiul Mintu, 47 anni (avvocato Silvia Giuriato); assoluzione per il ragioniere-commercialista Renato Ruzzon, 67 anni, e anche per la figlia Tania Ruzzon, 37, con studio a Tribano (avvocato il professor Alberto Berardi); 2 anni al marocchino Tarik Rabichi, 43 anni di Ponso (avvocato Pavan); 3 anni al connazionale e compaesano Hamid El Kamili, 51 (avvocato Andrea Formenton); 2 anni a Taoufik Bougattaya, 44 anni, con residenza nel Bresciano (avvocato Roberta Cerchiaro). In tutto 25 anni e 10 mesi.

L’udienza è stata rinviata al 10 luglio alle 9. Per anni l’azienda avrebbe fatto lavorare nei campi – a coltivare cipolle, rape e topinambur – braccianti stranieri sottopagati, maltrattati, privi di contributi previdenziali, umiliati e percossi, costretti a vivere ammassati.

Diversi i reati contestati: intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento del lavoro contestati alla coppia Tresoldi-Hodorogea e al reclutatore Mintu. Tresoldi e Mintu devono rispondere di favoreggiamento dell’immigrazione e della permanenza di clandestini da destinare allo sfruttamento e del reato di aver tratto ingiusto profitto avendo fornito alloggi a pagamento a lavoratori senza il permesso di soggiorno.

L’avvocato Pavan ha specificato come, da quanto emerso in aula, i lavoratori guadagnavano tra 1.100 e 1.200 euro netti, mentre chi guidava il camion arrivava a 1.700.

Emerso in aula anche come la normativa sul caporalato sia cambiata durante il periodo di contestazione dei reati, che va dal 2011 al 2017, e quindi ci sono due metri di misurazione dei reati diversi. C’erano dei trattamenti diversi a seconda delle etnie.

Chi se la passava peggio erano i bengalesi, un po’ meglio i romeni e i marocchini. I primi lavoratori sarebbero sbarcati all’aeroporto di Venezia: da qui la richiesta, poi rigettata, di trasferire nel tribunale lagunare il procedimento. Tresoldi e la moglie con Mintu, come detto, sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di decine e decine di lavoratori di cui 28 identificati; i due sono accusati di aver favorito l’immigrazione e la permanenza di clandestini da destinare allo sfruttamento, mettendo loro a disposizione alloggi insalubri. Tresoldi, da solo, è imputato di omesso versamento all’Inps dei contributi per circa 789 mila euro, di aver installato telecamere nel capannone dell’azienda senza autorizzazione, di lesioni colpose per non aver provveduto a garantire sistemi di protezione agli operai, infine di aver sfruttato lavoratori in “nero” anche irregolari.

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